"Non si può ridurre il movimento di lotta per la salute e per
l'ambiente, o se vuoi per una nuova società, ai verdi.
L'ambientalismo, da un punto di vista culturale, è nel codice genetico
della soggettività operaia. È sciocco pensare di poter guardare
solo fuori dal muro di cinta, dove i rapporti di produzione e di classe
sono più diluiti: una fabbrica inquinante non potrà che produrre
un territorio inquinato, anche perché il territorio, il più delle
volte, secondo l'età della fabbrica, è stato plasmato a immagine
e necessità della fabbrica stessa. […] Noi lavoriamo per
cambiare questa società dalle fondamenta, e per cambiare questa
società dalle fondamenta bisogna cambiare le condizioni di lavoro.
Ecco perché, se andate a vedere alcune cose che abbiamo scritto,
vedete che definiamo l'ecologia come "igiene industriale". […]
Insomma, se si mette in discussione cosa produrre, come produrre, dove
produrre e per chi produrre, inevitabilmente si investono i problemi
dell'ambiente. Poi negli anni '80 c'è stato il passaggio al territorio
..."
[Intervista a Luigi Mara, in Michele Citoni e Catia Papa, "Sinistra ed
ecologia in Italia 1968-1974", Quaderni di "altronovecento", N. 8, 2017]
1. Una radice trascurata, costitutiva e caratterizzante, dell'ambientalismo
italiano
Il Dossier di "altronovecento" sugli anni Settanta mi da l'occasione per
una riflessione su un tema sul quale si è studiato e scritto
ampiamente - le origini dell'ambientalismo italiano, in certe terminologie
l'ecologia politica in Italia - ma sul quale per la mia esperienza
rimangono profonde lacune: non ho l'ambizione di colmarle, ma vorrei
trarre, dalla mia esperienza di impegno politico ecopacifista e dai miei
ricordi e da documenti, degli elementi di riflessione che ritengo
significativi, che vedo ignorati, e possono arricchire, caratterizzare ed
ampliare la prospettiva politica.
Una precisazione è importante per delineare l'impostazione di questo
mio lavoro. So bene che una sensibilità ecologica e associazioni
ambientaliste esistevano prima degli anni Settanta e devo dichiarare che
allora non le conoscevo (se non Italia Nostra per la protezione del nostro
patrimonio, e Pro Natura per alcuni aspetti). Quello che sostengo, e che ho
vissuto in modo diretto, si radica nella contestazione studentesca del '68
e nel ciclo di lotte operaie iniziato dall'Autunno Caldo del 1969, lotte
che certo non avevano affatto al centro i problemi dell'ambiente naturale
come tale, ma a partire dalle lotte per la salute e l'eliminazione dei
fattori nocivi all'interno della fabbrica hanno conferito una
chiara impostazione di classe alle lotte per la salute e
l'ambiente all'esterno, sul territorio: con la chiara
consapevolezza che la difesa di questi diritti era in antitesi con la
logica del profitto e la struttura economico produttiva del capitalismo [1].
Per questo motivo ho messo in testa all'articolo la citazione inequivoca di
Luigi Mara, storico e rimpianto esponente del Consiglio di Fabbrica della
Montedison di Castellanza[2].
La trasversalità dei movimenti degli anni Settanta incluse anche le
manifestazioni e le iniziative contro la guerra al Vietnam, i movimenti
femministi, l'antirazzismo con le grandi manifestazioni in difesa di Angela
Davis, configurando un movimento ecopacifista complessivo che
purtroppo si è perduto con la divisione affermatasi nei decenni
successivi fra movimenti ambientalisti e movimenti pacifisti: lo chiamerei un eco-gender-pacifismo di classe
.
* * *
Poiché questo mio lavoro parte dalle mie esperienze di movimento, devo
premettere che per larga parte degli anni Settanta io propriamente non
rientravo fra gli ecologisti o ambientalisti, ma appunto se si limita la
ricerca rigidamente a questi termini si taglia fuori, a mio avviso, una
radice che è stata determinante nel configurare l'"ambientalismo" in
Italia, il grande ciclo di lotte operaie. A questo proposito penso che
serva per caratterizzare la mia impostazione esplicitare qualche riserva su
alcune ricostruzioni esistenti, a titolo esemplificativo perché non ho
l'ambizione di conoscerle estesamente, tanto meno di farne un'analisi
critica.
Nella ricostruzione - peraltro molto precisa e documentata - di Michele
Citoni e Catia Papa[3]
riscontro che nomi importanti o non vengono menzionati, o lo sono solo
collateralmente ad esempio per iniziative editoriali, o semplicemente in
bibliografia: Luigi Mara, citato una sola volta, anche se poi gli viene
dedicata una delle interviste; Giulio Maccacaro (medico del lavoro,
singolarmente denotato "tra i marxisti italiani teorici della 'non
neutralità della scienza'") per la storica serie della rivista
"Sapere", e non solo; direi di sfuggita Marcello Cini un paio di volte;
Enzo Tiezzi, ambientalista allievo di Barry Commoner, solo in bibliografia;
Virginio Bettini. Non hanno avuto alcun ruolo nella formazione e nella
caratterizzazione dell'"ambientalismo" italiano?
Per quello che conosco, trovo in un certo senso "speculari" gli studi -
indubbiamente pregevoli per l'approfondimento dei temi e la qualità
dell'analisi - della corrente sull'ecologia politica, di cui
Emanuele Leonardi, Gennaro Avallone, Stefania Barca, sono alcuni degli
esponenti più brillanti. Rimane la sensazione che rimangano in ombra
alcune radici dell'ambientalismo in Italia: raramente si trovano citati i
nomi di Giorgio Nebbia o Dario Paccino, il libro di LeonardiLavoro Natura Valore [4] li cita in una nota a
pag. 26, e Nebbia in un'altra occasione (pag. 78), Maccacaro e Mara e le
riviste Sapere e Medicina Democratica nella nota a pag.
53. Sono a conoscenza per via privata che Gennaro Avallone sta curando la
riedizione del libro di Paccino del 1972, L'Imbroglio Ecologico, e
un saggio su Paccino[5].
Queste sono solo spunti a livello superficiale, l'obiettivo non è
certo di polemizzare con lavori indubbiamente pregevoli, ma di approfondire
aspetti che vengono affrontati in maniera che a me sembra inadeguata: non
c'è dubbio che si riconosce l'importanza dei conflitti di classe e
delle lotte operaie, come scrive Leonardi: "in Italia la questione
ecologica diventa una questione propriamente politica attraverso le lotte
operaie ... contro la nocività ... È la forza degli operai
organizzati a ... porre come inaggirabile la crisi dell'ambiente" [6] (dissento semmai dai
riferimenti che l'autore porta per circoscrivere l'incisività da
queste lotte al quinquennio 1968-1973, v. oltre). Lo scopo di questo mio
lavoro è un primo contributo per dare carne e sangue a quel ciclo di
lotte individuando concretamente qualcuno degli attori e protagonisti,
anche quando questi non sono passati alla storia, elaborazioni e approcci
originali e innovativi sviluppati nel vivo, e sotto lo stimolo, di quelle
lotte; evidenziare collegamenti che spesso sono trascurati. Soprattutto
cercherò di insistere sui nessi, diretti e indiretti, tra fronti di
lotta apparentemente diversi, che delinearono una strategia di, e per, il
cambiamento radicale della società, una convergenza degli obiettivi
anche quando essa non era esplicita: lotte che culminarono con vittorie
effettive proprio quando iniziò la crisi e il declino di quella
stagione.
Ma voglio dire molto chiaramente che a mio parere una ricostruzione
esauriente delle radici e dell'ambientalismo in Italia rimane da fare, ed
è un lavoro immane perché a quel tempo non c'era internet, le
idee si elaboravano e si trasmettevano con i ciclostilati, e una ricerca
esauriente deve essere fatta non solo su riviste e pubblicazioni (come in
parte cercherò di fare qui) ma in archivi sparsi per l'Italia -
Archivi del '68, Archivi del Movimento Operaio, o nel centro di
documentazione di Castellanza - magari conservati in archivi personali che
in parte rischiano di scomparire con i loro proprietari.
La mia tesi esplicita nel presente lavoro è che le lotte operaie per
la salute in fabbrica degli anni Settanta costituirono una radice a suo
modo indipendente e originale dell'ecologia in senso stretto, che dalle
fabbriche si estese sul territorio, e caratterizzò in modo marcato un
ambientalismo italiano "di sinistra", "rosso" (spesso di impostazione
marxista) che dagli inizi si contrappose all'ambientalismo "verde" (per
intenderci, poi del "Sole che Ride"). La mia tesi si collega in qualche
modo a quella "di sinistra" di Dario Paccino ne L'Imbroglio Ecologico del 1972, che pure viene sottovalutato nella
limitata visione di Michele Citoni e Catia Papa [7]. Le vertenze operaie
furono un filone fondamentale dei rinnovamenti profondi che furono
strappati nel corso del decennio, dalla Riforma Sanitaria 833, alla 194,
alla Legge Basaglia, e via discorrendo: riforme che non per caso vennero
manomesse, quando non stravolte, con il tramonto di quella stagione di
lotte. Come lo fu il legame delle lotte operaie con i nascenti movimenti
delle donne (i lavori che ho citato sull'ecologia politica hanno
indubbiamente il merito fra altre cose di avere portato al centro il tema
del lavoro riproduttivo), con i movimenti contro la guerra: quello
che chiamo orizzonte eco-gender-pacifista complessivo.
Dovrò in parte riprendere cose che ho scritto con Flavio Del Santo in
un articolo su "altronovecento" qualche anno fa [8], ma che era dedicato ad
aspetti diversi dei movimenti degli anni '70 e pertanto è rimasto
gioco forza estraneo alle ricerche citate.
2. La mia esperienza: dal '68 agli anni '70
2a) Il Comitato Politico degli Studenti di Fisica di Firenze
Poiché non ho pretese di rigore storiografico, ma solo di riportare a
galla una radice peculiare dell'ambientalismo, non credo di peccare di
autoreferenzialità o presunzione fornendo qualche riferimento alla mia
esperienza personale, ma anche ai compagni con i quali ho condiviso quelle
esperienze. Poiché scavo nella mia memoria, riporto date
approssimative ma quello che importa è la sostanza delle notizie (ho
effettuato verifiche con i compagni che cito nei Ringraziamenti).
Nel 1968 io avevo 29 anni, ero un giovane laureato in fisica fresco di un
incarico di insegnamento all'Università di Firenze, e fu quello
l'inizio della mia effettiva politicizzazione. Dei temi ambientali avevo un
lontano sentore, e comunque in senso proprio rimasero per vari anni ai
margini di quelli centrali nel mio impegno politico. Non è marginale
dire che il piccolo Istituto di Fisica di Firenze (i dipartimenti vennero
istituiti negli anni successivi) era collocato sulla collina di Arcetri
lontano dagli istituti nel centro storico dove, soprattutto ad Architettura
e a Lettere, stava esplodendo la contestazione studentesca: io ero nuovo di
Firenze e quindi non ebbi neanche modo di affacciarmi a quei tumultuosi
eventi. Ma questo iniziale isolamento doveva tramutarsi in un grande
vantaggio.
