[Nota: Questa ricerca è nata durante un Laboratorio che ho
frequentato al secondo anno della Laurea Magistrale in Scienze Storiche
dell'Università di Bologna. In tale Laboratorio abbiamo potuto
effettuare un interessante confronto tra gli archivi di due importanti
sindacati, la CGIL e la CISL, dal quale è emerso il diverso
atteggiamento delle due organizzazioni nei confronti del proprio
archivio. La CGIL ha infatti intrapreso quasi da subito la scelta di
una conservazione che seguisse un metodo al di là dei cambi di
dirigenza; ha scelto quindi che fossero fissati dei criteri e questo
sicuramente ha prodotto un certo tipo di archivio. Molto diverso quello
CISL, in cui i criteri di conservazione sono dipesi molto dalle
personalità dirigenti, e questo ha portato alla formazione di un
archivio molto più scarno e discontinuo di quello della CGIL. Le
diverse decisioni prese sull'organizzazione del loro materiale ci
dicono molto, credo, anche sulle scelte politiche e sulle
caratteristiche della loro organizzazione locale e regionale. Decisi
quindi di intraprendere una ricerca nell'Archivio Storico della CdL di
Bologna e della CGIL Regionale E-R, che presenta una notevole mole di
materiale e di tematiche che possono essere analizzate e messe in
relazione da molteplici angolazioni. Scelsi di focalizzare la mia
attenzione sul subfondo del Centro di Documentazione Ambientale,
contenente la documentazione prodotta o raccolta dall'Associazione Gaia
e concernente tematiche relative alla salvaguardia ambientale.]
1. Lavoro o ambiente?
La Rivoluzione Industriale modificò profondamente non solo i rapporti
di lavoro ma anche i rapporti tra lavoro e ambiente, uomo e natura. Le
condizioni di lavoro nelle fabbriche diedero una spinta all'attività e
alla protesta sindacale, che fin dalla fine dell'Ottocento si mobilitò
sulla questione della tutela della salute e per migliorare le condizioni
dell'ambiente di lavoro. Quasi da subito la dannosità dei processi
produttivi e delle sostanze utilizzate fu evidente, ma le proteste e i
discorsi restarono legati all'ambito igienico e medico: da tutelare era la
salute del lavoratore e non l'ecosistema (se non in funzione della vita del
lavoratore e delle lavoratrici, come ad esempio la qualità dell'aria) [1]. Con il boom economico la
situazione non migliorò: le risorse ambientali erano percepite ancor
di più degli anni precedenti come risorse da sfruttare in maniera
illimitata, e per i sindacati la priorità restò per molto tempo
quella dell'assicurare il posto di lavoro a più persone possibili, e i
diritti che venivano rivendicati erano legati al piano politico e sociale
in senso stretto. Non che l'attenzione alla salute dei lavoratori fosse
secondaria (nella prima fase del boom le condizioni di salute
peggiorarono), ma ci si rese conto molto in ritardo dei danni catastrofici
riversati sull'ambiente attraverso ad esempio la creazione dei poli
industriali[2]. Tra la fine
degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta, la contrattazione
sindacale si decentralizzò, si sviluppò la pratica della
monetizzazione del rischio e vennero creati concetti come ambiente di
lavoro. La pratica della monetizzazione fu presto però abbandonata in
seguito alla scelta del preferire la prevenzione al risarcimento [3]. Gli anni Settanta
segnarono un riposizionamento difensivo dell'azione sindacale, determinato
da vari fattori tra cui la crisi economica, la ristrutturazione messa in
atto dal sistema imprenditoriale (che ebbe come maggiori conseguenze la
tecnologizzazione e la riterritorializzazione dei processi produttivi) e un
ritorno alla contrattazione centralizzata. Questo portò ad un
arretramento sul tema del rischio ambientale: il sindacato restò
bloccato dal ricatto "o l'ambiente o il lavoro" aumentando così lo
scollamento (problematica riscontrabile anche per i partiti di sinistra,
non solo per la CGIL) con i nascenti movimenti ecologisti: all'orizzonte
politico sindacale sfuggirono le problematiche legate all'ambiente esterno [4]. I movimenti ecologisti
nacquero e maturarono con tempistiche molto diverse intorno al globo. Ci
furono però alcuni momenti chiave se non altro per quel che concerne
la base ideale: nel 1968 il Club di Roma, di stampo internazionale, si pose
l'obiettivo di ipotizzare sistemi di sviluppo diversi da quelli dominanti,
e nel 1972 vennero pubblicati Il cerchio da chiudere di Barry
Commoner e I limiti dello sviluppo curato dall'MIT e testo simbolo
dell'ambientalismo degli anni Settanta. In Italia associazioni
ambientaliste nacquero già tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio
dei Sessanta (associazioni che per molto tempo restarono comunque
concentrate solo sulla mera conservazione del territorio), ma solo negli
anni Settanta prese vita un filone ambientalista nel PCI. Il boom di
associazionismo di stampo ambientalista si affermò comunque negli anni
Ottanta (anche perché la seconda metà degli anni Settanta fu
pervasa da incidenti di notevole portata come l'esplosione del reattore
della fabbrica chimica di Meda o la nube tossica di Seveso) [5].
Il 1986, secondo Falasca, è un altro anno chiave poiché i
contratti collettivi di quel periodo furono i primi a porre sul tavolo la
questione del rischio ambientale e del bisogno di norme che
regolamentarizzassero il rapporto fabbrica-territorio, l'uso delle risorse,
ecc... Quello stesso anno, dopo tanti e incerti tentativi, venne istituito
il Ministero dell'Ambiente e avvenne anche la tragedia di Chernobyl.
Legambiente, una delle entità grazie alla quale in Italia si fece in
parte luce sulla nube radioattiva di Chernobyl [6], spinse insieme ad altre
associazioni e movimenti per una mobilitazione antinucleare. La risposta fu
importante, migliaia di giovani si presentarono davanti ai cancelli delle
grandi centrali (Latina, Brasimone, Montalto di Castro). Su tale questione
sia il congresso del PCI che della CGIL si spaccarono a metà [7], arrivando però poi
ad un avvicinamento nella lotta antinucleare [8]. Nell'ottobre del 1986
nacque anche, all'interno della CGIL di Bologna, il gruppo di lavoro
Ambiente e Salute, che individuò tra i suoi compiti quello di
armonizzare il lavoro del dipartimento sicurezza sociale e del dipartimento
ambiente[9]. L'avvicinamento
ai temi ambientali da parte dei partiti e movimenti di sinistra durante gli
anni Ottanta è un fenomeno che può essere inserito in un contesto
più ampio di quello italiano.
2. Comunismo e ambientalismo
Diversi studiosi, nell'indagare il rapporto tra paesi comunisti e questione
ambientale, si sono domandati se il livello di sensibilità di questi
fosse diverso da quello dei paesi capitalisti. Questa domanda ha però
aperto un problema fondamentale per chi studia storia ambientale, ovvero
che definizione dare al concetto di sensibilità ambientale. Secondo
Douglas Weiner, finché mancheranno la completa conoscenza scientifica
e le capacità tecniche per affrontare la questione ecologica, ci
sarà sempre un gap tra le preoccupazioni, gli ideali e i risultati;
conseguentemente ciò rende molto difficile assegnare un grado di
ambientalismo ai diversi regimi politici [10].
