Marescotti e Tussi: Come ti sei avvicinato all'ecologia? Che tipo di
esperienze hai fatto da ragazzo per capire che l'ecologia era strategica
per la politica?
Bettini: All'ecologia mi sono avvicinato da ragazzo nel confrontarmi con la
situazione ambientale del paese in cui sono nato ed in cui ho vissuto per
tutta la mia giovinezza, Nova Milanese, ai margini dell'area metropolitana
milanese. I fondamenti dell'ecologia del paesaggio della pianura mi sono
stati indicati da mio nonno Biagio, il quale mi conduceva per la campagna,
segnalandomi il significato delle aree agricole diversificate tra colture
di grano, mais, prati, risaie, filari di gelsi con una forte presenza di
canalizzazioni provenienti dal Canale Villoresi. Un approccio che si è
ulteriormente approfondito nel corso delle vacanze liceali, quando lavoravo
come manovale presso la Cava Spizzi, dalla quale si estraeva materiale per
le nuove costruzioni e la nuova urbanizzazione e sul cui utilizzo non vi
era alcuna indicazione di tipo programmatico e pianificatorio. Mi chiedevo
in continuazione come i cambiamenti in corso non tenessero conto delle
continue violazioni a carico del paesaggio e le ragioni per cui non
esistesse alcun intervento politico in merito.
Marescotti e Tussi: Che studi hai fatto e che percorso politico hai
seguito?
Bettini: Il mio primo pensiero da bambino era stato quello di fare il
sacerdote, di andare a prete insomma. Sono stato per 3 anni, dalla quinta
elementare alla seconda media nel preseminario di Masnago (Varese),
comprendendo che non era quella la mia vocazione. Dalla terza media alla
prima liceo classico sono stato educato al Collegio Ballerini di Seregno,
passando poi al Liceo Statale Cesare Beccaria di Milano. Nel frattempo il
mio interesse si era rivolto alla medicina. Volevo diventare medico per
poter lavorare nei paesi del terzo mondo ed affrontare le problematiche
sanitarie delle popolazioni sottosviluppate, ma anche questo sogno
svanì nel momento in cui mi resi conto che la medicina mi interessava
in quanto l'uomo era molto condizionato dall'ambiente in cui viveva e che
forse la qualità ambientale doveva avere la precedenza sulla
qualità sanitaria. Per caso, grazie ad un mio amore del momento,
assistetti ad una lezione di Lucio Gambi, il grande geografo. Ne fui
fulminato. Mi laureai con lui in geografia umana, con una tesi sul Parco di
Monza e le sue trasformazioni, diventando suo assistente e tenendo il corso
di ecologia umana e del paesaggio alla Università Statale di Milano.
Nel frattempo il mio percorso politico era diventato quello del partito
socialista.
Marescotti e Tussi: Ci sono episodi particolarmente importanti che hanno
cambiato il tuo modo di vedere il mondo e che hanno segnato le tue scelte?
Bettini: Episodi importanti non ve ne sono stati. L'incidente di Seveso
sarebbe avvenuto più tardi ... Sono stato segnato dalla verifica del
quotidiano, dai molti viaggi per l'Italia, l'Europa e le Repubbliche
Socialiste, tra il il 1961 ed il 1967.
Marescotti e Tussi: Come hai conosciuto Barry Commoner?
Bettini: Ho conosciuto Barry grazie al fatto di averlo incontrato nel corso
di un Seminario negli States nel 1970, nel corso del quale egli
accennò al suo testo da poco pubblicato "The closing circle". Un vero
testo di ecologia umana che traducemmo in italiano per Garzanti (Il cerchio
da chiudere, 1972), dopo che, con lo stesso editore, nel 1971, era stato
pubblicato il testo di Max Nicholson, "La rivoluzione ambientale", cui
avevo aggiunto una breve appendice dal titolo "La rivoluzione ambientale in
Italia" (p.263-264). Max Nicholson era allora una delle autorità
mondiali in campo ecologico. Il testo di Commoner ottennne il premio Cervia
Ambiente nel 1973. Con Barry Commoner pubblicammo, da Feltrinelli (1976),
"Ecologia e lotte sociali. Ambiente, popolazione, inquinamento", un testo
che aveva una specifica appendice su Seveso. Sempre da Garzanti fu
pubblicato, nel 1980, lo splendido libro di Barry Commoner, "La politica
dell'energia". L'unica strategia possibile per sopravvivere all'attuale
crisi del petrolio ed a quella futura dell'uranio, al quale fu aggiunta
un'appendice, firmata da me e da Giorgio Nebbia, dal titolo "Nessuna
politica energetica in Italia". La nostra conoscenza personale, la nostra
amicizia e solidarietà su questi temi si rafforzò nel corso di
congressi ed a seguito dell'incidente di Seveso.
Marescotti e Tussi: Quale influenza ha avuto sulla tua formazione?
Bettini: Sono stato commoneriano per il resto della vita.
Marescotti e Tussi: "Ecologia e lotte sociali. Ambiente, popolazione,
inquinamento" edito da Feltrinelli (1976), un manuale di storia
ecopacifista e di denuncia di eventi inquinanti clamorosi che ledono la
salute delle persone, come nel caso di Seveso. Vuoi parlarne?
Bettini: Potrei forse aggiornarlo, per ora preferisco che, chi ancora non
l'abbia letto, lo legga presto e ci faccia le proprie considerazioni in
rapporto a molti eventi successi dopo il 1976.
Marescotti e Tussi: Come si rapporta il disastro ambientale provocato
dall'Icmesa di Seveso con il caso Ilva di Taranto?
Bettini: Non ho mai comparato i due eventi, anche perché, dal punto di
vista della struttura, della localizzazione e della situazione urbanistica
non si può certo parlare di una comparazione possibile. Sono
indubbiamente due fatti significativi che dovrebbero molto insegnare alle
popolazioni che sono interessate da simili impianti in tutto il paese.
Marescotti e Tussi: Tu sei uno dei fondatori in Italia dell'ecopensiero.
Quali altri compagni di viaggio hai avuto?
Bettini: Il mio vero, unico compagno di viaggio è stato Giorgio
Nebbia, chimico, professore di merceologia all'Università di Bari.
Marescotti e Tussi: Allora tu eri marxista. Lo sei ancora?
Bettini: Sì, lo sono ancora...
Marescotti e Tussi: Con Commoner siete stati in Vietnam, per quale motivo?
Bettini: Volevamo semplicemente far capire quale fosse il disastro
ambientale dovuto ad una guerra che aveva riempito di diossina gran parte
del territorio vietnamita.