All'Istituto di Arcetri non c'era ombra di contestazione studentesca, ma
quei tumulti lontani mi spinsero ad avvicinarmi agli studenti di Fisica (in
tutto circa 300 nei diversi anni di corso) caratterizzandomi subito per la
mia vicinanza ai loro problemi e stringendo subito un rapporto con quelli
politicizzati. Verso la fine del 1969 venne istituito il Comitato Politico
degli Studenti di Fisica di Firenze (nel seguito Cpf), con il quale, unico
professore, ho sempre lavorato in modo strettissimo come fossi uno di loro,
con una confidenza e franchezza reciproche che ci consentiva di avere
magari anche polemiche, ma nella sostanza con una piena sintonia: quei
primi anni e il Cpf hanno costituito la base di tutto il mio impegno
politico successivo. Vi era inizialmente nel Cpf una componente di studenti
della Fgci, che però rimasero rapidamente minoritari mentre il Cpf
assumeva una direzione politica fortemente radicale (vi era anche qualche
studente che faceva riferimento a raggruppamenti studenteschi organizzati,
ma la radicalità delle scelte politiche del Cpf non ha mai dato motivo
a contestazioni al suo interno).
Il Cpf intraprese anche iniziative studentesche all'esterno, stabilì
un contatto stabile con il collettivo di Chimica di Firenze, e co-promosse
un coordinamento dei comitati studenteschi di Fisica a livello nazionale.
È significativo che un gruppo coordinato di studenti del Cpf
coltivò una vera visione strategica, che consistette nel programmare
le richieste delle tesi di laurea in modo da distribuirsi nei gangli dei
vari gruppi di ricerca dell'Istituto di Fisica di Firenze (a quel tempo gli
studenti politicamente impegnati erano fra i più brillanti): la scelta
fu lungimirante, perché effettivamente quasi tutti gli studenti del
Cpf conseguirono brillantemente, anche se a volte con qualche peripezia,
posti stabili o direttamente a Firenze, o a volte all'estero ma con ruoli
molto importanti.
Nel 1973 fu costituito il "Collettivo Controinformazione Scienza", composto
di studenti di varie Facoltà (ma in maggioranza e più stabilmente
di Fisica e di Chimica) e di alcuni docenti, fra i quali io e il chimico di
Siena Enzo Tiezzi, che si era formato alla scuola di Barry Commoner: nel
Collettivo si affrontarono di fatto i primi temi collegati a problematiche
ambientali, con taglio interdisciplinare, con l'esplicito proposito di
elaborare contenuti concreti sui quali stabilire rapporti con la
popolazione. Il primo tema che venne affrontato aveva una chiara valenza
ambientale, perché riguardò le sofisticazioni alimentari, e
portò alla stampa di un libretto, Lo Sfruttamento Alimentare,
con il quale vennero promossi vari incontri pubblici.
2b) Il Cpf e i collegamenti con le lotte operaie
La radicalità politica del Cpf risultò ben presto decisiva. In
breve, dopo l'esplosione delle lotte dell'Autunno Caldo, nel Cpf si pose
immediatamente l'obiettivo di cercare collegamenti diretti con le nascenti
strutture operaie consiliari. A Firenze vi era stata un'esperienza molto
significativa di collegamento del collettivo di Medicina con la lunga lotta
degli operai della Stice-Zanussi [9]. Risuonavano poi le
notizie del Consiglio di Fabbrica della Montedison di Castellanza, e
circolavano i suoi elaborati.
Per i collegamenti fu fondamentale il ruolo del compianto delegato della
Stice-Zanussi e sindacalista della FLM "Gigi" Falossi (1937-2012), una
figura emblematica del movimento sindacale fiorentino [10]. Con il suo intervento
il Cpf (con il quale lavoravo in modo organico) entrò a far parte a
pieno titolo del Consiglio di Zona Metalmeccanico di Firenze Ovest (zona
Osmannoro), un distretto pieno di fabbriche in gran parte di piccole o
medie dimensioni, ancorché posto all'estremo opposto di Firenze
rispetto all'Istituto di Arcetri. Come ho già puntualizzato, gli
studenti di Fisica non si proponevano semplicemente di associarsi alle
lotte operaie come avveniva in tutto il paese, ma vi era l'idea molto
chiara di cercare un terreno di collaborazione con la caratterizzazione
specifica di "studenti di Fisica": le implicazioni concrete non tardarono
ad arrivare. Gli studenti erano inglobati organicamente nel Consiglio di
Zona, tanto che nella campagna per il contratto dei metalmeccanici del 1973
le assemblee di fabbrica erano condotte unitamente da un sindacalista e uno
studente di Fisica (che a volte era ... il sottoscritto). Sul contratto il
Cpf intervenne anche all'assemblea del Nuovo Pignone di Firenze,
con cui successivamente il collegamento sarebbe risultato cruciale.
Un tentativo di entrare a far parte anche del Consiglio di Zona
Intercategoriale non andò in porto, mentre successivamente il Cpf
entrò a far parte ufficialmente anche del Consiglio di Zona
Metalmeccanico di Firenze Sud proprio deve era collocato l'Istituto di
Fisica di Arcetri.
I collegamenti del Cpf travalicarono il territorio fiorentino: non
potrò mai dimenticare che nei giorni in cui era fissata un'assemblea
generale degli studenti di Fisica di Firenze, un'automobile partiva in
piena notte da Castellanza con due delegati del CdF della Montedison,
espressamente invitati per intervenire all'assemblea (spesso uno di loro
era Luigi Mara, ma per non citare solo lui c'erano A. Cova, A. Lepori).
Nel 1973 il Cpf promosse un convegno di 3 giorni, occupando a tal fine
l'ala didattica, che era al piano terreno fisicamente separata dal piano
degli studi dei docenti (non è indifferente osservare che la sede
dell'Istituto di Arcetri era adiacente alla caserma della Polizia di
Firenze, solo nel 1990 il movimento della Pantera effettuò una vera
occupazione). Il convegno si articolò con relazioni e interventi
esterni (partecipò il Consiglio di Fabbrica del Nuovo Pignone
, v. oltre) e produsse un'organizzazione del Cpf in gruppi di lavoro, uno
dei quali riguardava proprio i temi dell'ambiente e della salute in
fabbrica visti come campi di impegno capaci di mettere a prova le
conoscenze scientifiche e cercare come rinnovarle, in connessione alle
lotte operaie.
Nel 1976 il Cpf organizzò un dibattito [11] con compagni della
Montedison di Castellanza, compagni di Torino che lavoravano sulla
nocività in fabbrica, invitando CdF e di Zona e strutture sindacali di
Firenze: da qui nacque una collaborazione diretta con il CdF del Nuovo Pignone di Firenze, in particolare incontri con la
Commissione Organici e Investimenti, con la quale si impostò la
discussione sulle prospettive delle fonti rinnovabili di energia (che a
quel tempo si chiamavano energie alternative). Da qui venne la proposta
decisiva di cui tratto nella seguente sezione 2d.
Con il contratto del 1973 i metalmeccanici proiettavano le lotte per la
salute e l'ambiente anche all'esterno delle fabbriche, sul territorio:
questa radice operaia dell'ambientalismo italiano, in senso lato, è
stata una fetta sostanziale di storia! Le lotte operaie furono una
componente fondamentale della conquista della Riforma Sanitaria 833 del
1978[12], che includeva i
servizi di controllo ambientale in fabbrica e sul territorio (poi sottratti
al SSN dall'infausto referendum del 1993).
Il contratto dei metalmeccanici del 1973 includeva anche le "150 Ore":
vedremo gli sviluppi specifici.
2c) L'intreccio dei temi ambientali, con la contestazione della Scienza,
l'opposizione alla guerra, le lotte antinucleari: un orizzonte ecopacifista
che oggi è tramontato
Le questioni ambientali si articolarono anche in tanti movimenti di
protesta, delineando un orizzonte ecopacifista che collegava in
modo diretto i temi dell'ambiente con l'opposizione alla guerra.
Si moltiplicavano in tutto il mondo grandi manifestazioni contro la guerra
statunitense al Vietnam. Uno dei temi di discussione erano i sistemi di
guerra tecnologica con i quali gli Stati Uniti aggredivano unitamente la
popolazione e l'ambiente, come il famigerato Agente Orange, e la
barriera elettrica per fermare i transiti dei Vietcong fra il Nord e il Sud
del paese. Nacquero un po' ovunque "Comitati Scienza per il Vietnam" che si
proponevano di studiare queste questioni con l'intenzione di portare
qualche aiuto ai vietnamiti [13]: Firenze non fece
eccezione, creando un gruppo multidisciplinare di colleghi (agronomi,
chimici, ecc.) del quale feci parte. L'obiettivo era certo piuttosto
velleitario, ma testimonia di una sfaccettatura di solito ignorata
dell'approfondimento e dell'impegno sulle questioni ambientali, al tempo
stesso con un'ottica internazionalista. È tanto più importante
oggi ricordarlo perché questo orizzonte ecopacifista si
è poi perduto, lasciando il posto a una scissione che sembra
incolmabile fra l'impegno ecologista e quello per la pace.
Nel contempo, come docente e ricercatore io partecipavo alle prime
iniziative a livello nazionale di (principalmente) fisici, matematici,
biologi, filosofi, che si proponevano di tradurre in termini ed
elaborazioni concreti la contestazione della "neutralità" della
scienza (questi aspetti sono trattati in dettaglio nel lavoro citato nella
nota 8).
Oggi forse non è immediato vedere i nessi fra la critica radicale
della scienza e i temi ambientali, ritengo che sia necessario riconoscerli
e rivalutarli: del resto i nessi apparvero ben presto concretamente per
esempio nella contestazione dell'energia nucleare, che era acriticamente
sostenuta dalla quasi totalità della comunità dei fisici e degli
ingegneri (oltre ovviamente ai tecnici dell'Enel, ma questo è
scontato, ma anche quelli dell'industria elettromeccanica tra cui
spiccavano società come Ansaldo, Belleli, TIBB, Magrini-Galileo e la
stessa Fiat).
Proprio a questo proposito ritengo necessario ricordare un'iniziativa
allora decisamente d'avanguardia presa autonomamente da una parte degli
studenti del Cpf: stimolato dall'uscita del Piano Energetico Nazionale nel
1975, un nutrito gruppo si riunì settimanalmente per più di un
anno impostando una ricerca sistematica sulla tecnologia nucleare, e nel
1977 venne pubblicato I Nucleodollari [14], che fu forse il primo
libro in Italia con una trattazione sistematica, e resa alla portata di
tutti, della tecnologia nucleare e dei suoi effetti ambientali [15] (ovviamente parlando
de I Nucleodollari non intendo sottovalutare tanti ciclostilati
che si cominciavano a produrre in altre realtà, si vedano i paragrafi
3b e 3e). Per valutare oggi questa impresa di un gruppo di studenti (al
sottoscritto fu chiesto solo di scrivere un'introduzione a libro finito, da
lì imparai le nozioni di base sulla tecnologia nucleare che non si
studia affatto in un Corso di Laurea in Fisica!), occorre tenere presente
che allora non c'era internet e la sola ricerca delle fonti era un lavoro
molto complesso e impegnativo, una vera ricerca al livello di una tesi di
laurea. È necessario osservare, per il tema del presente articolo, che
il Cap. V del libro (pagg. 101-128) affrontava direttamente "I problemi
ambientali": sprechi energetici e impatto ambientale, impianti nucleari e
ambiente, inquinamento termico, danni biologici, inquinamento radioattivo.
Come ulteriore nota personale ricordo che nel 1975 si svolse un convegno
indetto dal Pdup (Partito di Unità Proletaria) del quale non conservo
traccia, ma un opuscolo preparatorio con una mia introduzione su "Scienza e
potere" e la relazione per la riunione preparatoria di Paolo Degli
Espinosa, dell'Enea[16].
