NC 012 — Olio-non-olio — 1996
Nuovo Consumo, 6, (53), marzo 1996
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
Nelle scorse settimane è circolata la notizia che una compagnia americana lancerà sul mercato un “olio” da friggere che non “fa ingrassare” perché non è “bruciato” nell’organismo umano. Di che cosa si tratta ?
Gli oli e i grassi alimentari, ricavati dai vegetali e dagli animali, sono i prodotti di reazione degli acidi grassi (molecole costituite da una catena di 10-20 atomi di carbonio uniti fra loro) con la glicerina. La glicerina è un alcole trivalente: immaginate che abbia tre “braccia” o “ganci” (tre gruppi alcolici) a ciascuno dei quali si “attacca” un acido grasso. I prodotti di reazione di un acido con un gruppo alcolico si chiamano “esteri” e sono molecole chimicamente neutre. Gli oli e grassi alimentari sono esteri degli acidi grassi con la glicerina e si chiamano anche trigliceridi.
Milioni di anni fa la natura “ha deciso” che i trigliceridi si prestano bene a “immagazzinare” energia biologica nei semi, nei frutti, nel corpo degli animali; da tali depositi la pianta o l’animale traggono energia per i loro processi vitali.
Qualche nostro antico predecessore, decine di migliaia di anni fa, ha scoperto che questi grassi sono “buoni” come fonti di energia anche per noi umani; lentamente si è imparato a estrarre gli oli dai semi o dai frutti o il grasso dal corpo degli animali e oggi gli oli e i grassi sono fra le più diffuse merci alimentari: se ne producono, nel mondo, 80 milioni di tonnellate all’anno.
Il nuovo alimento che “non farebbe ingrassare” è costituito da un estere degli acidi grassi con un alcole diverso dalla glicerina, anzi con una molecola che di gruppi alcolici, anziché tre come la glicerina, ne ha otto: si tratta del saccarosio, il comune zucchero del commercio.
Lo zucchero può perciò legare a se da uno a otto molecole di acidi grassi: si formano così numerose differenti sostanze che fanno parte della “chimica dello zucchero”, o “sucrochimica” dal nome inglese del saccarosio.
Il nuovo condimento è costituito da molecole di saccarosio esterificate con sei, sette o otto molecole di acidi grassi: i prodotti risultanti sono liquidi, si comportano come gli oli, permettono di friggere gli alimenti e non sono “bruciati” nell’organismo umano; le lipasi, gli enzimi che scompongono gli oli e i grassi e ne consentono l’uso come fonti di energia biologica, ignorano questi derivati del saccarosio che engono eliminati con gli escrementi, più o meno immodificati.
Non so che fine farà l’impresa, ma è certo che siamo di fronte all’inizio di una nuova chimica in cui si scontrano, come sempre, interessi economici. I produttori mondiali di zucchero hanno eccedenze di produzione e un consumo mondiale quasi stazionario di circa 120 milioni di tonnellate all’anno: perché non usare lo zucchero come materia prima, oggi per surrogati degli oli, domani per tensioattivi, e poi ancora, chi sa, per materie plastiche o fibre tessili ? I produttori di oli e grassi, da parte loro, temono la concorrenza del nuovo alimento che si presenta così attraente per chi mangia troppo.
Va infine notato che gli oli e i grassi, quando sono buttati via, vengono difficilmente degradati nelle acque e nei depuratori e quindi sono fonti di inquinamento. Questi derivati dello zucchero potrebbero essere più biodegradabili e meno inquinanti. Vedremo.