Se si guarda all'Unione Sovietica, nella cui storia si sono susseguiti
diversi modi di gestire il territorio e le risorse naturali, il 1986 fu un
anno altrettanto chiave: l'incidente di Chernobyl non ebbe come conseguenza
solo problemi economici e medici, ma aveva indebolito l'immagine dello
Stato Sovietico. Non solo all'interno della comunità scientifica
furono poste domande per una maggiore trasparenza, ma anche il pubblico si
mobilitò su questioni come quella del Sibaral Canal. L'opposizione
pubblica a tale opera cominciò negli anni Settanta e coinvolse sempre
più frammenti della popolazione fino quando il 20 agosto del 1986, in
conseguenza anche del recente incidente di Chernobyl, Gorbachev decise di
cancellare il progetto. Secondo Weiner questa fu la prima ritirata politica
del regime causata da resistenza popolare, un'opposizione pubblica
costituita dall'intellighenzia liberale, dagli studenti, da nazionalisti
russi e dal pubblico in generale [11]. Gorbachev fu anche il
promotore, in quegli stessi anni, del Goskompriroda, il nuovo Comitato di
Stato per la Protezione Ambientale, una importante novità per il mondo
sovietico[12]. Allo stesso
tempo, la domanda per una maggior trasparenza e accesso alle informazioni
legata alle questioni ecologiche andò a inserirsi nella generale
richiesta di riforme e un rafforzamento dei discorsi e dei movimenti per i
diritti umani, i quali inspirarono la Glasnost di Gorbachev [13].
Anche in Italia emerse un legame tra questione democratica e politiche
ambientali: sia dai documenti di Legambiente che della CGIL il tema del
rapporto tra struttura e contenuto emerge con molta frequenza. Come vedremo
anche nel corso dell'articolo, la riorganizzazione strutturale della CGIL e
la sua apertura verso l'esterno furono anch'essi temi centrali di quel
periodo, e si legarono più volte alle questioni ambientali. Nella
relazione[14] di Duccio
Campagnoli sul XII congresso della CGIL, tenuta al seminario del CD della
CdLT di Bologna, egli affermò che
Occorre quindi rispondere alla, e misurarsi con, la crisi e la messa in
discussione dei fondamenti e delle forme di un sindacato generale,
confederale, soggetto sociale unitario di rappresentanza del lavoro e di
trasformazione. Per questo, nel programma fondamentale, e al centro del
nostro congresso, c'è la discussione innanzitutto di un progetto di
nuova identità, di nuove regole di organizzazione e di rappresentanza,
di una nuova cultura e di nuova strategia, che la CGIL vuole definire,
portando a compimento la ricerca di questi anni [15].
Durante un seminario di formazione ambientale per quadri tenutosi nel 1990
(e che verrà approfondito successivamente), una serie di interventi
intitolati Cultura e politica per l'ambiente: il ruolo del sindacato posero
come fondamentale il legame tra democrazia e questione ambientale. Nel suo
intervento, Anna Carli si interroga sul rapporto tra scienza e politica
nell'epoca della democrazia di massa, e quindi della necessaria convivenza
di quest'ultima con la democrazia degli esperti; le connessioni tra una
politica attiva per l'ambiente e l'evoluzione dei rapporti democratici
erano dunque sentiti come rilevanti tanto fuori quanto dentro la CGIL [16].
Il 1986 segnò quindi grandi novità per la sinistra. Non solo
negli importanti appuntamenti CGIL susseguitisi nel dopo Chernobyl (la
Conferenza programmatica a Chianciano nel 1989 e il XII Congresso
confederale del 1991), emerse dai discorsi l'idea che, nonostante alcune
resistenze, l'ambiente potesse essere riconsiderato in veste di una
strategia per la sostenibilità e vissuto come un'opportunità,
più che come un vincolo [17]; ma a detta di Della
Porta e Diani, l'ingresso in scena di questa nuova classe politica
ambientalista (che affondava le sue radici nei movimenti radicali degli
anni Settanta ma era al contempo legata al mondo della sinistra storica),
rese possibile un'alleanza fra diverse forme di rappresentanza politica,
come quella che vide la convergenza di partiti di sinistra e sindacati nel
fronte antinucleare[18].
Nel novembre 1986, in un documento del Dipartimento Territorio-Regioni
indirizzato alle segreterie regionali CGIL e alle CdLT, veniva fatto il
punto sulla lotta unitaria in ambito ambientale e il rapporto con le
organizzazioni ambientaliste. Pur ammettendo di partire da approcci
diversi, si riconosceva la necessità di superare l'apparente
inconciliabilità di lotta ambientale e occupazionale e venivano
delineati diversi temi (tra i quali il rapporto tra ambiente e pubblici
poteri) che le organizzazioni sindacali e ambientaliste avrebbero potuto,
sempre come soggetti autonomi, affrontare insieme. Successivamente, nel
documento, è evidenziata l'importanza di affrontare la questione della
discriminante democratica, ovvero che tipo di forme di lotta avrebbero
dovuto caratterizzare le organizzazioni e i soggetti impegnati nella
battaglia per l'ambiente. Vengono suggerite, dunque, le realtà con cui
sviluppare tale percorso: "le organizzazioni ambientaliste con le quali si
ritiene opportuno costruire un sistema di relazioni sono la Lega Ambiente,
Italia nostra, il WWF e Amici della Terra che hanno solide caratteristiche
nazionali. Riteniamo che un analogo lavoro vada avviato a livello regionale
e territoriale per costruire relazioni non solo con le organizzazioni
ambientaliste prima indicate, ma anche con strutture, organizzazioni,
riviste, ecc., il cui ambito di intervento è a livello regionale o
territoriale"[19].
Fu in questo contesto che nacque il Centro di documentazione sui problemi
ambientali e Associazione Gaia.
3. Il "Centro di documentazione sui problemi ambientali" e la "meno
burocratica" Associazione Gaia
Il Centro di documentazione e Associazione Gaia venne fondato sotto forma
di associazione privata il 20 ottobre 1989 (ma esso raccolse materiale
risalente anche al 1979). Esso nacque da una proposta della Camera del
Lavoro di Bologna (parallelamente all'approvazione della piattaforma
sull'ambiente), che aveva interesse nel creare un ente che avesse come
obiettivo la riflessione e discussione delle tematiche ambientali e che
potesse coordinare le piattaforme contrattuali a tema ambientale, anche per
fornire supporto nell'affrontare le diverse questioni concernenti tale
ambito. Esso doveva costituire un punto di riferimento
formativo-informativo e tecnico-scientifico utile alle iniziative della
piattaforma sull'ambiente. La scelta del nome e della forma di questa
Associazione derivavano dal volerla far apparire meno "burocratica", per
cercare di coinvolgere soggetti esterni all'organizzazione sindacale (enti,
associazioni, organizzazioni e singoli cittadini), anche perché, come
scritto sopra, alcune parti della società erano già da tempo in
fermento sulle tematiche ambientali. Come raccontano Franco Di Giangirolamo
e Paolo Nerozzi, si decise per
un'associazione, e non un "tradizionale" proliferare di apparati e uffici,
perché all'esigenza di potenziare le nostre strutture in funzione
della continua crescita della complessità dei temi ambientali, e al
loro attraversare trasversalmente tutti i nodi dell'agire
politico-sindacale, abbiamo associato la convinzione che per ben
attrezzarci rispetto ai problemi in campo dovevamo anche incentivare i
rapporti con l'esterno: associazioni ambientaliste, referenti
tecnico-scientifici, enti e istituti…
La contaminazione delle culture e delle esperienze e il confronto dei
diversi punti di vista è senz'altro un mezzo efficace per aumentare la
capacità di risposta complessiva dei soggetti sociali presenti su un
territorio, arricchire la nostra capacità politica e la pratica
rivendicativa. Abbiamo voluto che Gaia avviasse la sua attività con un
impegno rilevante, seppure non esclusivo, sul terreno della formazione
sindacale[20].