2d) Il lavoro sui fattori nocivi negli ambienti di lavoro nelle fabbriche
Fra i collegamenti stabiliti dal Cpf (sempre incluso il sottoscritto)
con le realtà operaie vi fu quella a cui ho già accennato con
il CdF del Nuovo Pignone di Firenze
, con gli incontri regolari con la Commissione che si occupava degli
investimenti e dell'innovazione. Un giorno, attorno al 1975, un delegato
del CdF gettò una proposta che era una specie di sfida: ricordo quasi
letteralmente le sue parole, "Se volete fare qualcosa di concreto,
proponete al Corso di Laurea in Fisica di organizzare uno dei laboratori
per gli studenti per effettuare misure dei fattori nocivi per la salute
nell'ambiente di lavoro del Nuovo Pignone".
Era davvero una sfida, ma gli studenti la raccolsero con convinzione e
posero la richiesta al Consiglio di Corso di Laurea, nel quale, si deve
sottolineare, vi era una forte componente di docenti legati al PCI, o
comunque "compagni di strada". Proprio questi sollevarono immediatamente
obiezioni, soprattutto quella di fondo: non vi sono competenze sufficienti
per organizzare un laboratorio serio su questi temi. È inutile dire
che questa obiezione disconosceva proprio quello che era l'obiettivo di
fondo della proposta degli studenti, formarsi nel lavoro concreto, e nello
scambio con gli operai, conoscenze, strumenti e competenze che non erano
codificati da una Scienza che era sempre stata di parte padronale.
Vale la pena di raccontare in sintesi le vicende. Il CdF del Nuovo Pignone convocò un incontro con docenti e studenti.
Sappiamo che i "compagni" Professori chiesero una riunione alla Federazione
del PCI, al fine che venisse avallato il rifiuto della proposta. Ma
all'incontro con il CdF gli operai ribadirono "Noi questo laboratorio lo
vogliamo!". I "compagni" docenti non poterono fare altro che piegarsi, e il
Consiglio di Corso di Laurea che, obtorto collo, approvare
l'istituzione del Laboratorio, valido come corso ed esame per la laurea in
Fisica.
Il sottoscritto e il collega Piero Bruscaglioni assumemmo ufficialmente il
compito di occuparci rispettivamente dei rilevamenti delle polveri [17] e del rumore
nell'ambiente di lavoro. In realtà non si partiva proprio da zero,
Bruscaglioni lavorava all'Istituto di Onde Elettromagnetiche del Cnr, e di
onde aveva esperienza, ed io avevo già affrontato in precedenza
un'iniziativa con studenti di Scienze Biologiche per progettare strumenti,
sia pure rudimentali, per il rilevamento di polveri in atmosfera [18]. Vennero acquistate
apparecchiature idonee e il laboratorio partì a gonfie vele
(intervenendo anche, grazie al Consiglio di Zona del quartiere di Porta
Romana, in piccole fabbriche del quartiere vicino ad Arcetri). Si faceva
riferimento anche al lavoro e all'esperienza dei colleghi fisici di Torino
che dai primi anni '70 svolgevano questi rilievi al Reparto Presse della
Fiat di Mirafiori (quelli appunto che parteciparono a Fisica al convegno
del 1973): la loro analisi delle misure del rumore aveva portato i colleghi
e il gruppo omogeneo a concludere che tutte le modifiche del ciclo
produttive per abbassare i livelli del rumore … diminuivano la
produttività! Si esprimeva quindi una progettualità operaia di
trasformazione e conoscenza alternativa, che nella collaborazione diretta
tecnici-operai-studenti si cercava di portare a sintesi.
Quel 1977 fu per me un anno molto pieno e impegnativo perché in
simultanea si riuscì ad ottenere dal Consiglio di Facoltà di
Scienze M.F.N. anche un corso delle 150 ore rivolto agli operai, che
ottenne una notevole adesione, ed era aperto anche alla partecipazione
attiva degli studenti: l'incarico fu affidato a me, ma vi furono contributi
di colleghi di Fisica e di Chimica, del responsabile della Regione Toscana
per la Sanità, oltre a relazioni e interventi di delegati di fabbrica
e sindacalisti[19]. Il
progetto era di rendere questo corso delle 150 ore una iniziativa stabile:
ma proprio in quel fatidico 1977 la situazione politica precipitò. Non
ho certo né l'intenzione né le capacità di approfondire qui
quei drammatici eventi e la complessa situazione politica.
Il corso delle 150 ore di Firenze sulla nocività, nelle fabbriche e
nell'ambiente esterno, rimase un'esperienza quasi unica (altre esperienze
universitarie importanti avevano trattato per lo più temi politici o
storici), invece il laboratorio degli studenti di Fisica è rimasto
attivo per vari anni, anche se perse le motivazioni iniziali: ma per molti
studenti rimase un'esperienza unica, un lavoro creativo, stimolante e
gratificante che ha fornito molti più strumenti e esperienza che non
la semplice esecuzione tradizionale di misure standard. Diede anche luogo a
due tesi di laurea, io seguii come relatore la tesi di Laurea della
brillante studentessa Giovanna Zatelli, che si laureò con il massimo
dei voti con una ricerca originale sulla determinazione con tecniche
difrattometriche X (eseguite all'Istituto di Geologia) della granulometria
di polveri raccolte su membrane micropori in ambiente di fabbrica (Zatelli
fu in seguito assunta all'Ospedale di Careggi nel Laboratorio di Fisica
Nucleare). Quella ricerca era in qualche modo pionieristica, non occorre
commentare la rilevanza e drammaticità che ha assunto oggi il problema
del particolato fine e ultrafine.
In quegli anni io considerai seriamente la prospettiva di convertirmi ad
attività sperimentali … se tutto non fosse tramontato con il
declinare degli anni Settanta!
3. Ambientalismo italiano, più rosso che verde, e altri risvolti
In questo contesto anch'io cominciai ad occuparmi direttamente di
ambientalismo. Ricordo comunque la grande impressione che aveva sollevato
la pubblicazione nel 1962, quando io ero ancora studente, del libro di
Rachel Carson Primavera Silenziosa.
3a) Imbrogli ecologici e limiti dello sviluppo
Il 1972 mi diede (ma non solo a me) vari stimoli. Ricordo bene che il libro
di Dario Paccino, L'Imbroglio Ecologico, intrigò molto vari
compagni, mettendoli sull'avviso degli "imbrogli" che potevano profilarsi:
secondo Paccino (semplificando brutalmente) l'ecologia era un ennesimo
strumento della borghesia capitalistica per sfruttare i lavoratori delle
fabbriche e dei cantieri, ma si faccia attenzione, il titolo implicava
anche l'altra faccia della medaglia, perché Paccino aveva compreso
prima di tanti altri che l'ambientalismo era davvero un'ipotesi
rivoluzionaria. Ricordo invece vari scetticismi con cui, forse anche per
questo, almeno negli ambienti della Sinistra allora "extraparlamentare"
venne accolto lo studio del Club di Roma, I Limiti dello Sviluppo.
Su questo mi riconosco in quanto osserva A. Ross nel volume a cura di F.
Chicchi e E. Leonardi[20]:
"Non molto tempo dopo la pubblicazione de I limiti dello sviluppo,
le norme della fiscalità generale, che avevano assicurato un certo
grado di equità sociale all'epoca del patto fordista, sono finite
sotto attacco. Riforma delle imposte, austerity fiscale, deregulation e
privatizzazione, aggiustamenti strutturali, crollo della sicurezza sul
lavoro, sbriciolamento del welfare. Tutto ciò ha eroso drammaticamente
i diritti conquistati dalle lotte operaie nel periodo post-bellico. L'unica
compensazione offerta è stato un biglietto della lotteria nel mercato
delle speculazioni immobiliari, con il conseguente avviamento di un periodo
di sviluppo urbano altamente insostenibile, conclusosi non a caso con la
più acuta recessione globale dagli anni Trenta. In retrospettiva si
può tranquillamente concludere che il messaggio de I limiti dello sviluppo sia stato chiaramente percepito dalle
élite, che hanno risposto con l'accaparramento compulsivo di qualsiasi
risorsa esse riuscissero a espropriare alla ricchezza comune".
Il mix di questi due fattori - il libro di Paccino e il rapporto dei Club
di Roma - uniti alla fiducia con il montare delle lotte operaie (insisto
sulla grande rilevanza delle lotte per il contratto dei metalmeccanici del
1973, che estendeva la rivendicazione per la salute anche all'esterno delle
fabbriche, sul territorio) e la fiducia in un rinnovamento radicale dei
rapporti di produzione e sociali, posero le basi di una sensibilità
ambientale nella sinistra (ancora) extraparlamentare. Mentre quel rapporto,
e i saggi indubbiamente pregevoli di Barry Commoner che ebbero una grande
diffusione in Italia, generarono un atteggiamento esplicitamente
ambientalista che in qualche modo si contrapponeva alle posizioni che si
rifacevano al marxismo. Fu a mio parere uno snodo decisivo in Italia. In
relazione a I Limiti dello Sviluppo, anche se non è un tema
centrale di questo mio lavoro, ritengo interessante citare una ricerca di
Giorgio Ferrari, "L'ultimo Rapporto sul Futuro" [21], del quale riporto un
passo conclusivo che sintetizza anche dal mio punto di vista il valore e i
limiti che quel rapporto ebbe allora, a confronto delle carenze degli
sviluppi del mezzo secolo intercorso:
"Se nel secolo scorso si ragionava dei limiti dello sviluppo e delle
disuguaglianze che quello sviluppo aveva creato, oggi non si va oltre
l'esposizione di fenomeni sintomatici che affliggono il pianeta, senza
troppo curarsi dell'umanità che lo abita. Si parla molto di giustizia
climatica e poco di giustizia sociale; alla centralità della politica
si preferisce la centralità della scienza, ma poi si finisce per dare
ancora credito all'inveterato ossimoro dello sviluppo sostenibile."
Personalmente mi sono immerso e immedesimato (a Firenze) nel movimento dei Fridays for Future nato un paio di anni fa, riconosciuto e
ricambiato da* giovani, e mi sono impegnato proprio nell'osservare
costruttivamente carenze della loro piattaforma, i limiti della fiducia
incondizionata nella scienza, i legami fra scienza e guerra, le insidie
insite nella sostenibilità, cercando in una parola di colmare la
distanza non solo temporale da I Limiti dello Sviluppo di
esattamente mezzo secolo prima.
Ritornando ai primi anni Settanta, ricordo bene come si acuirono divergenze
di fondo fra me e il chimico dell'Università di Siena Enzo Tiezzi, che
aveva studiato con Barry Commoner, e mi stupisco appunto che non venga
neanche nominato nelle ricostruzioni dell'ambientalismo italiano. Nella
sostanza, alla "coscienza di specie" che sostenevano gli ambientalisti
verdi veniva contrapposta la "coscienza di classe". Tiezzi contrapponeva ai
"tempi storici" i "tempi biologici" dei processi naturali [22].
Questo dibattito fra correnti ambientaliste si manifestò in articoli
sul quotidiano Il Manifesto (nonché su Sapere, v.
oltre), fra i quali anche articoli di vivace polemica fra il sottoscritto e
Tiezzi: purtroppo non conservo traccia di quegli articoli (che allora si
scrivevano con la leggendaria Olivetti Lettera 22 e le copie in carta
carbone), ma credo che una ricerca sistematica sulle edizioni del Manifesto degli anni Settanta sia necessaria per avere un quadro
più completo della nascita e degli sviluppi dell'ambientalismo in
Italia.