Bisognava cercare di entrare in un settore dove la presenza del sindacato
non era scontata[21] .
Erano soci di diritto i membri del direttivo della CdL e i membri della
segreteria della CGIL Regionale. L'associazione venne accorpata, nel 1995,
al Centro Innovazione e Formazione [22]. In una
lettera scritta nel 1994 alla Segreteria della CdL, all'INCA, al Centro di
Innovazione e Formazione e alle Zone e Categorie, Giorgio Dal Fiume
(presidente dell'Associazione Gaia), in vista dell'imminente accorpamento,
descrisse la composizione del Centro, completamente rinnovato, diviso in
archivio, biblioteca-emeroteca, sottolineando la possibilità di
collegamenti con banche dati a tema ambientale tossicologico. Il suo
intento era quello di facilitare la consultazione e l'utilizzo del
materiale, e allegata alla lettera vi è infatti una meticolosa
descrizione dell'organizzazione dei documenti. Essi sono suddivisi per Area
(dalla A alla H), Tema (indicato con un numero da 1 a 9) e Provenienza
(numeri da 1 a 11). Come Dal Fiume spiegò nella lettera
La registrazione/identificazione dei documenti avviene tramite un codice
alfanumerico composto da tre cifre, che indicano in ordine: area, tema,
provenienza. Per area s'intende una prima suddivisione dell'argomento
ambiente in grossi capitoli generali [...] Per tema - sottoclasse dell'area
- s'intende l'oggetto specifico che tratta il documento. Per provenienza
s'intende il luogo/ambito di produzione del documento [23].
Figura 2. Particolare bozza documento Lettera e relazione del 23/03/1994 di
Giorgio Dal Fiume.
Le Aree variano da Inquinamento industriale, adAgricoltura/Alimentazione, Rifiuti, Territorio, acque e controlli ambientali, Energia, ecc...
Le provenienze mostrano la grande varietà di materiale presente, che
deriva in molti casi da ambienti "altri" rispetto al sindacato:
Figura 3. Particolare Lettera e relazione del 23/03/1994 di Giorgio Dal
Fiume.
La biblioteca-emeroteca contiene libri e riviste, suddivise nelle medesime
aree dell'archivio, tra cui La nuova ecologia,Energia e innovazione, Capitalismo, natura e socialismo,Dossier ambiente, Lavoro e salute eMedicina Democratica [24]. Il materiale raccolto
è costituito (per lo più in copia) da: dispense, dossier, tesi di
laurea, piani territoriali (con documentazione grafica), monografie,
periodici, estratti di pubblicazioni e letteratura grigia in generale [25].
Il documento fondativo del Centro mostra sia le caratteristiche
organizzative che quelle ideali:
Art. 3. L'associazione si propone di: approfondire i problemi riguardanti
il rapporto sviluppo/ambiente ed ambiente/lavoro nei suoi vari aspetti;
favorire la crescita delle conoscenze tecnico-culturali della struttura
sindacale, necessarie a tutelare i lavoratori e i cittadini dalle
contraddizioni innescate dalla "questione ambientale", ed in particolare da
quelle inerenti le attività produttive; stimolare metodi di conoscenza
- divulgazione dei problemi ambientali [26]
L'articolo 4 dello statuto, che definisce i compiti dell'associazione,
recita inoltre così:
L'associazione ha i seguenti compiti:
Promuovere iniziative di studio e di ricerca all'interno dei programmi di
lavoro definiti dagli organi statutari e costruire rapporti di
collaborazione con gli Enti di Ricerca e l'Università per favorire
l'apertura di progetti ed obiettivi di ricerca e per valorizzare il ruolo
del mondo del lavoro nell'affrontare le tematiche ambientali;
Raccogliere e socializzare i dati che si riferiscono ai rischi ambientali
esistenti sul territorio, alle normative di legge, alle tecnologie
"pulite", all'assetto istituzionale e ai relativi poteri e competenze;
Favorire la diffusione delle conoscenze e la socializzazione delle
esperienze di controllo sulle condizioni ambientali, con particolare
attenzione alla qualificazione dell'iniziativa politica sindacale della
CGIL.
Programmare e realizzare, a tutti i livelli, iniziative formative rivolte
ai lavoratori, ai dirigenti sindacali e all'esterno, per favorire la
crescita della coscienza e della conoscenza della problematica ambientale e
la attiva partecipazione nella difesa della salute e nella promozione di
una nuova qualità dell'ambiente;
Operare in direzione: della modificazione dei consumi e degli stili di vita
incompatibili con le esigenze ambientali; della tutela dei consumatori, in
particolare per ciò che concerne la qualità e la certificazione
dei prodotti alimentari[27]
.
Obiettivi che denotano quindi uno sguardo sensibile alle tematiche
ambientali (compreso il complesso tema dei consumi e stili di vita, ancora
oggi molto attuale) e dai quali è anche possibile riconoscere un
tentativo di coinvolgimento di esterni alle attività sindacali. La
forma stessa del Centro fu pensata per coinvolgere interessi e conoscenze
esterne al movimento sindacale, forse per colmare quello scollamento tra
organizzazione dei lavoratori e movimenti ecologisti (molta attenzione
venne data alle attività di Legambiente) accennata nel paragrafo
precedente. Un documento che in questo senso cercava una soluzione al
problema è
Assetto delle competenze, informazione e partecipazione dei cittadini
nella legislazione ambientale
, testo prodotto dall'Associazione Gaia per un seminario sulla predizione
dei guasti negli impianti e sistemi complessi (a cura di M. Pascariello e
F. Testi), attraverso cui vennero proposte ad esempio modifiche sul
referendum d'iniziativa popolare, per renderlo più facilmente
effettuabile da parte dei cittadini e per non farlo scadere in strumento
plebiscitario[28], in modo
tale che esso si realizzi come strumento di concreta e utile iniziativa
popolare. E se si va più nello specifico a leggere nei vari capitoli
del documento ciò che emerge sono una serie di strategie per rendere
più accessibili le informazioni ai cittadini, e come tale accesso e la
co-gestione degli interessi ambientali siano in sé dei diritti degli
stessi (
L'informazione ambientale e il diritto di accesso ai documenti
amministrativi
,
Il diritto di partecipazione alla gestione degli interessi ambientali
, per citarne un paio)[29].
I tragici incidenti di Seveso, Chernobyl, Massa portarono alla luce
l'esigenza di coniugare il bisogno di produrre con quella di tutelare
l'ambiente, facendo quindi emergere una forte domanda di conoscenza [30]. Vi era l'idea che la
sicurezza nascesse dalla conoscenza, e questo doveva valere sia per la
personale formazione dei cittadini che per la costruzione della
contrattazione sindacale in tema di sicurezza e salute (sia umana che
ambientale) sui luoghi di lavoro [31]. Principale compito
del Centro Studi e Associazione Gaia divenne dunque quello di organizzare
la formazione e raccogliere materiale.