Dissento dall'affermazione di Giorgio Nebbia che "[i]l 1973 fu l'ultimo
anno della primavera dell'ecologia" [23]: è un punto molto
importante per esplicitare divergenze di concezioni sulle radici
dell'ambientalismo e ricostruire le vicende dei movimenti e
dell'ambientalismo di quegli anni. Secondo la concezione di Nebbia,
"… il potere economico e politico approfittò della
necessità di uscire dalla crisi economica per far accantonare
qualsiasi ubbia di limiti alla crescita. … il movimento ambientalista
cambiò volto." La mia concezione delle vere radici dell'ambientalismo,
esplicitata fin dall'inizio, è diversa, il mio parere è che
attorno al 1973 si passò da una "primavera" a una "estate rovente"
della lotta di classe. Non vi fu nessuna flessione del movimento di lotta,
il contratto dei metalmeccanici testimonia che a livello operaio non
passò il ricatto della scarsità del petrolio per cui bisognava
fare sacrifici e contenere le rivendicazioni: anzi, il tema
energetico-ambientale divenne per la prima volta un terreno concreto della
lotta di classe, si denunciava il tentativo (poi andato in porto) di
rilanciare il ciclo di accumulazione con una ristrutturazione complessiva
dell'economia partendo proprio dalle fonti di energia.
E la stesura da parte dei governi di Piani Energetici Nazionali, centrati
sullo sviluppo dell'energia elettronucleare, diede vita a un forte
movimento antinucleare popolare, al quale ho già accennato (v.
paragrafo 3e). Non a caso si denunciava il fatto che le maggiori compagnie
petrolifere avevano le mani in pasta nell'estrazione dell'uranio, e proprio
da qui presero le mosse gli studenti di Firenze che elaborarono I Nucleodollari.
Io, come ho detto, individuo invece il momento cruciale di crisi nel 1977:
almeno per i giovani ricordo sinteticamente, senza propositi di
completezza, la contestazione di Luciano Lama (segretario CGIL) dagli
studenti a La Sapienza (17 febbraio 1977), l'uccisione da parte della
polizia dello studente di Lotta Continua Francesco Lorusso a Bologna (11
marzo 1977), la "Svolta dell'Eur" delle tre confederazioni sindacali
CGIL-CISL-UIL (12-13 febbraio 1978), il rapimento di Aldo Moro da parte
delle Brigate Rosse (16 marzo 1978). Il clima di intimidazione era
terribile.
Mi cito per una mia analisi in proposito della svolta in atto pubblicata suSapere all'inizio del 1977 [24], nella quale auspicavo
una correzione di tiro delle lotte e delle rivendicazioni, perché gli
eventi che ho appena citato non facevano percepire ancora la
drammaticità della crisi che sarebbe arrivata: mentre negli anni
passati lavoravamo "per il domani", ora le cose erano cambiate e si doveva
impostare il lavoro politico su tempi molto più lunghi, il problema
era dare più concretezza di obiettivi e consolidare il movimento, ma
non c'era sicuramente nessuna percezione di una vera crisi imminente.
L'anno seguente sarebbero arrivate riforme fondamentali - la Riforma
Sanitaria 833, la 194, la 180 "Legge Basaglia" - strappate dai movimenti di
lotta, articolati ma coesi su questi obiettivi e su discriminanti decisive
di classe.
3b) Un apporto basilare per un ambientalismo conflittuale: il gruppo della
rivista "Sapere" di Giulio Maccacaro
Così come una storia dell'ambientalismo in Italia sarebbe monca se non
si desse un ruolo centrale alle lotte operaie, sarebbe monca anche se non
si sviluppasse adeguatamente il ruolo dell'iniziativa di Giulio Maccacaro
quando nel 1974 ebbe dall'editore Dedalo il compito di inaugurare una serie
radicalmente nuova della rivista mensile Sapere. È la prova
concreta di come con il 1973 l'ambientalismo italiano non andò per
nulla in crisi, anzi trovò una concreta saldatura fra i diversi
movimenti di classe, dati la diffusione, la coesione e l'impatto della
rivista come punto di riferimento ma anche di aggregazione.
Il gruppo redazionale che Maccacaro raccolse attorno a sé ha
costituito un'esperienza scientifico-politica fondativa e irripetibile! I
viaggi periodici a Milano per le riunioni del gruppo erano momenti
veramente eccitanti, stimolanti, veri brain storming, di confronto
concreto e produttivo fra operai, delegati di fabbrica, medici, tecnici,
studenti, scienziati di tutte le discipline, economisti. Chi sfogli la
serie di Sapere sotto la direzione di Maccacaro (purtroppo manca
ancora uno studio completo e sistematico) può toccare con mano il
profondo intreccio fra i temi della salute in fabbrica, i disastri
ambientali come (ma non solo) l'Icmesa di Seveso del 10 luglio 1976, che si
aggiungeva drammaticamente ai tantissimi casi di cancerogenesi nei luoghi
di lavoro, l'insorgere del problema dell'amianto, della medicina, del
nucleare, della ricerca scientifica e tecnologica, ed anche della storia
critica della scienza: tutto era connesso, vagliato dal gruppo di
redazione.
Se non si considera l'ambientalismo come mero amore per la natura, o
piantare un alberello, o anche i limiti delle risorse, si trova in Sapere dal 1974 un'impostazione di concretissimi temi ambientali,
centrali, con una precisa impostazione politica e di classe e una profonda
elaborazione. Emerge molto chiaramente un'impostazione che coniugava
problematiche concrete, sulle quali i partecipanti al gruppo redazionale
rappresentavano e collegavano movimenti di lotta e vertenze in corso, con
l'elaborazione di una visione strategica: questo era un ambientalismo
sostanziale e attivo, con una esplicita valenza conflittuale alternativa al
sistema capitalistico.
Ritengo necessario per dare concretezza al presente lavoro citare i temi
fondamentali trattati su Sapere, fino al 1980 che è in
sostanza l'orizzonte temporale di questo articolo, altrimenti le mie
argomentazioni rimarrebbero generiche, anche se la seguente rassegna non ha
nessuna ambizione di completezza [25] (se a qualcuno
suonasse enfatico l'uso di certi termini radicali, deve tenere presente che
sono il segno della radicalità dei movimenti che si rifletteva nel
lavoro della rivista). È importante insistere che l'orizzonte dei temi
trattati e discussi era davvero complessivo, come i servizi sanitari,
l'aborto, i temi della psichiatria che portarono alla legge Basaglia, la
medicina della e per la donna, le droghe, ecc.
· ANNO 1974 - Marzo, n. 770, dossier sul cancro da lavoro;
aprile-maggio, n. 771, monografia generale sulla popolazione, poi il rumore
degli aerei, l'ossigenazione artificiale dei laghi, la siccità a
Genova, l'alimentazione industriale; giugno, n. 772, V. Lombardi,
un'analisi spietatamente critica della "Rivoluzione verde" [pp. 44-49], poi
rischio sismico, una scheda sui collettivi "Scienza per il Vietnam" [p.
56]; luglio, n. 773, inserto "Ambiente e Potere" introdotto da un articolo
di Virginio Bettini sull'Ecologia Atlantica (cioè controllata
dalla NATO! Legami fra ecologia e militari) [pp. 3-5, 33-56], poi inizio di
una serie regolare di articoli di storia sociale della scienza, con un mio
articolo sulle tecnologie energetiche nella prima rivoluzione industriale
[pp. 24-32]; agosto-settembre, n. 774, dossier sull'industria chimica [pp.
pp. 3-34]; ottobre, n. 775, dossier L'alimento industriale [pp. 3-32];
novembre, n. 776, inserto generale sull'acqua [pp. 4-32]; dicembre, n. 777,
un articolo di Marcello Cini "Lo sfruttamento Capitalistico, apparenza o
realtà?" e una discussione fra 7 Consigli di Fabbrica su "Lavoro e
nocività: il sapere operaio" [pp. 45-52, e 37-44].
· ANNO 1975: gennaio, n. 778, dossier "La carestia programmata" [pp.
3-36]; marzo, n. 780, dossier "Ambiente e potere" [pp. 25-40] dopo un
articolo "Una lezione dalla Cina: la scienza per il popolo" [pp. 3-11],
nonché degna di nota una scheda sull'iniziativa del fascista Pino
Rauti a Roma della "Associazione Difesa Ecologica" [p. 40]; aprile-maggio,
nn. 781-782, un articolo di Barry Commoner, "Le fabbriche del veleno"
[pp.3-9], e (si osservi il titolo) A. Nazzaro, "Il terremoto, un nemico di
classe" [pp. 21-24]; giugno, n. 783, un dossier curato da Virginio Bettini
su Gioia Tauro "Ecologia della Piana: L'acciaio del sottosviluppo" [pp.
5-48], e si apriva il tema della scelta nucleare con un articolo di taglio
ecologico del (allora anti-nucleare) G. B. Zorzoli, "Il fascino discreto
dell'energia nucleare" [pp. 57-65]; luglio, n. 784, un inserto su "Ambiente
e potere" [pp. 25-57] nonché un documento di marxisti del Venezuela
sulla crisi energetica [pp. 58-62]; ottobre, n. 786, dossier sui diversi
aspetti dell'Organizzazione del Lavoro, con un articolo di Emilio Pugno su
"La scienza operaia" [pp. 31-34]; si sono intanto susseguite varie
discussioni e commenti sull'ambiente e la salute.
· ANNO 1976 - N. 789, gennaio-marzo, interamente dedicato a "Ricerca e
società"; luglio, n. 792, Dario Paccino, "Sviluppo tecnologico e
ambiente" [pp. 2-9] e G. Mastrangelo e G. Moriani, "Porto Marghera: per la
salute contro l'inquinamento" [pp. 14-17]; agosto, n. 793, dossier sulle
Multinazionali del Farmaco [pp. 2-26] e articolo su "Inversione termica e
ambiente" [pp. 36-40]; settembre, n 794, dossier oggi molto attuale "Vera e
falsa prevenzione" [pp.6-41, con un articolo di Giorgio Nebbia, "Alla
ricerca di una nuova società neotecnica", pp. 42-45]; ottobre, n. 795,
dossier sulle "150 Ore" [pp. 3-26]; infine il doppio n. 796 di
novembre-dicembre, che annuncia nella presentazione la dolorosa morte di
Maccacaro (15 gennaio 1977), interamente dedicato (158 pagine) a "Seveso un
crimine di pace", con un articolo introduttivo di Maccacaro seguito da
altri 20 articoli: il primo di ampio inquadramento tecnico [pp. 10-36] a
firma del Gruppo di Prevenzione e Igiene Ambientale del CdF della
Montedison di Castellanza, insieme a B. Mazza e V. Scatturin.
· ANNO 1977, inizio serie post-Maccacaro - Si snodano su tutti numeri
dibattiti vivaci su tutte le tematiche sollevate. N.797, gennaio-febbraio,
dopo l'editoriale sulla sfida dell'eredità di Maccacaro, monografia su
"La rapina del suolo" [pp. 7-20], W. Ganapini "Agricoltura industriale e
ambiente" [pp. 37-42]: n. 798, marzo, occupato da 4 sezioni, Scienza e
potere, Medicina e Potere (fra cui il documento istitutivo di Medicina
Democratica), Democrazia e potere, Scuola e potere; n. 799, aprile,
monografia "Il rumore del padrone" sul rumore negli ambienti di fabbrica,
seguita nel n. 800 di maggio da un articolo sul rumore urbano [pp. 24-29],
che ben testimonia l'estensione dalla fabbrica al territorio, e G. Gattegno
e R. Zito "Alimenti: natura e petrolio" [pp. 14-18]; n. 801, giugno,
corposo articolo di Amory Lovins [pp. 3-21] a seguito del dibattito
sull'energia; n. 802, luglio, Taccuino "Seveso un anno dopo" [pp. 24-27],
B.Terracini su coloranti alimentari; n. 805, ottobre-novembre, corposi
articoli su "Analisi di classe della carestia nel Bengala [pp. ], M. Boato
sul disastro di Manfredonia e B. Terracini sulla diossina di Seveso.
· ANNO 1978 - Il tema dell'energia divenne centrale. Gennaio, n. 807,
l'energia nucleare; febbraio, n. 808, le energie alternative (allora si
usava questo termine); marzo, n. 809, "Il rischio nucleare", con
dettagliatissima analisi critica del cosiddetto "Rapporto Rasmussen" che
risultava tristemente premonitrice,
esattamente un anno dopo (28 marzo 1979) sarebbe avvenuto l'incidente
di Three Mile Island (Harrisburg) che ne contraddisse platealmente le
previsioni e cambiò la storia dell'energia nucleare
; ne seguì sul n. 810 di aprile-maggio un numero monografico di 160
pagine "Il nucleare: una scelta imposta" con una panoramica a tutto campo
di tutti gli aspetti; l'intero n. 811 di giugno sulle Tecnologie, un tema
allora di grande attualità "Il piccolo è bello?"; n. 812,
luglio-agosto, due sezioni, "Seveso due anni dopo" [pp. 2-20] e il problema
dell'agricoltura [pp. 21-38]; il problema energetico ritorna, a tutto
campo, nel n. 813, settembre-ottobre, "Energia: condizioni per
l'alternativa" (solare, geotermia, rifiuti, eolico, idroelettrico,
agricoltura alternativa), che segue nel numero di dicembre, 815, con
l'attenzione ai movimenti, dopo una lunga e documentata introduzione di
Marietti, Mattioli e Scalia, un articolato dibattito fra comitati di lotta
e CdF [pp. 18-33].
· ANNO 1979 - Hanno sempre più spazio sulla rivista dibattiti su
temi già trattati in precedenza. Gennaio, n. 916, dossier "Informatica
e potere" [pp.3-57]; febbraio-marzo, n. 817, dossier sull'insegnamento
delle scienze [pp. 4-65] con un ampio respiro sull'insieme dei problemi,
dalle metodologie didattiche, ai soggetti, alle 150 ore, agli obiettivi;
aprile-maggio, n. 818, la notizia più significativa riguarda le
dimissioni ufficiali di G. B. Zorzoli dalla redazione per dissensi
sull'impostazione (Zorzoli stava cambiando la sua posizione iniziale di
opposizione all'energia nucleare), poi farmaci, agricoltura, tumori,
Seveso; giugno, n. 819, "Il rischio nucleare: lo scheletro nell'armadio",
ulteriori riserve di fondo sul "Rapporto Rasmussen" [pp. 3-15]; luglio, n.
820, dossier dal titolo inequivocabile "Aborto luogo obbligato" [pp. 4-33];
agosto, n. 821, dossier, anche questo titolo significativo, "Terremoto:
"catastrofe naturale?"" [pp. 4-44]; settembre, n. 822, dossier "Il sonno
rubato" [pp. 3-44]; ottobre-novembre, n. 823, annuncio del convegno
internazionale antinucleare per gennaio 1980 [p. 58], dossier generale
sulla Riforma Sanitaria [pp. 4-57], molto attuale oggi C. Bossi, "Politica
"perversa" dei servizi sociali in Lombardia" [pp. 38-44]; dicembre, n. 824,
dossier "Agricoltura, Scienza e lotta di classe" [pp. 4-44], segnalo il mio
articolo "Scelte energetiche un anno dopo" [pp. 46-54]. Da segnalare la
pubblicazione degli atti del convegno organizzato dal Gruppo Gpia della
Montedison di Castellanza "Lotte e sapere operaio, in memoria di
Maccacaro", Clup-Clued, 1979, nel quale intervenni anch'io.
· ANNO 1980 - Si allargano gli spazi di dibattito. Gennaio, n. 825,
sintesi del dibattito in Redazione su, titolo eloquente, "Lotte sulla
salute: come si ricomincia?" [pp. 2-14], molto significativo dopo
l'approvazione della Riforma Sanitaria del 1978 sulla consapevolezza dei
suoi limiti e la necessità di rilanciare le lotte, M. Tosi, "La
gestione dei rifiuti radioattivi" [pp. 24-33] preveggente sul problema a
tutt'oggi irrisolto, M. Coiro sul problema delle leggi emergenziali,
"Democrazia limitata", armi della polizia [pp. 33-43]; marzo, n. 826, sul
nucleare e il ciclo dell'uranio [pp. 2 e 70-80], un articolo di Barry
Commoner e un significativo dossier su Consultori [pp. 8-69]; aprile, n.
827, "Dopo la seconda crisi energetica", F. Strati "Trasporti e
soggettività operaia" [pp. 46-54], poi droga, Centri Sociali [pp.
8-14]; maggio, n. 828, dossier "Il soldato malato speciale" [pp. 8-41];
giugno, n. 829, sulla riforma psichiatrica [pp. 7-33], poi Scienza e Lavoro
[pp. 34-39]; luglio-agosto, n. 830, G. Silvestrini sulle scelte energetiche
in USA, fonti rinnovabili [pp. 7-14], e Legge Merli sui limiti delle
sostanze inquinanti negli scarichi delle acque; settembre, n. 831, excursus
sui vari problemi, M. Bottero su "Mezzogiorno, sviluppo, energia,
tecnologie appropriate" [pp. 7-22]; ottobre, n. 832, dopo un ricordo di
Franco Basaglia (deceduto il 29 agosto) un lungo articolo di A. Sohn Rethel
"La scienza come coscienza alienata" [pp. 7-23] riproposto dalRadical Science Journal; dicembre, n. 834, terremoto in Irpinia [26] [pp. 2-5], nube
tossica a Massa Carrara [pp. 38-52], dossier sul Convegno di Venezia sul
nucleare, del 26-28/01/1980, con la relazione di minoranza scritta da C.
Mussa Ivaldi e G. Nebbia [pp. 10-38].
In definitiva, Sapere, con i suoi componenti e collaboratori, stavano in
pieno dentro le lotte e le vertenze più avanzate, collegando i temi
ambientali con le lotte sociali con un preciso programma di classe,
mantenendo salda la prospettiva e la coesione a dispetto delle crisi del
movimento che si affacciavano al volgere del decennio. Infatti nel numero
di gennaio 1981, n. 835, si affrontava la vertenza alla FIAT con il ricatto
delle 23.000 casse integrazione. E in febbraio un tema oggi di scottante
attualità, R. Canosa, "Epidemie e potere".
3c) Un fitto intreccio di dossier, riviste, iniziative di ambientalismo
rosso.
Sapere
non nasceva dal nulla, come un caso isolato, come scrivevo all'inizio per
tutto il decennio
giocò un ruolo importantissimo l'elaborazione e la circolazione di
documenti e dossier ciclostilati
: se non si tiene conto di questi strumenti e collegamenti, spesso
informali, qualsiasi ricostruzione delle vicende dell'ambientalismo
italiano, delle vertenze e delle lotte sociali, rimarrà gravemente
carente. È incredibile, oggi, la capacità di diffusione, di
generalizzazione e di ascolto che c'era in quegli anni, con gli strumenti a
disposizione.
Inoltre, si affiancarono a Sapere altre riviste che ebbero un
ruolo importante.
Dario Paccino[27]
(1918-2005) aveva fondato nei primi anni Settanta la rivista Rossovivo, dal titolo inequivocabile (sottotitolo: contro lo
sporco mondo del padrone), di critica marxista all'ecologia dominante,
rivista che però rinnovò la sua notorietà e influenza con la
"nuova serie" edita tra il 1979 e il 1986 grazie all'apporto del Comitato
Politico ENEL che fin dal 1973 con la pubblicazione di una serie di
opuscoli ["Crisi dell'energia e ristrutturazione"; "Contro la truffa
nucleare" (1975); "Le lotte antinucleari in Europa" (1977)] aveva
affrontato la questione nucleare anche con l'apporto di tecnici ENEL
impiegati nel settore. Questa nuova serie, della quale Dario firmò
tutti gli editoriali e vari articoli, aveva un'impostazione più
movimentista e radicale, coniugandola a contenuti scientifici documentati,
e dette un contributo importante alle lotte antinucleari e contro
"l'energia padrona" (così si intitolava il primo numero) fino
all'esito vittorioso del referendum del 1987.
Sempre arrestandomi al 1980, su Rossovivo:
· l'editoriale del n. 1, febbraio-marzo 1979, a firma di Paccino aveva
proprio titolo inequivocabile "L'energia padrona", il fascicolo era
interamente dedicato al problema dell'energia e l'ultima parte era dedicata
alla "Scelta nucleare" [pp. 59-79].
· Il n. 2, luglio-agosto 1979, era successivo all'incidente di
Harrisburg [pp. 11-23] e dedicava sezioni all'Acna di Cengio [pp. 24-26] e
al Pcb [pp. 35-47].
· Il n. 3, gennaio-febbraio 1980, allargava l'orizzonte: oltre alla
sezione "Dopo Hiroshima" sull'Apocalisse nucleare prossima ventura [pp.
9-20], "Scienza e restaurazione", psichiatria, psicofarmaci, Taccuino sulle
lotte, poi ancora su Harrisburg e schede sulle centrali nucleari italiane
[pp. 45-60].
· Il n. 4, luglio-agosto 1980, aperto dall'editoriale di Paccino "La
scienza e noi" [pp. 5-7], discuteva "L'ecologia dell'equo profitto" [pp.
9-11], la "Energia per la guerra, guerra per l'energia" [pp. 55-58],
passando per un dossier "Lo svuotamento della Riforma Sanitaria" con
documenti dei Lavoratori Ospedalieri del Policlinico di Roma" [pp. 9-11].
Nel 1978 Gianni Mattioli (allora in Democrazia Proletaria), Massimo Scalia,
Ermete Realacci, Gianni Silvestrini ed altri fondarono il "Comitato per il
Controllo delle Scelte Energetiche". La sezione siciliana del Comitato, il
cui esponente principale era Gianni Silvestrini, pubblicò dalla fine
del 1978 i
Quaderni del Comitato Siciliano per il Controllo delle Scelte
Energetiche
: personalmente ebbi frequenti contatti e partecipai a diverse iniziative a
Palermo. Nel 1981 fu fondata la rivista nazionale QualEnergia.
Nell'ambito dell'ARCI nacque nel 1980 la Lega per l'Ambiente, da
cui si è successivamente resa autonoma, che si propose come erede dei
primi gruppi ecologisti e dell'ambientalismo scientifico di sinistra, con
l'ambizione di "Pensare globalmente, agire localmente". Nel IV congresso
nazionale del 1992 cambiò nome in Legambiente.
Non intendo seguire con un elenco dettagliato, che non sarei neanche in
grado di fare, gli esempi che ho portato mi sembrano significativi, mi
interessa ribadire che
il quadro dell'ecologismo italiano era estremamente vivo e articolato,
ed era animato negli anni Settanta da correnti esplicitamente di
sinistra, o esplicitamente "rosse"
.