Nei cinque anni di vita del Centro e Associazione venne raccolto materiale
vario, oggi contenuto nelle 19 buste che compongono il fondo (55 fascicoli
in tutto, con la presenza anche di verbali, lettere, atti di convegni,
appunti scritti a mano o a macchina, interventi, documenti seminariali,
articoli di giornale, fascicoli, manifesti e volantini), e che indicano un
importante tentativo di formazione interna, atta a favorire un'azione
più incisiva del sindacato sui temi ambientali. Tale approccio ebbe
sia limiti che aspetti innovativi. Infatti non si possono ignorare
interventi e documenti fuori anche dagli schemi più classici in cui
fino ad allora si era mosso il sindacato per quanto riguardava le tematiche
ambientali (poiché esulavano in un certo senso dai programmi minimi
dell'azione sindacale sui temi ambientali, cercando anche di dare risposte
molto ambiziose), come il progetto Università Popolare, il
documento Il diritto al tempo libero (all'ozio), una lettera del
giugno 1993 sugli RSU (Rifiuti Solidi Urbani) che esprimeva una nuova
sensibilità verso "l'inutile" [32].
Il testo sul progetto di Università Popolare va anch'esso nell'ottica
dell'apertura e coinvolgimento trasversale di vari soggetti su diverse
tematiche:
È questa un'iniziativa particolare, nuova, non ancora formalizzata ma
più volte discussa con D. Campagnoli, F. Di Giangirolamo, P. Mosconi,
che si pone un obiettivo ambizioso: che la CdL di Bologna si faccia
promotrice di una serie di incontri pubblici su temi diversi ma fra loro
fortemente correlati, rivolti a studenti, lavoratori, sindacalisti, aventi
l'obiettivo di analizzare alcuni aspetti caratterizzanti l'attuale fase di
transizione e crisi politica, economia e sociale, e le
dinamiche-prospettive in atto. E non in modo neutro, ma proponendo criteri
di lettura orientati "a sinistra" e utili ad un "sindacato dei diritti e
delle solidarietà".
L'origine della proposta è nelle riflessioni teoriche connesse al
rapporto Ambiente/Sviluppo, alle cause dell'attuale disoccupazione ed alle
possibili soluzioni, o al tema Democrazia/Partecipazione/centralità
del lavoro. Riflessioni che hanno accompagnato la realizzazione di una
serie di iniziative GAIA/CdL: da alcuni aspetti della ricerca "Ciba Geigy"
ad altri della proposta "Azienda Metropolitana Energetico Ambientale"; dai
convegni sullo Sviluppo Sostenibile ai Corsi di Educazione allo Sviluppo,
alla piattaforma socio-sanitaria [33].
Il documento Il disagio e la velocità è una raccolta di
pensieri e riflessioni dei lavoratori del centro Gaia e di Ritorno al
Futuro, i quali miravano a collegare il disagio ambientale con quello
sociale, e che consapevoli della
sfuggevolezza dei temi proposti" avevano l'obiettivo di inserirsi in un
filone recente, "arguto e multidisciplinare […] che ritiene
necessario - ai fini di uno sviluppo socialmente e ambientalmente
sostenibile - mettere in discussione l'attuale modello di sviluppo
occidentale. […] Con l'obiettivo di giungere a un documento più
complesso che ci aiuti a svolgere meglio il nostro lavoro, e a incontrare
altre persone interessate a ragionare su idee innovative di progresso e
qualità sociale, e possibilmente costruire idee-proposte di lavoro [34].
Mettere in discussione l'attuale modello di sviluppo occidentale
significava rivedere radicalmente alcuni dei concetti egemoni di allora,
ovvero:
Il rapporto VELOCITÁ/CONSUMO come parametro dominante; La relazione di
squilibrio tra MEMORIA (negativo) e FUTURO (positivo), fra TRADIZIONE
(negat.)/MODERNITÁ (posit.), fra CONSERVAZIONE (negat.)/PROGRESSO
(posit.) [e quindi fra Lento/Veloce, fra Stabile/Dinamico…]; Il
parallelo rapporto di squilibrio, non integrazione e conflittualità
tra l'INDIVIDUO (la Libertà) e LA COMUNITÁ (il Vincolo).
[…] Tramite questi pensieri ci proponiamo l'intento, noi che
lavoriamo al Centro Ambiente GAIA/CGIL e a Ritorno al Futuro, di stimolare
una riflessione, con l'obiettivo di giungere a un documento più
complesso che ci aiuti a svolgere meglio il nostro lavoro, e a incontrare
altre persone interessate a ragionare su idee innovative di progresso e
qualità sociale, e possibilmente costruire idee-proposte di lavoro [35].
Disagio sociale e ambientale erano visti dunque come connessi tra loro e
furono la base per una discussione che aveva l'ambizione di ampliarsi alla
fisica moderna, la filosofia della complessità e il pensiero
ambientalista, in modo da mettere in discussione paradigmi della
società contemporanea come l'esaltazione della modernità e del
progresso in contrapposizione alla "lentezza", alla memoria o alla
tradizione.
Il documento sul diritto al tempo libero (o meglio all'ozio, come
specificato nel documento stesso) non aveva come focus semplicemente la
questione della riduzione generalizzata dell'orario di lavoro, ma
aggiungeva una componente nuova: a detta degli autori, la riduzione non era
più parte di quel dibattito che negli anni Settanta divise sindacato e
confederazioni. Il punto di partenza era rimasto sì quello di
trasformare in tempo la crescita della produttività del lavoro, ma
il punto innovativo del ragionamento risulta nei valori identificati con la
"prosperità" e che qualificano l'uso del tempo liberato. Sostituendo
al "diritto ai consumi" un "diritto al tempo libero", si sposta
l'attenzione sulla qualità delle relazioni, della vita affettiva, del
sistema sociale; cioè sui beni immateriali collegati assai più
alle scelte politiche che alle forze del mercato […] La posta, anche
politica, di una nostra iniziativa in questa direzione è alta.
C'è infatti una stretta connessione tra un ridisegno degli orari a
livello territoriale e lo sviluppo di modelli di democrazia decentrata,
l'attribuzione di risorse agli enti locali, la valorizzazione di un
localismo né antisolidale né reazionario [36].
Anche qui erano centrali i temi della democrazia e della rappresentanza.
Proprio in quegli anni era in corso una discussione sulla nuova struttura
organizzativa della Camera del Lavoro di Bologna. In una bozza del
documento sul nuovo assetto della CdLT, era rimarcata l'essenzialità
del fatto che le scelte alla base della nuova struttura organizzativa non
restassero semplici soluzioni di adeguamento burocratico, ma che invece
cercassero effettivamente di cambiare il modo di lavorare, il rapporto tra
le strutture e con i lavoratori [37]. Nell'elencare
l'insieme di diritti obiettivo della contrattazione e difesa sindacale, il
diritto al controllo ambientale e alla tutela e sicurezza nei posti di
lavoro è elencato insieme al diritto di lavoro, diritto alla
formazione e di intervento. Vi sono diversi accenni alla tutela ambientale
e all'importanza della sinergia con i compagni del dipartimento sicurezza
sociale e del dipartimento ambiente [38].
Bologna si era già mostrata una città attiva sui temi ambientali
quando, nel 1981, Legambiente e La nuova ecologia promossero
un'assemblea e una mostra per illustrare l'impegno ambientalista,
coinvolgendo più di quaranta associazioni e gruppi di diversa natura,
dando il via all'esperienza di Arcipelago Verde, coordinamento che
durò tre anni[39]. Nel
1988 Legambiente nazionale diffuse la
Carta degli intenti per un coordinamento nazionale ecologia - lavoro
, con la quale la Lega tentava di promuovere un'alleanza tra movimenti
ambientalisti e organizzazioni sindacali, in modo da "sviluppare un
ambientalismo che rapporti il valore della salvaguardia del nostro
ecosistema, compromesso e minacciato, alla solidarietà e alla
giustizia sociale"[40]. Per
evitare che le battaglie ambientaliste si trasformassero in conflitti tra
movimenti e cittadini da un lato e lavoratori dall'altro, Legambiente
sosteneva che andasse costruita una solidarietà avente come base la
convinzione che "la salute (anche all'interno dei posti di lavoro), la
sicurezza dei cittadini e l'integrità dell'ambiente sono gli obiettivi
prioritari di qualsiasi battaglia, rispetto ai quali non può valere
nessuna forma di ricatto, neppure quello occupazionale" [41]. Questo documento pone
l'attenzione sulla questione democratica e sul "chi decide", promuovendo
l'importanza dei referendum d'iniziativa popolare per contrastare le lobby
industriali e i grandi potentati economici. Legambiente riconosceva
sì, soprattutto a seguito dell'esperienza del referendum antinucleare,
una maggiore sensibilità tra i lavoratori, ma la spinta al cambiamento
ancora troppo flebile, soprattutto nel sindacato [42], che necessitava
dunque di "trovare espressione attraverso adeguate forme di partecipazione
e di democrazia"[43].
L'aiuto del sindacato era richiesto soprattutto per raggiungere i luoghi di
lavoro e di contrattazione, con la proposta di utilizzare anche le 150 ore
come strumento di sviluppo e diffusione di una coscienza ecologista [44]. Legambiente a Bologna
non fu esente dal criticare la sinistra ( "In particolare la capacità
di risposta che la sinistra riesce ad articolare è spesso
frammentaria, non si fonda su una reale tradizione di lavoro sui temi
ambientali, è superficiale e si risolve talvolta in una azione
strumentale nei confronti degli ambientalisti che gli capitano a tiro" [45]) e dal rivendicare un
proprio spazio di autonomia, ma sempre ammettendo la disponibilità a
collaborare con tutta la società civile e gli organi intermedi. Il
loro spazio autonomo doveva diventare "un luogo nel quale sia possibile
riflettere sui problemi anziché sulle posizioni. Occorre includere,
non escludere. Dare delle risposte all'emergere di una domanda di
qualità ambientale espressa dalla società civile" [46].
Compito del Centro Gaia fu anche quello di studiare eventuali inchieste
esterne come il progetto Nuove ipotesi sulla gestione dei rifiuti
urbano/industriali tra industria e territorio: gestione del packaging e
coprogettazione. Progetto di ricerca/intervento nel campo emiliano, o di
proporre studi al Centro Innovazione e Formazione (CIF). Lo statuto del CIF
definiva le sue finalità come formative, l'intento era quello di
sviluppare e valorizzare le professionalità e sostenere i processi
innovativi, in collaborazione con i progetti mirati relativi ad ambiente,
donne e handicap e promuovendo un sistema di relazioni per facilitare la
connessione con competenze esterne all'ambito sindacale [47]. Su iniziativa del
Centro Gaia e della FLAI, il CIF diede inizio al primo esperimento di
integrazione in un corso di tematiche ambientali, sia generali che
specifiche di settore (es.: agro-alimentare), utilizzando lo spazio delle
150 ore, prevedendo un'approfondita analisi dei risultati in modo da
produrre un sistema modulare (riproducibile e aggiornabile), in modo da
renderlo estendibile ad altre categorie;
vogliamo comunque ricordare che le sollecitazioni di nostri interventi
sugli aspetti che riguardano la condizione femminile e le tematiche
ambientali, per evitare parcellizzazioni nelle iniziative, devono
pervenirci dal coordinamento e dal centro d'iniziativa delle donne e dal
centro d'iniziativa per l'ambiente. Noi siamo comunque interessati a
seguire le iniziative che queste strutture organizzano, per rendere
più efficace il nostro contributo alle ricerche e poter con conoscenza
di causa contribuire propositativamente, specie per le conoscenze acquisite
attraverso gli osservatori, a tale attività [48].
A giugno dello stesso anno, il Centro Gaia e lo Spi-San Donato
organizzarono due giornate di informazione e discussione intitolate Alimentazione e Salute - Agricoltura ed Ambiente, un'attività
inserita del più ampio progetto di Gaia Per la riconversione ecologica dell'agricoltura. L'obiettivo delle
giornate, che videro la partecipazione di 240 attivisti, era quello di
confrontare questione ambientale e sanitaria con i temi riguardanti la
ristorazione collettiva: "è ovvio ricordare come sui temi
ambiente/salute una diffusa consapevolezza individuale dei problemi e dei
modi per affrontarli costituisca una base importante per le relative
politiche sindacali. Gaia è a disposizione per ciò, e per altri
possibili agganci relativi al progetto allegato, come il contatto con CdF e
Commissioni Mensa per iniziative d'informazione/formazione e per
sperimentare l'utilizzo di prodotti biologici/a lotta integrata nelle mense
interne"[49].
Una conseguenza di questo documento fu la proposta, nel maggio del 1991, di
organizzazione un corso di formazione, da presentare alla Provincia,
sull'utilizzo di prodotti di qualità nelle mense collettive e sul
necessario aggiornamento degli addetti del settore delle loro conoscenze
relative a metodi di cottura e nutrizione [50]. Questa formazione
andava a inserirsi in un progetto più ampio, avente come obiettivo
quello di stimolare, attraverso il consumo organizzato di prodotti di
qualità (da agricoltura biologica e lotta integrata), l'utilizzo di
pratiche agricole ad impatto ambientale basso. La ristorazione collettiva
era vista come il punto di leva migliore per affrontare una serie di
problemi, sì diversi, ma legati tra loro, come l'inquinamento delle
acque, la fertilità dei suoli, il calo di qualificazione del lavoro
nel comparto agricolo e l'alimentazione dannosa per la saluta. Tra gli
obiettivi del progetto figuravano anche: stimolare le istituzioni pubbliche
a predisporre incentivi e fornire assistenza tecnica, favorire la
prevenzione sanitaria e di educazione alimentare, stimolare la
partecipazione nei luoghi di lavoro (anche attraverso il coinvolgimento dei
consigli di fabbrica)[51].
Il lavoro svolto da Gaia nel corso dell'anno si era rivolto principalmente
al costruire rapporti con aziende e i dopolavoro e a costruire iniziative
con associazioni ambientaliste (venne criticata la scarsa risposta degli
Enti Locali):
• Convegno "Alimentazione e Salute" (maggio '90)
• Introduzione (luglio '90) di prodotti biologici alla C.I.M.A. di
Castenaso (350 dipendenti), esperienza positiva che si è confermata ed
allargata nel tempo;
• Contatti coi comuni di S. Giorgio di Piano, Granarolo, Crevalcore;
• il 3 giugno '91 parte la sperimentazione all'O.T.E./F.S. (450
dip.), dopo contatti col DLF, assemblea/dibattito con diversi relatori,
effettuazione del questionario (in corso);
• Contatti con CdF Unipol, Coop, Sip per inizio percorso
sperimentazione;
• Organizzazione, col Comune di Pieve di Cento di un incontro (12
maggio '91) di discussione tra comuni della provincia di Bologna, Usl,
Provincia, Asam, consorzio Produttori Biologici "il salto", Lega per
l'Ambiente e WWF rispetto alla proposta CGIL. Pareri positivi e presa
d'impegni rispetto allo sviluppo della proposta; visita di 250 pensionati
(in accordo con lo SPI Roveri, il 5 e 7 giugno '91) ad un'azienda biologica
della provincia di Bologna, con incontro/dibattito sul tema "Alimentazione
e Salute-Agricoltura e Ambiente", pranzo biologico, visita all'azienda ed
al parco annesso;
• Partecipazione - con altre associazioni ambientaliste, il consorzio
"il Salto", associazioni di Consumatori ecc…, ad un coordinamento di
promozione del biologico, di garanzia sul controllo della normativa, e
dell'attività di incentivazione (anche legislativa) degli Enti Locali;
• Predisposizione, assieme all'Ecap, dell'ipotesi di un corso di
aggiornamento sul tema "Alimentazione e salute: rapporto tra qualità
dei cibi, agricoltura, inquinamento ambientale, rivolto a membri delle
Commissioni mense, cuochi e delegati, tramite finanziamento della Provincia [52].