3d) La divaricazione fra rosso e verde
Ritornando al piano personale, in questo contesto lo sviluppo della
polemica sempre più aspra, ma sempre amichevole, che sviluppai con il
chimico di Siena Enzo Tiezzi ci indusse a promuovere il 12 aprile 1981 a
Firenze una giornata di confronto dal titolo "Le lotte ambientali tra
movimento e rapporti di produzione", chiamando a partecipare gli esponenti
italiani di varie discipline più noti e coinvolti nelle questioni
ambientali[28]: i testi
delle relazioni vennero pubblicati con il titolo suggestivo Entropia e
Potere[29].
In un convegno successivo a Palermo il 18-21 settembre 1981 (con la
partecipazione di alcuni degli stessi protagonisti), dove Laura Conti
sviluppò un'analisi marxiana, il sottoscritto riprendeva i temi della
sfida posta dalla nuova complessità dei problemi, la centralità
del tema del potere capitalistico sulla natura, e la necessità di
sviluppare ulteriormente l'analisi di Marx [30]. Quegli incontri di
Firenze e di Palermo sono documenti importanti per ricostruire il livello
del dibattito in quegli anni.
Io conservo documenti più tardivi, quando attorno al 1980 Il Manifesto
inaugurò la pubblicazione di inserti di quattro pagine dedicati a temi
specifici denominati "La Talpa del giovedì". Cade a pennello per il
tema che sto trattando una "Talpa" del 14 febbraio 1985 intitolata
esplicitamente "L'ecologia politica" incentrata proprio sui "Verdi", con un
articolo centrale di Rossana Rossanda, e fra gli altri due contributi da
Sergio Bologna (sui verdi tedeschi) e del sottoscritto (su "Natura/Potere"
dal titolo "Homo oeconomicus, specie divisa", che iniziavo con le parole
inequivoche: "Il verde non è rosso", e infra "La produzione sta
cedendo il primato alla riproduzione sociale"). Vale la pena di citare
l'incipit e passi di Rossana, a critica dell'ecologia non politica
:
"Della politica i verdi esprimono esemplarmente la crisi e la
necessità: ne rifiutano tutte le categorie, che sono poi quelle che si
articolano nelle ideologie dei partiti e delle grandi correnti del secolo e
esigono quella partecipazione collettiva che della politicità è
la radice prima. […] La storia dei "poteri" dal basso, come i
consigli, o dei "poteri locali", come le forme comunali, è storia
ormai di poco più di un decennio di spinte e lenti soffocamenti ... I
verdi odierni hanno l'aria di pensare che la soluzione sta a monte o a
valle del misurarsi con la rete di poteri e interessi reali, dunque
storici. […] E in questo accurato evitare la giungla del
politico/sociale il verde, come persona, trova spesso un vuoto
insospettato. ..."
Io contribuii ancora sui temi ambientali, nel marzo 1985 ("Perché la
scienza non può salvarci da Bhopal o Seveso") e più tardi sulle
polemiche sui "verdi" (28 giugno 1989, "La sfida verde degli anni '90"; 19
settembre 1989, "L'alternativa ambientalista").
3e) I movimenti e le lotte antinucleari
È già emerso ampiamente dai paragrafi precedenti - dalle
descrizioni delle annate di Sapere, poi di Rossovivo,
nonché de I Nucleodollari e dall'accenno alla diffusione di
ciclostilati - che dalla metà degli anni Settanta irruppero
prepotentemente sulla scena forti e diffusi movimenti popolari
antinucleari. Diffusi perché i vari Piani Energetici Nazionali (PEN)
prevedevano la costruzione di impianti nucleari in molte zone d'Italia. Non
è certo il caso qui di fare né un elenco né una cronistoria,
dovrebbe essere risultato evidente il carattere radicale di quelle lotte.
L'aspetto che mi sembra necessario sottolineare qui è che la
contestazione della Scienza come istituzione accademica e specialistica,
già contestata il generale dalla contestazione del '68, prese un forma
molto concreta e attiva, non solo perché i "tecnici" gli
"specialisti", gli ingegneri del settore vennero efficacemente contestati,
ma perché
nacque una figura, non ufficiale, di "esperto di parte popolare",
riconosciuto sul campo
, che certo non poteva vantare il background degli specialisti ma era in
grado di opporre considerazioni di carattere più generale e
complessivo - sociali, economiche, sanitarie, ecc. - che la frammentazione
accademica degli specialismi impediva di collegare fra loro in una visione
organica. Gli "esperti" furono spiazzati. Anzi, sulle prime anche gli
esperti aderenti ai partiti della sinistra extraparlamentare non erano a
priori contrari e furono presi in contropiede dall'esplodine delle proteste
popolari: ecologismo militante.
Non posso dimenticare il vivido ricordo di un'affollata assemblea pubblica
a Firenze nel 1975 nella quale un ingegnere nucleare di Pisa reclamava "Io
vi porto i dati, dove sono i vostri?", spalleggiato dai ricercatori
nucleari di Firenze, ma con evidenti riserve da parte del pubblico. Gli
studenti di Firenze autori de I Nucleodollari parteciparono dal
1977 a numerose iniziative pubbliche, a Pisa (sede di una facoltà di
Ingegneria Nucleare), Varese, Casalmaggiore, Genova, Cremona, dove sebbene
fossero studenti non incontrarono difficoltà e riscossero il largo
consenso del pubblico presente.
D'altra parte mi sembra molto significativo dal punto di vista del presente
lavoro ricordare (e ho raccolto altre testimonianze in proposito) che al
tempo delle grandi manifestazioni antinucleari a Montalto di Castro il
gruppo energia di Democrazia Proletaria fosse favorevole all'energia
nucleare: ancora il 6 aprile 1979 Paolo Degli Espinosa scriveva un articolo
sul Manifesto dal titolo "Non sono antinucleare. E voi siete
antiautomobilistici?". Insomma, i movimenti di lotta sopravanzavano le
posizioni della sinistra (allora) extra-parlamentare: è uno dei motivi
che mi spingono a raccogliere le presenti memorie.
In ogni località nella quale era in programma la futura costruzione di
una o più centrali nucleari esplosero proteste e manifestazioni
popolari[31]. Da Montalto
di Castro, a Viadana, San Benedetto Po, al Molise [32], alla Basilicata (che,
non si dimentichi, ospitava il centro nucleare della Trisaia). Inutile dire
che dopo l'incidente di Three Mile Island del 28 marzo 1979 le
manifestazioni di protesta si intensificarono: il 19 maggio oltre 20.000
persone parteciparono a Roma a una manifestazione antinucleare nazionale.
3f) Una fiammata di infatuazione, l'effimero entusiasmo per le idee di
Prigogine
Ritengo degno di attenzione discutendo in termini complessivi le vicende
dell'ambientalismo italiano l'improvviso entusiasmo che esplose nel 1979
con la pubblicazione in Italia di due libri successivi di Ilya Prigogine,
premio Nobel 1977 per la Chimica, che avevano singolarmente lo stesso
titolo italiano ma erano molto diversi fra loro [33]: la concezione di
Prigogine venne accolta da molti come una novità epocale e
immediatamente generalizzata, come un'interpretazione innovativa delle
forme viventi e degli ecosistemi.
Il concetto alla base delle idee di Prigigine era in termini molto
semplificati il seguente. In un sistema termodinamico aperto mantenuto
lontano dall'equilibrio da un flusso di energia che lo attraversa sono
ovviamente presenti fluttuazioni caotiche. Ma quando le grandezze che
descrivono il sistema, e che ne quantificano la distanza dall'equilibrio,
raggiungono alcuni valori critici, si stabiliscono spontaneamente nel
sistema delle strutture ordinate molto peculiari, stabili nello spazio e
nel tempo: un nuovo stato ordinato, lontano dall'equilibrio termodinamico,
che Prigogine chiama una "struttura dissipativa", introducendo il concetto
suggestivo di "ordine mediante il disordine". In altri termini, in
determinate condizioni è la stessa tendenza universale all'aumento di
entropia che porta all'insorgere di queste strutture. Se si tiene presente
che un organismo vivente, o un sistema ambientale, sono dal punto di vista
fisico sistemi termodinamici mantenuti lontano dall'equilibrio da un flusso
di energia e di materia, si coglie anche intuitivamente il nesso delle
considerazioni di Prigogine con i problemi ecologici.
Le idee di Prigogine furono salutate in Italia non solo come una grande
novità, ma come una nuova strada verso l'unificazione del sapere,
ebbero recensioni entusiaste, egli ricevette interviste, vennero pubblicati
suoi articoli, sulle sue idee vennero redatti dossier (si veda per dettagli
l'articolo citato nella nota 8). In Italia articoli di Prigogine apparvero
su Rinascita, Il Globo, Repubblica. A dire il vero pochi fisici
parteciparono a questo entusiasmo perché sapevano bene che queste idde
non erano così nuove.
Nel 1981 la rivista Alfabeta pubblicò due articoli estremamente
positivi su Prigogine. Questo mi spinse, insieme al collega fisico di Roma
Angelo Vulpiani, a scrivere una replica molto ferma, definendo senza mezzi
termini "cialtroneschi" gli articoli di Prigogine apparsi in Italia,
ribadendo la non originalità delle idee di Prigogine, i diversi
livelli di rigore delle sue argomentazioni, la sua interpretazione
ideologica che equivale a introdurre forze vitalistiche che guidano le
fluttuazioni, le generalizzazioni ingiustificate, la non necessità
delle sue deduzioni e conclusioni. Dopo una replica altrettanto dura di
Antonio Signorino (che arrivava a paragonare Prigogine a Einstein), il
quale ci tacciava di una posizione ideologica (!), proponemmo succintamente
otto punti da discutere, riportando il confronto sui diversi livelli di
rigore e di dimostrabilità, e auspicando una prosecuzione del
confronto[34]: ma non
risulta che l'esaltazione per le idee di Prigogine abbia avuto un seguito.
Ripresi e sviluppai il tema con una prospettiva ambientalista più
ampia e approfondita nel convegno di Palermo nell'autunno 1981 (v. nota
30), la mia relazione aveva il titolo inequivocabile "Contro Prigogine".
Nel 1981 proposi e curai una "Talpa" dei Manifesto dedicata
interamente ai temi legati al dibattito su Prigogine, con articoli miei, di
Gagliasso e Napolitani, e interviste a Lavenda e Liquori.
Ma la "meteora" Prigogine si estinse quasi all'improvviso, come era esplosa
due anni prima, e non sembra aver lasciato ricadute significative!
4. Dalle lotte contro il nucleare civile a quelle contro le armi nucleari
La profonda svolta degli anni '80 determinò la crisi, quando non la
fine, di molte esperienze degli anni Settanta, soprattutto delle
realtà operaie più vive. Personalmente scrissi l'11 novembre 1981
un articolo sul Manifesto dal titolo "Chi ha paura di Castellanza".
Ben vive rimasero fino al referendum popolare del 1987 le lotte
antinucleari, ma nei primi anni Ottanta si aggiunse la "Crisi degli
Euromissili" che risvegliò il movimento contro la guerra, che era
dormiente dopo la fine della guerra al Vietnam, e specificamente per il
disarmo nucleare.
Per ricordare i fatti essenziali, soprattutto per i giovani che allora non
c'erano, nel 1977 l'URSS aveva promosso un programma di ammodernamento dei
propri missili nucleari a medio raggio, che prevedeva la sostituzione dei
vecchi SS 4 e SS 5 con i moderni SS 20 dotati di tre testate nucleari. In
risposta la NATO decise nel 1979 l'installazione di 108 missili Pershing 2 e 464 missili da crociera, Cruise, in basi
militari americane situate in Gran Bretagna, Italia e Germania occidentale.
Si sviluppò in tutta Europa un poderoso movimento di protesta che
invase le piazze con milioni di manifestanti. Anche a Roma si svolsero
imponenti manifestazioni nazionali per la pace e il disarmo nucleare,
esplicitamente contro l'installazione dei missili a Comiso, mentre
pacifisti intervennero direttamente in Sicilia.
Nel 1981 vari giovani compagni fisici di Roma convinsero Edoardo Amaldi,
che era il fisico italiano più autorevole erede della scuola di Enrico
Fermi, a lanciare un appello fra i fisici contro l'installazione dei
missili cruise a Comiso in Sicilia: si raccolsero così quasi
900 firme di fisici italiani, che il 27 novembre 1981 vennero presentate al
Presidente della Repubblica Sandro Pertini [35]. Nel corso di questo
processo nacque il progetto di fondare l'Unione degli Scienziati Per il
Disarmo (USPID), che vide la luce in margine al congresso nazionale della
Società Italiana di Fisica (SIF) a Perugia nel 1982. Per seguire le
mie memorie personali terrei a ricordare a futura memoria, ma anche
perché mi sembra significativo di quei tempi, che io ero presente a
quell'incontro ma ebbi uno scontro con Francesco Calogero (che era già
un esperto di armamenti nucleari) sulla natura che doveva avere
l'associazione: Calogero sosteneva che l'associazione doveva avere il
carattere di gruppo di esperti qualificati che si esprimevano solo su
questioni importanti, mentre io sostenevo che dovesse avere un carattere
più democratico, di movimento contro la guerra negli atenei e i centri
di ricerca, ed essere aperta alla partecipazione di tutte le componenti
universitarie, anche al personale tecnico e ausiliario. Calogero
affermò che se fosse passata la mia proposta egli non avrebbe aderito
all'associazione, al che non potei che rispondere che se fosse passata la
sua non avrei aderito io: rimasi in minoranza e per coerenza non aderii
formalmente … ma nei mesi seguenti contribuii a fondare la Sezione
Fiorentina dell'USPID insieme a vari ex-studenti che erano stati attivi nel
Cpf e nel Collettivo Controinformazione Scienza, con i quali elaborammo
documenti sugli effetti delle esplosioni nucleari, intervenimmo in numerose
scuole, e organizzammo incontri cittadini.
Per concludere l'excursus sugli Euromissili, dal 1985 si svolsero nuovi
negoziati, conclusi dalla firma dello storico trattato INF ( Intermediate Nuclear Force Treaty), siglato nel dicembre 1987 nel
corso del summit di Washington tra R. Reagan e M. Gorbacëv: quel
trattato che nel 2019 Trump ha unilateralmente disdetto.
Conclusioni
Penso che non sia necessario tirare conclusioni dettagliate, il senso di
questa mia ricostruzione dovrebbe risultare chiaro dai vari commenti alla
successione e alle modalità degli avvenimenti, e delle lotte. Fino dai
primi anni Settanta si è andata formando in Italia una corrente
dell'ambientalismo con una netta impostazione di classe. Secondo la mia
esperienza diretta, dall'interno di questi movimenti, la sensibilità
per i problemi ambientali, con questa impostazione radicale, ebbe origine
dalle lotte operaie per la salute e contro i fattori nocivi del ciclo
produttivo in fabbrica, che poi si estese e dilagò dalle fabbriche al
territorio, imprimendo questa radicalità ai movimenti popolari. Con
questa impostazione le lotte non riguardavano la semplice protezione
dell'ambiente, ma reclamavano una trasformazione radicale della produzione,
individuavano concretamente nel profitto capitalistico la radice dello
sfruttamento sia dell'Uomo che delle risorse e dell'ambiente, contenevano
quindi una progettualità di trasformazione della società e del
modo di produrre.
Questo carattere radicale e complessivo produsse una forte saldatura delle
molteplici componenti sociali, dai movimenti femministi, a quelli pacifisti
e antirazzisti, a quelli antinuclerai, a quelli per una riforma sanitaria
universale, a quelli antipsichiatrici: un ciclo di lotte che non si
arrestò davanti alla crisi energetica e alla progressione autoritaria
che stava avanzando nel paese, anzi prese ulteriore vigore da queste per
rivendicare un cambiamento radicale, e culminò nelle grandi conquiste
raggiunte significativamente nel 1978, in rapida successione: il 13 maggio
la "Legge Basaglia", n. 180, che impose la chiusura dei manicomi e
regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i
servizi di igiene mentale pubblici; il 22 maggio la legge n. 194 che
depenalizzò e disciplinò le modalità di accesso all'aborto;
il 23 dicembre la legge 833 che istituì il Servizio Sanitario
Nazionale (SSN). Per il tema di questo articolo è importante ricordare
che la Riforma Sanitaria metteva in primo piano la prevenzione, primaria e
secondaria: quest'ultima interveniva negli stadi iniziali e preclinici
della malattia, sui comportamenti e nell'educazione alla salute, ma il
presupposto era che fosse preceduta e affiancata dalla prevenzione primaria, consistente nella tutela dell'ambiente,
l'individuazione e la bonifica delle cause di inquinamento di aria e suolo,
territorio e ambienti di vita e di lavoro. Si realizzava così
concretamente la saldatura fra le lotte operaie per la tutela della salute
in fabbrica, e le lotte sul territorio.
Queste conquiste finirono sotto attacco quando i movimenti di lotta
declinarono e si frammentarono perdendo la loro forza e compattezza. La
Riforma Sanitaria era fra le più avanzate in Europa e nel mondo, ma
era stata strappata in un momento di crisi politica e i movimenti la
vedevano come una conquista incompleta, da integrare e realizzare per molti
aspetti: ho citato il numeri di Sapere del gennaio 1980 con la
sintesi del dibattito in Redazione su "Lotte sulla salute: come si
ricomincia?", e in numero di Rossovivo di luglio-agosto 1980 con
un dossier "Lo svuotamento della Riforma Sanitaria" . Queste spinte furono
purtroppo vanificate dalla sconfitta dei movimenti, e negli anni successivi
la 833 venne progressivamente stravolta e smantellata pezzo per pezzo.
Qui voglio ricordare un passo cruciale di quello smantellamento, quando nei
primi anni Novanta gli "Amici della terra" (Associazione ambientale in
realtà amica degli inceneritori, degli aeroporti, ecc.) presentarono
un quesito referendario per la separazione delle competenze ambientali da
quelle sanitarie, in cui si chiedeva: il Si per separare l'ambiente dalla sanità! Era l'obiettivo
preciso per cancellare definitivamente l'impronta, per quanto ormai
sbiadita, delle lotte operaie sui problemi della salute e dell'ambiente. Il
18 aprile 1993 gli italiani votarono (ci fu l'83% di partecipazione) 8
quesiti referendari (fra i quali l'approvazione del sistema maggioritario
per l'elezione del Senato) e il responso fu di 8 "SI".
Il referendum per separare l' ambiente dalla sanità ottenne
l'82,57% di SI e il 17,43 di NO
[36]
. Tutte le competenze ambientali venivano sottratte al SSN, la tutela della salute veniva separata dalle condizioni ambientali
, dal controllo e dalla tutela di tali condizioni, che pure hanno un
impatto decisivo sulla salute. Nacque il sistema delle Agenzie ambientali
SNPA (un'Agenzia ha una funzione ben diversa da un servizio sociale), che
comprende una Agenzia nazionale, ISPRA (ex ANPA, ex APAT) e le agenzie
regionali (ARPA) e quelle delle due province autonome (APPA).
Ringraziamenti
Sono in primo luogo debitore di una discussione con Saverio Craparo e
Roberto Livi, ex-studenti del Comitato Politico di Fisica, in cui mi hanno
rinfrescato molti degli eventi che riporto nella prima parte di questo
scritto.
Ringrazio poi Giorgio Ferrari per varie osservazioni e commenti su tanti
aspetti delle lotte degli anni Settanta, su Dario Paccino, e le prime lotte
antinucleari.
Ringrazio poi Gennaro Avallone e Emanuele Leonardi per avere gentilmente
verificato le osservazioni che ho espresso all'inizio di questo lavoro su
alcuni loro lavori sugli sviluppi dell'ecologia politica in Italia, e
avermi suggerito anche rettifiche e correzioni di tiro.
Ringrazio Luigi Piccioni per alcune osservazioni e informazioni relative
alla "svolta" del 1973 che mi hanno consentito di precisare meglio il mio
pensiero.
Infine non posso mancare di ringraziare i compagni della redazione di Altronovecento per l'accoglienza di questo lavoro e la
preparazione di questo dossier.
[1]
. Non mi soffermo, e sarebbe qui fuori luogo, sui predenti di
rinnovamento del marxismo negli anni Sessanta, che in qualche modo
prepararono il terreno di alcune componenti della contestazione del
'68 e delle lotte operaie che seguirono: le elaborazioni di Raniero
Panzieri sull'uso capitalistico delle macchine nel neocapitalismo e
la centralità della fabbrica nella lotta di classe, il ruolo
che con lui dal 1962 ebbero i Quaderni Rossi, pur nella loro storia
contrastata, o parallelamente i Quaderni Piacentini.
[2]
. Si veda il numero monografico della rivista Medicina Democratica, "Luigi Mara e Medicina Democratica:
la stagione del modello operaio di lotta alle nocività", n.
237-239, interventi del Convegno svoltosi a Milano il 20.10.2018.
[3]
. Michele Citoni e Catia Papa, "Sinistra ed ecologia in Italia
1968-1974", Quaderni di "altronovecento", N. 8, 2017.
[4]
. E. Leonardi, Lavoro Natura Valore. André Gorz tra marxismo e
decrescita, Orthotes, Napoli-Salerno, 2017.
[5]
. D. Paccino, L'imbroglio ecologico, ombre corte, Verona,
2021 [1972].
[6]
. E. Leonardi, op. cit., pp. 92-93.
[7]
. Ma la corrispondenza del 1971-72 fra Paccino e Nebbia pubblicata
su "altronovecento" prova la loro intensa interazione: "Ecologia e
lotta di classe. Una corrispondenza tra Giorgio Nebbia e Dario
Paccino, 1971-1972", di Luigi Piccioni (a cura di). Inoltre una
viva ricostruzione del percorso intellettuale e dell'impegno
politico di Dario Paccino è presentato proprio da Giorgio
Nebbia, "L'imbroglio ecologico ha quarant'anni", La Gazzetta del
Mezzogiorno, 12 settembre 2012,
https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/analisi/395929/limbroglio-ecologico-ha-quarantanni.html
.
[11]
. Ne parlai in un articolo su Sapere sul tema della
didattica, "Qualche esperienza concreta", n. 802, luglio 1977, pp.
54-56.
[12]
. Per un'analisi dettagliata dell'insieme dei movimenti che
portarono alla Riforma Sanitaria n. 833 rinvio all'articolo molto
bello di Chiara Giorgi e Ilaria Pavan, "Le lotte per la salute in
Italia e le premesse della Riforma Sanitaria. Partiti, sindacati,
movimenti, percorsi biografici, 1958-1978", Studi Storici,
2, pp. 417-455, 2019.
[13]
. Si veda ad esempio Sapere, Collettivi Scienza per il
Vietnam, n. 772, Giugno 1974, p. 56.