Giorgio Dal Fiume, nella conclusione della presentazione del progetto,
affermava come esso avrebbe contribuito a portare la CGIL all'avanguardia
rispetto ai temi ambiente-prevenzione-salute, rendendola efficacie sia nel
rapporto con Enti Locali, che con le associazioni ambientaliste ed i
tecnici di settore (oltre che con lavoratori e pensionati, mostratisi
entusiasti quando coinvolti). A detta di Dal Fiume, una maggior
"ufficializzazione" del progetto avrebbe portato a un maggior
coinvolgimento delle strutture interne ancora non attivatesi e
all'organizzazione di più iniziative pubbliche, promosse da Gaia, che
presentassero il ruolo fondamentale del sindacato e i risultati ottenuti [53]. Il 1990-1991 fu un
periodo di intensa attività per Gaia, che riuscì a pubblicare gli
interventi, con annesso questionario di verifica, del corso di formazione
ambientale per quadri e dirigenti sindacali tenutosi nel 1990 presso la
scuola sindacale Ca' Vecchia di Bologna, dove parteciparono dirigenti e
quadri delle Camere del lavoro di Bologna Ravenna, Ferrara, Faenza e Imola
(ovvero quelle di riferimento al bacino idrografico del Reno). Lo studio e
la realizzazione del modulo formativo per sindacalisti vennero
commissionati a Gaia dalla CGIL di Bologna e Regionale, in modo da poterli
sperimentare concretamente nella realtà regionale.
La struttura del corso era seminariale, pensata per incrociare apporti ed
esperienze diverse (di relatori e partecipanti), scaturita dai bisogni
formativi risultanti dalla pratica sindacale in atto, e non da
un'elaborazione teorica slegata dalla pratica [54]. Il corso prese quindi
spunto dall'applicazione della legge 183 e fu incentrato sulla gestione
dell'acqua e del territorio: in tal modo si voleva partire da un caso
concreto per ricercare poi le conoscenze utili per valutare gli impatti
ambientali nel loro insieme e con le loro connessioni [55]. Per Dal Fiume, la
formazione intesa come ricerca di risposte utili al malfunzionamento
dell'esistente andava legata ad una formazione
che sia un profondo interrogarsi sull'origine del "problema ambiente",
cioè sul dove e come si forma la domanda. […] Una simile
impostazione ci sembra ancor più utile e importante se il referente
è il sindacato: il contenuto della formazione deve infatti connettersi
a un insieme vasto e complesso di campi d'azione, e, soprattutto, ad un
ruolo che non può rinunciare a intervenire sulle contraddizioni
dell'esistente, come momento di concreto progresso sociale. Siamo convinti
che la questione ambientale rappresenti una forte leva in questo senso e
che contenga un'alta potenzialità di azione politica [56]
Nel novembre 1993, la Camera del Lavoro di Bologna promosse il convegno
Sviluppo sostenibile: sinistra e sindacato fra diritto e limiti allo
sviluppo
, che poneva come obiettivo quello di coniugare la dimensione reale dei
problemi economici e sociali attuali con il dibattito teorico sullo
sviluppo sostenibile, ragionando sul ruolo della CGIL. Nell'introduzione
agli atti del convegno, Franco di Giangirolamo, della Segreteria della CdL
di Bologna e uno dei promotori di Gaia, affermava la necessità di dare
sostanza al binomio "sviluppo sostenibile", onde evitare che restasse
un'etichetta vuota (come accaduto a Rio de Janeiro). La CGIL doveva
rimanere vigile per impedire che l'ecologismo diventasse un'arma
neoimperialista nelle mani del nord del mondo e quindi, sulla scia di
quanto emerso dal congresso precedente, era fondamentale legare il concetto
di sviluppo sostenibile ai problemi del sud del mondo [57]. Come evidenziato
anche in un documento prodotto in un Workshop tenutosi a Cervia nel
settembre del 1993 (una riflessione successiva alla Conferenza di Rio del
1992), la CGIL doveva prendere coscienza del proprio ruolo e rendere
più incisiva la propria iniziativa verso le politiche economiche
soprattutto nel sostenere un modello di sviluppo che considerasse la tutela
ambientale una componente fondamentale dello sviluppo stesso [58]. Di Giangirolamo si
connette a tale ragionamento affermando che solo cambiando le proprie
priorità politiche rivendicative, coinvolgendo i lavoratori nei nuovi
progetti, la CGIL sarà in grado di affrontare la questione a livello
nazionale e internazionale. Nell'introduzione agli atti egli affermò:
"credo che per un'organizzazione sindacale come la CGIL, per tutte le
organizzazioni sindacali, ci sia un terreno di sfida aperto -
particolarmente difficile e complesso per fare della qualità della
vita, del lavoro e dell'ambiente, i pilastri sui quali costruire una
capacità propositiva e progettuale" [59].
Su altri temi l'azione sindacale restò maggiormente inserita
nell'egemonia culturale e politica caratterizzante quell'epoca: questo lo
si può evincere ad esempio in un documento contenuto in E3.7, Plastica - Carta, sulle iniziative intraprese in vari territori
per quanto riguarda raccolta, riciclaggio e problematiche legate a plastica
e carta. Il documento aveva l'obiettivo di trovare una posizione unitaria
tra CGIL, CISL e UIL sui temi dei rifiuti e del riciclo: la discussione fu
però molto limitata a shopper e bottiglie e la difesa ambientale
rimase un obiettivo strettamente subordinato alla difesa dell'occupazione e
della produzione. Non parve possibile trovare una soluzione all'impasse tra
limitazione dell'usa e getta e aumento della produzione [60]. Anche nella relazione
di Duccio Campagnoli ad un seminario del XII Congresso CGIL (quello del
1991, citato nel paragrafo precedente) si può notare da un lato
un'apertura e un interesse verso nuove soluzioni, come ad esempio il tema
della riconversione industriale; ma quando si trattò di ripercorrere
la crisi e le azioni degli anni Settanta e Ottanta il ragionamento emerso
non andò a toccare la tematica ambientale, in tema di qualità
industriale e innovazione, e rimase invece focalizzato al mero ambito
contrattuale[61].
L'importanza del problema rifiuti, soprattutto la plastica e in particolare
il packaging, era comunque sentita, dal momento che il materiale a riguardo
è abbondante e vario (con presenza di un gran numero di articoli di
giornale e approfondimenti scientifici), come era rilevante il tema della
pianificazione (ad esempio in
Nota sulla Legge Regionale: "Disciplina dello smaltimento dei rifiuti",
approvata 1/6/94, di cui si elogia l'organicità ma di cui si
critica l'ignorare "completamente la società civile
economica-sociale", poiché non risulta previsto uno strumento
partecipativo per un confronto tra società civile e istituzioni
[62]
).
I percorsi di approfondimento sviluppati da Gaia erano molteplici e
prendevano in certi casi le mosse da particolari avvenimenti di cronaca in
grado di stimolare discussioni e riflessioni più generali. Ad esempio,
il fascicolo 13 è composto in buona parte da materiale che ripercorre
gli eventi legati alla Karin B, e che hanno riscosso molta attenzione
nazionale e internazionale alla fine degli anni Ottanta. Non solo vi sono
raccolti molti articoli di vari giornali che all'epoca seguirono la
vicenda, ma vi sono conservati anche documenti istituzionali (ad esempio
lettere del Presidente della Regione E-R al Ministro dell'Ambiente, del
Coordinamento della Protezione Civile e a quello degli Affari Regionali [63]) e documenti legati
all'attività sindacale che possono permettere, dunque, una
ricostruzione non solo dei meri fatti ma anche del grado di partecipazione
e delle posizioni ufficiali della CGIL bolognese ed emiliano romagnola, e
persino di CISL e UIL (che si coordinarono tra loro e che parteciparono
unitariamente alla Commissione Consultiva, o che interpellarono in modo
univoco il Sindaco di Castel Maggiore per la questione della discarica dei
rifiuti speciali)[64].
Figura 4. Lettera indirizz
ata al Sindaco di Castel Maggiore con oggetto Discarica per rifiuti
speciali nel Comune di Castelmaggiore, E3.7 Inquinamento da rifiuti,
fascicoli 33-34, busta 13.
Gli avvenimenti della Karin B portarono dunque a raccogliere materiale e
aprire una riflessione inerente da un lato alla gestione dei rifiuti
tossici e pericolosi, dall'altro al rapporto tra istituzioni, salvaguardia
ambientale e della salute della comunità.
Come già anticipato, nel 1995 l'Associazione Gaia venne accorpata al
Centro Innovazione e Formazione con cui collaborava già dalla sua
nascita. La confluenza nel CIF risultò come lo sbocco naturale di
Gaia, che aveva sicuramente portato avanti i suoi obiettivi formativi e di
raccolta materiale, ma che non era stata in grado di consolidarsi come
realtà associativa, non riuscendo ad attrarre una solida
partecipazione esterna alla realtà sindacale.
L'esperienza dell'Associazione Gaia può essere letta come un tentativo
di apertura del Sindacato sia nel ripensamento della tematica ambientale,
ci fu infatti un importante sforzo nel tentare di essere innovativi e
soprattutto ricettivi nei confronti dei diversi approcci alla questione
ecologica, sia nel cercare di raccogliere contributi anche esterni e
provenienti dal mondo dei movimenti ambientalisti (soprattutto
Legambiente). Si cercò di sensibilizzare iscritti e dirigenti,
proponendo percorsi di formazione e dibattito, cercando anche di mettere in
discussione paradigmi egemoni e complessi da scalfire. L'esperienza fu
però alquanto timida (i focus principali restarono quelli della
sicurezza e della salute e non si riuscì a sciogliere la tensione tra
ambiente e lavoro) e il ruolo di Gaia si esaurì nel giro di pochi
anni; questo accadde forse anche per un affievolimento o timidezza generale
dell'azione del sindacato in quegli anni nei confronti di tali tematiche.
Infatti, dopo una prima fase (dalla fine anni Settanta agli anni Ottanta)
in cui l'ambientalismo italiano si avvicinò ai movimenti pacifista e
femminista, e ai sindacati nella fase post-Chernobyl, si aprì una fase
di proteste più eterogenee e locali, che difficilmente riuscirono a
integrarsi in un progetto complessivo. Fu proprio durante gli anni Novanta
che si ebbe l'insorgere di varie questioni (quella migratoria, quella
morale, quella criminale, spesso trattate in prospettiva neopopulista), che
oscurarono la questione ambientale, che perse terreno rispetto alla forte
ascesa registrata negli anni Ottanta [65]. Questo non
significò una totale assenza di attività da parte delle
associazioni ambientaliste (che ripresero con forza nelle occasioni di
Seattle e Genova), ma fu comunque un momento di riflusso della protesta,
che affievolì anche la carica innovativa, che si basava in parte sulla
forza e centralità dei movimenti ambientalisti, del Centro e
Associazione Gaia. Questa esperienza è però prova di quel legame,
citato all'inizio, tra mobilitazione ambientale, partecipazione pubblica e
questione democratica.
Appendice - L'Archivio Storico
Un primo riordino dell'Archivio Storico della Camera del Lavoro si ebbe
alla fine degli anni Settanta, su indicazione del sindacato generale che
diffuse una guida: I centri di documentazione del Sindacato. Impianto e utilizzazione
(maggio 1977). Il materiale riordinato comprendeva quello presente negli
uffici e cantine della Camera del Lavoro del capoluogo, materiale dato
dalle Camere del Lavoro provinciali e quello donato da attivisti e
dirigenti. Per quanto dunque ci sia stata una attenzione alla sistemazione
dell'Archivio, vi erano comunque delle problematiche, comunemente
riscontrabili in un archivio sindacale, come la casualità della
conservazione e la raccolta dei documenti. Non che mancassero le carte o
l'attenzione alla conservazione; il vero problema era comprenderne la
logica formativa, la certezza di collocare il singolo documento nel
contesto che lo ha visto nascere [66]. Da quello che è
emerso con il secondo riordino questa attenzione alla logica formativa non
c'è stata e ora è presente una quantità di materiale che non
forma un archivio in senso stretto "se cioè per archivio si intende un
complesso organico di documenti prodotti o comunque acquisiti durante lo
svolgimento della propria attività da un ente, […], nelle sue
diverse articolazioni"[67].
Una prima inventariazione provvisoria venne fatta nel 1992, e nel 1994 si
procedette a una ricognizione più sistematica. Nel 1995 fu pubblicato
Il lavoro in Archivio, Volume I (Le carte dell'Archivio storico della
Camera del Lavoro di Bologna e della Cgil Regionale) il quale, nonostante
il lavoro di inventariazione non fosse ancora del tutto completato (di
alcuni fondi si danno solo gli estremi cronologici e la consistenza),
dà una buona descrizione, generale e sintetica, dei fondi e delle
scelte di riordino, oltre che l'inventario completo di alcuni fondi [68]. I singoli fondi sono
presentati a partire da: le strutture territoriali (orizzontali) a livello
provinciale, seguite dalle strutture provinciali (verticali o di categoria)
presenti ancora oggi nella CGIL, e dentro ogni Federazione di categoria
sono inseriti fondi delle strutture esistenti in precedenza e confluite in
esse[69].
La documentazione presente comprende materiale raccolta a partire dalla
ricostituzione del sindacato nel secondo dopo guerra ( "salvo rare
eccezioni") fino ai giorni nostri, e l'archivio è corrente [70].



Figura 5. Immagini tratte da Il lavoro in Archivio, op.cit., pp. 20-21.
[1]
Claudio Falasca, Lavoro e ambiente. La CGIL e la transizione alla
sostenibilità, Ediesse, Roma, 2012, pp. 33-42.
[6]
Come riportato anche nell'articolo "Sette anni un po' più
verdi", pubblicato dal "il manifesto" del 9 gennaio 1987, "il
manifesto" era stato inizialmente critico nei confronti di
Legambiente. Andrea Poggio, Ambientalismo, Editrice
Bibliografica, Milano, 1996, p. 79.