[14]
. S. Ciliberto, S. Craparo, G. Del Fante, R. Livi, M. Lugli, M.
Pettini, A. Politi, A. Raspini e L. Vallerini,
I Nucleodollari. Costi e rischi dell'energia nucleare in
Italia, Le alternative possibili
, CP Editrice, Firenze, 1977.
[15]
. Angelo Baracca, Saverio Craparo, Roberto Livi, Stefano Ruffo,
"The Role of Physics Students at the University of Florence in the
Early Italian Anti-nuclear Movements (1975-1987)",
https://www.openstarts.units.it/bitstream/10077/15343/1/Nuclear_Italy-14-Baracca.pdf
: in E. Bini e I. Dondero (a cura di),
Nuclear Italy An International History of Italian Nuclear
Policies during the Cold War
, EUT Edizioni Università di Trieste, 2017.
[16]
. Note per la preparazione di un convegno sulla ricerca, Censis
Quaderni, pagg. 56, dicembre 1974.
[17]
. Conservo gelosamente il registro delle mie lezioni dell'a.a.
1977-78, iniziate con due ore di discussione generale con gli
studenti, seguite dal collaudo delle apparecchiature e dei metodi
di campionamento, poi si cominciò ad andare nelle fabbriche.
[18]
. Non è questa la sede per dilungarmi, ma mi sembra anche una
modesta testimonianza dell'intraprendenza che c'era in quegli anni
e anche del precoce interesse per i temi ambientali. Nel 1972 ebbi
il compito di tenere le esercitazioni di Fisica per gli studenti di
Scienze Biologiche. Ritenendo che lo svolgimento alla lavagna di
problemi di fisica risultasse piuttosto noioso, proposi al titolare
del corso, che fu disponibile, di fare una sperimentazione (avevo
fatto a Milano un laboratorio del 4o anno nel quale si
doveva progettare e sperimentare un'apparecchiatura): scegliere un
tema specifico, approfondirlo e portare gli studenti a progettare e
realizzare un'apparecchiatura rudimentale. La scelta era di
progettare un misuratore della concentrazione di polveri sottili
nell'ambiente. Così io sviluppai la dinamica dei fluidi,
descrissi il principio di un semplice misuratore di flusso, gli
studenti calcolarono le caratteristiche, disegnarono l'apparecchio
e cercarono a Firenze un vetraio capace di realizzare un piccolo
tronco di cono di vetro sottile con quelle caratteristiche. Lo
taraono. L'ultima lezione delle esercitazioni fu la sperimentazione
del funzionamento dell'apparecchio. Fu un'esperienza molto
gratificante, non solo per me, quegli studenti affrontarono
quell'innovazione con un entusiasmo che non avrebbero certo
dedicato alle ordinarie esercitazioni, e anni dopo conservarono
impresso il ricordo.
[19]
. Anche di questo corso conservo il registro delle lezioni e degli
interventi, le discussioni, le riunioni della commissione mista
docenti-operai-studenti, che complessivamente coprirono circa 50
pomeriggi per il totale delle 150 ore: vennero trattati nozioni
introduttive di base, e problemi ambientali, come l'inquinamento in
generale, le materie plastiche, il Pvc, gli effetti nocivi del
piombo, i fumi.
[20]
. A. Ross, "Vita e lavoro nell'epoca del cambiamento climatico", in
F. Chicchi e E. Leonardi, Lavoro in Frantumi, Ombre Corte, Verona
2011, p. 31.
[22]
. E. Tiezzi, Tempi storici, tempi biologici, Garzanti,
1986.
[23]
. G. Nebbia, La contestazione ecologica. Storia, cronache e narrazioni,
La Scuola di Pitagora, Napoli 2015, p. 102. Anche G. Nebbia,
"Scritti di storia dell'ambiente e dell'ambientalismo, 1970-2013",
A cura di L. Piccioni, Quaderni di Altronovecento, n. 4,
2014, p. 135: ringrazio Luigi Piccioni per avermi segnalato alcune
specificazioni di Giorgio Nebbia che mi hanno consentito di
precisare meglio questo punto e il mio pensiero.
[24]
. A. Baracca, "Legare il sapere ai bisogni concreti che emergono
dal movimento", Sapere, n. 797, gennaio-febbraio 1977, pp.
50-51.
[25]
. Non sono in grado di ritrovare alcuni, pochi numeri.
[26]
. Il 23 novembre 1980 un violento terremoto devastò il Sud, ci
furono 2.735 morti, 9.000 feriti, 400.000 sfollati. Riassumo da una
mail di Vincenzo Miliucci del 23.11.2000, ecologia sociale
: In tutta Italia si attivò una straordinaria gara di
solidarietà popolare, vista l'inadeguatezza e i ritardi degli
aiuti di Stato. Tra i moltissimi che vi presero parte, Radio Onda
Rossa e i Comitati Autonomi Operai di Roma costituirono il Centro
di Solidarietà Proletaria fin dalle prime ore della tragedia.
La catena di solidarietà prese avvio seduta stante: la radio
mise a disposizione il suo conto bancario per le sottoscrizioni, i
Comitati Autonomi Operai svuotarono 4 sedi in via dei Volsci per
ricevere gli aiuti. Ininterrottamente, per 3 giorni in via dei
Volsci una miriade di persone portò di tutto: dai generi
alimentari a quelli sanitari, vestiario pesante, coperte, sacchi a
pelo, scarponi, stivali, tende, brandine, lampade, gruppi
elettrogeni. Il 27 novembre giunsero a S. Andrea di Conza 60
compagne/i con al seguito 8 camion e 2 pulmini. Erano i primi
soccorsi che arrivavano, fu attrezzata la cucina che diede da
mangiare a 1200 persone compresi i pochi militari inviati sul posto
senza mezzi. Il 9 dicembre fu inaugurato il "baraccone in legno"
che ospitava la mensa e il Centro Sociale; in un convento
abbandonato per il sisma fu attrezzato un pronto soccorso
presidiato da medici e infermieri; la rete elettrica fu
ripristinata dagli operai elettricisti Enel giunti volontari da
Roma e Catanzaro. Ben presto i volontari denunciarono ammanchi e
ruberie da parte dell'amministrazione locale, del governo Regionale
e Nazionale: "Terremoto, un affare da 40.00 miliardi", i
soccorritori furono fatti oggetto dal sindaco DC, dai CC e dagli
inquirenti, di discriminazioni e ostacoli, fino all'atto finale dei
"57 fogli di via" da parte del Questore di Avellino in data 24 e 25
dicembre! I volontari, nel caso autonomi divenuti beniamini della
popolazione, dovevano essere cacciati perché in grado
smascherare le magagne, nelle zone terremotate non ci dovevano
essere occhi indiscreti. Solo nel giugno 1981 al TAR di Napoli i
denunciati ebbero partita vinta "con la revoca dei fogli di via, in
quanto illegali". La strage dei terremotati del Sud fu il grande
business per la DC e la camorra, che con le decine di migliaia di
miliardi della ricostruzione aumentarono a dismisura i loro poteri
e traffici. Le inchieste, i processi e le condanne postume non
scalfirono questo malaffare.
[27]
. La figure e il ruolo di Paccino meriterebbero una trattazione
particolare: Dario era stato partigiano nelle brigate Matteotti;
fatto prigioniero e torturato dai fascisti, tornò libero in
seguito ad uno scambio di prigionieri; il 25 aprile del 1945 era a
Torino a scrivere le cronache della liberazione per l' Avanti! di cui fu redattore per molti anni, divenendo al
tempo stesso stretto collaboratore di Rodolfo Morandi. Nel
dopoguerra, oltre che per l'Avanti!, scrisse anche per Comunità (rivista della fondazione Pirelli, polo
attrattivo di giornalisti e intellettuali come Riccardo Bacchelli,
Antonio Cederna, Piero Ottone, Franco Fortini), Paese Sera, Italia Domani (settimanale politico e di
costume, dove collaborarono, tra gli altri, Carlo Cassola, Antonio
Giolitti, Aldo Capitini, Italo Calvino). Così lo descrive
Giorgio Ferrari (che ringrazio per queste note), per molti anni suo
amico e collaboratore: "Alcuni mesi dopo la sua morte, sfogliando i
suoi appunti per un diario mai scritto, notai questa sua
riflessione:
"… questo tessuto economico ha cambiato tutto.
Incominciai come politico militante e critico teatrale, son
finito naturalista.".
Ed era così in fondo, ma con una densità di pensiero e di
critica dell'esistente che meriterebbe assai più di queste
poche righe". Rimando qui a un commosso ricordo di Peppe Sini, "Per
Dario Paccino, a quindici anni dalla scomparsa", Il Popolo Veneto, 4 giugno 2020,
https://www.ilpopoloveneto.it/notizie/politica-attualita/2020/06/04/102864-per-dario-paccino-a-quindici-anni-dalla-scomparsa.
[28]
. Laura Conti, Federico Butera, Giorgio Pizziolo e Rita Micarelli,
Andrea Poggio, Gianni Mattioli e Massimo Scalia, Ricardo Basosi,
Marcello Cini, Antonino Drago, Walter Ganapini, Alberto L'Abate,
Tiziano Pera, Ermete Realacci, Gianni Silvestrini, Enrico Testa, e
altri.
[29]
. A. Baracca e E. Tiezzi (a cura di), Entropia e Potere, Materiali
di Testi e Contesti, Clup-Clued, Milano, 1981.
[30]
. A. Baracca, "Contro Prigogine", intervento al Convegno "Energia,
Ambiente e Trasformazioni Ambientali", Palermo, 18-21 settembre
1981, p. 27-39.
[31]
. Per una ricostruzione dei Piani Energetici Nazionali, dalla
designazione delle localizzazioni delle centrali nucleari, e dei
movimenti di opposizione popolare che si svilupparono, si veda ad
esempio, Giorgio Nebbia, "La storia del nucleare non depone a suo
favore", in V.Bettini e G. Nebbia (a cura di), Il Nucleare Impossibile, pp. 3-18, UTET, 2009.
[32]
. A. Camporeale e V. Gallo (a cura di), Quando il Molise fermò il nucleare, Cheti,
Solfanelli, 2019.
[33]
. Ilya Prigogine, La nuova alleanza, Longanesi, Milano, 1979; Ilya
Prigogine e Isabelle Stengers, La nuova alleanza. Metamorfosi della
scienza, Einaudi, Torino, 1981: il primo era una raccolta
disordinata di articoli, alcuni specialistici con complesse formule
matematiche, il secondo invece era molto più serio e
sistematico, ma uscì quando l'interesse stava per spegnersi!
[34]
. La successione degli articoli fu: Gianluca Bocchi,
"L'arricchimento della natura", e Mario Galzigna, "Il gioco delle
perle di vetro", Alfabeta, p. 4-7, novembre 1981. A. Baracca e A.
Vulpiani, "Contro l'esaltazione per le idee di Prigogine",
Alfabeta, n. 37, p. 7-8, giugno 1982. Antonio Signorino, "Per
Prigogne", Alfabeta, n. 41, ottobre 1982. A. Baracca e A. Vulpiani,
"Otto punti", Alfabeta, n. 44, p. 23, gennaio 1983. V. anche
A.Vulpiani, "Qualche osservazione sulla nuova dinamica di Ilya
Prigogine", Testi e Contesti, n. 7, maggio 1981.
[35]
. Michelangelo De Maria e Giorgio Parisi, "Scienza e Guerra", Testi e Contesti, n. 7, pp. 19-22, maggio 1082.