[8]
Donatella della Porta e Mario Diani, Movimenti senza protesta? L'ambientalismo in Italia, Il
Mulino, Bologna, 2004, p. 14.
[9]
Arrigo Tolomelli, "Ipotesi per un programma di iniziative", in
"Prevenzione, salute e sicurezza", fascicolo 13, busta 5. In Centro
Innovazione e Formazione e INCA, con Oggetto Centro Documentazione Ambientale.
[10]
Douglas Weiner, "Communism and Environment", in
The Cambridge History of Communism. 3. Endgames? Late Communism
in Global Perspective, 1968 to the Present
, a cura di Juliane Fürst, Silvio Pons e Mark Selden,
Cambridge University Press, Cambridge, 2017, pp. 529-530.
[13]
Juliane Fürst, Silvio Pons e Mark Selden, "Introduction", in
The Cambridge History of Communism. 3. ames? Late Communism in
Global Perspective, 1968 to the Present
, a cura di Juliane Fürst, Silvio Pons e Mark Selden,
Cambridge University Press, Cambridge, 2017, p. 11.
[14]
"Le scelte per una nuova strategia e una nuova identità della
CGIL: sindacato generale di programma, dei diritti e delle
solidarietà. Soggetto sociale e politico autonomo per una
nuova rappresentanza democratica e unitaria dei lavoratori"
[15]
Relazione di Duccio Campagnoli, Cà Vecchia - 2 aprile 1991., Corrispondenza, fascicolo 1, busta 1.
[16]
Giorgio Dal Fiume (a cura di), Ambiente e territorio. Appunti per una politica possibile,
Ediesse, Roma, 1991, p. 112-113.
[17]
C. Falasca, op. cit., pp. 71-78. Il testo cita la
relazione introduttiva di Bruno Trentin, l'allora segretario
generale della CGIL, alla Conferenza Programmatica di Chianciano
nel 1989.
[18]
D. della Porta e M. Diani, op. cit., p. 14.
[19]
Circolare 26 novembre 1986, Archivio Storico CGIL, Archivio
Confederale, Segreteria generale. Circolari, Volume 41.
[20]
Giorgio Dal Fiume (a cura di), Ambiente e territorio. Appunti per una politica possibile,
Ediesse, Roma, 1991, p. 5.
[23]
Lettera e relazione del 23/03/1994
di Giorgio Dal Fiume a Segreteria CdL, Zone e Categorie, Centro
Innovazione e Formazione e INCA, con Oggetto Centro Documentazione Ambientale. Corrispondenza,
fascicolo 1, busta 1. Contenuto nel subfondo Centro documentazione ambientale - Associazione Gaia.
[26]
Centro di Documentazione sui problemi ambientali - C.D.A. Statuto,
Corrispondenza, fascicolo, 1 busta 1.
[28]
"Occorre allora che le norme contenute negli statuti comunali,
siano formulate in maniera tale da evitare il rischio che il
referendum finisca col divenire uno strumento di democrazia
plebiscitaria. In tal senso la previsione dell'iniziativa popolare
diviene assolutamente imprescindibile"
[29]
Assetto delle competenze, informazione e partecipazione dei
cittadini nella legislazione ambientale, Corrispondenza, fascicolo,
1 busta 1.
[30]
Associazione Ambiente e Lavoro - Relazione di Cesare Mondini,Come informare cittadini e lavoratori, Ambiente di lavoro, fascicolo 5, busta 4, p. 1.
[31]
Ivi,
pp. 2-4; "I datori di lavoro…devono - rendere edotti i
lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti e portare a loro
conoscenza i modi per prevenire i danni derivanti dai rischi
predetti".
[32]
Documenti contenuti in Corrispondenza, fascicolo 1, busta
1.
[33]
Università Popolare (note per una proposta), Corrispondenza,
fascicolo 1, busta 1.
[34]
Il disagio della velocità. Pensieri per una discussione,
Corrispondenza, fascicolo 1, busta 1.
[36]
Il diritto al tempo libero (all'ozio), Corrispondenza, fascicolo 1,
busta 1.
[37]
La struttura organizzativa della camera del lavoro di Bologna,
Corrispondenza, fascicolo 1, busta 1.
[39]
P. Poggi, op. cit., p. 72.
[40]
Lega per l'Ambiente,
Carta degli intenti per un coordinamento nazionale
ecologia-lavoro
, 20 febbraio 1988, Ambiente di lavoro, fascicolo 5, busta 4.
[45]
Lega per l'Ambiente,
Presentazione piattaforma e documento della lega per l'ambiente
in relazione alle elezioni amministrative. Conferenza stampa 27
aprile 1990
, in Politica, movimenti ambientalisti, fascicolo 48,
busta 17.
[47]
CIF - Centro per l'Innovazione e la Formazione - CdLT Bologna.
Programma di attività 90. Esecutivo CdLT del 28 marzo 90, Corrispondenza, fascicolo 1, busta 1,
p. 1.
[49]
Per una riconversione ecologica dell'agricoltura. Piattaforma
territoriale
, fascicolo 22, busta 6. La piattaforma venne presentata anche come
specifico contributo della CdLT alla discussione sul referendum sui
pesticidi del 1990
[50]
Giorgio Dal Fiume, Presentazione progetto: "cambiare la produzione
tramite il consumo", fascicolo 22, busta 6.
[54]
G. Dal Fiume (a cura di), Ambiente e territorio, op. cit.,
pp. 8-9.
[58]
Luigi Rambelli,
Occupazione, riconversione dell'apparato produttivo e ruolo del
sindacato
, Corrispondenza, fascicolo 1, busta 1.
[59]
Giorgio Dal Fiume (a cura di), Alla ricerca dello sviluppo sostenibile, I
tascabiliEDIESSE, Roma, 1994, p. 18.
[60]
Plastica - Carta,
E3.7 Inquinamento da rifiuti, fascicoli 33-34, busta 13.
In un documento della Federazione Unitaria Lavoratori Chimici,
situato nella medesima busta, venne usato il termine
"mistificazione" in relazione all'allarmismo nei confronti dei
contenitori di plastica. Non mancano anche articoli con interviste
a lavoratori preoccupati per il loro posto di lavoro e critici
delle misure antiplastica intraprese dai comuni. L'Associazione
Gaia si trovò schiacciata tra queste posizioni.
[61]
Relazione di Duccio Campagnoli, seminario C:D: della CdLT di
Bologna. XII Congresso CGIL, Corrispondenza, fascicolo 1, busta 1.
[62]
Nota sulla Legge Regionale: "Disciplina dello smaltimento dei
rifiuti" approvata 1/6/94, E3.7 Inquinamento da rifiuti,
fascicoli 33-34, busta 13.
[63]
Prot. n. 2813, Bologna 19 agosto 1988, E3.7Inquinamento da rifiuti, fascicoli 33-34, busta 13 .
[64]
Documenti contenuti in E3.7 Inquinamento da rifiuti,
fascicoli 33-34, busta 13.
[65]
D. della Porta e M. Diani, op. cit., pp. 18-19.
[66]
Camera del lavoro territoriale di Bologna - Centro
documentazione-archivio storico , Il lavoro in Archivio. Volume I (Le carte dell'Archivio
storico della Camera del Lavoro di Bologna e della Cgil Regionale),
Bologna, Coop Musea s.c.r.l. editrice, 1995, pp. 14-16.