All'inizio pensavo di fare il medico,
poi mi sono messo a fare il geografo
perché mi piaceva di più, diciamo, il terreno
su cui la gente mette i piedi che il modo
in cui la gente muove i piedi.
Ho incontrato per la prima volta Virginio Bettini durante il mio percorso
di laurea triennale: era la fase conclusiva della ricerca di tesi, dedicata
al movimento ambientalista italiano e alla storia della rivista "Nuova
Ecologia"[1]. L'incontro si
svolse nel suo ufficio di professore universitario, a Venezia, un
pomeriggio del 22 ottobre 2011. Il dialogo che ne seguì fu volto a
ripercorre le tappe che portarono alla nascita del mensile, furono
tracciate alcune traiettorie dei protagonisti di quell'esperienza
editoriale, rievocati gli ideali e le motivazioni sottesi all'attività
di allora e allo stesso tempo venne effettuato un bilancio dell'esperienza
che fu. Per una sua decodifica è fondamentale considerare il rapporto
di triangolazione tra presente e passato, che nel tempo trascorso individua
una lente attraverso la quale guardare e interpretare l'esperienza
professionale e politica svoltasi in gioventù [2]. Oggetto del dialogo sono
in particolar modo gli anni Settanta e Ottanta: vengono tracciate linee di
continuità e rottura tra l'esperienza della rivista "Ecologia",
pubblicata tra il 1971 e il 1973, il fervore del movimento studentesco, la
nascita di "Nuova Ecologia" nel 1978 e di Legambiente nel 1980.
Gli spunti di riflessione e analisi offerti dalle parole di Bettini sono
molteplici. In primo luogo emerge una pluralità prospettica rispetto
al modo in cui allora sì guardò all'ambiente e alla sua tutela:
da una parte un ambientalismo sociale ispirato alla lezione di Barry
Commoner, dall'altra un approccio protezionista volto a considerare
l'ambiente naturale slegato da quello antropico, o ancora una visione
tecnicista adottata senza mettere in discussione il modello
economico-produttivo del tempo.
In secondo luogo è delineato il profilo di un attivismo ecologista in
cui professione e politica si incontrano e sovrappongono. È questa una
forma di militanza caratterizzante gli anni della contestazione giovanile:
la novità non consisteva tanto nella partecipazione politica del
professionista, quanto nel fatto che tale partecipazione fosse declinata
attraverso l'utilizzo critico del sapere di cui questi era detentore.
Così Bettini spiegava che "l'elemento cementante" nel gruppo di "Nuova
Ecologia" era consistito nell'impegno prestato da ognuno all'interno del
suo mestiere: "il chimico perché voleva occuparsi di questa materia,
l'agronomo [...] e quello che studiava ingegneria" [3].
Non positivo è infine il bilancio sull'operato di Legambiente e dei
Verdi. In entrambi i casi Bettini individua le maggiori criticità
nell'emergere di particolarismi e opportunismi di una politica che si fa
professione: "Io dicevo sempre "Ragazzi, dovete avere un lavoro". Io mi
posso permettere di dire quello che penso perché sto
all'Università, che è il mio lavoro". Lo sguardo sul presente,
quello in cui avviene l'intervista, è d'altra parte propositivo e
costruttivo: nel movimento per la decrescita viene individuata, se non
un'eredità, uno dei contesti più significativi in cui incanalare
l'azione ambientalista nel futuro.
L'interesse del dialogo qui di seguito riportato risiede, oltre che nella
statura intellettuale e umana di Bettini stesso, forse anche nella
possibilità di offrire un ulteriore sguardo sulla galassia del
movimento ambientalista italiano. Diversamente, per un più completo
bilancio storiografico di quella stagione politica, si rimanda al
contributo di quanti hanno scardinato la dicotomica opposizione tra
decennio Settanta e Ottanta, restituendo uno sguardo di lungo periodo sui
movimenti sociali del secondo Novecento [4]. Interessante
altresì l'angolatura prospettica offerta dai più recenti studi
sulla deindustrializzazione, che svelano l'impatto sanitario e umano
derivato da un modello di sviluppo sconsiderato e al tempo stesso le
difficoltà di vari soggetti politici e sociali nel costruire una
memoria condivisa del passato [5].
- - -
Davigo: La prima domanda riguarda proprio "Ecologia". Mi domando cosa lei
si ricorda della rifondazione, della rinascita avvenuta con "Nuova
Ecologia". Lei in un suo articolo definiva "Ecologia" come "una babele
tolemaica"[6], quindi non
esisteva una reale comunione di intenti tra giornalisti che componevano la
redazione. "Nuova Ecologia" nasceva invece all'insegna di un ideale comune
molto più forte...
Bettini: Sì. Con "Ecologia" avevo cercato di impostare alcuni concetti
fondamentali che riguardavano anche il modo scientifico di interpretare le
problematiche ambientali. Quello che era importante all'inizio degli anni
Settanta era di far capire che non tutto si sarebbe potuto risolvere con
l'utilizzo delle tecnologie nell'ambito ambientale. Quindi vedere qual era
l'intervento tecnologico adeguato e accettabile, e quali erano invece delle
soluzioni che avrebbero portato semplicemente ad avviare delle
attività che portavano dei profitti anche all'interno
dell'attività ambientale. Soprattutto per quanto riguardava il settore
della depurazione, dell'abbattimento degli inquinanti atmosferici e della
depurazione dell'acqua e dell'aria. La questione di carattere ambientale
direi era un pochettino più marginale, nel senso che lì ci
occupavamo di qualche parco nazionale, ma non era ancora arrivato il
concetto di quello che poi abbiamo chiamato "landscape ecology", cioè
dell'ecologia di paesaggio all'interno di una dimensione scientifica. Il
discorso scientifico che mi interessava era soprattutto di chiarire la
tematica riguardo il trattamento dell'acqua e dell'aria rispetto agli
interventi di carattere di risanamento. Difatti "Ecologia" nasce
all'interno di una struttura editoriale che faceva capo a una persona che
era un ingegnere del Politecnico, il quale appunto aveva organizzato questo
tipo di rivista, che doveva essere il luogo di discussione soprattutto
attorno alle tematiche scientifiche e tecnologiche applicate alla questione
ambientale. Ora, il problema, la grossa questione, è nata dal fatto
che sembrava, almeno queste erano le posizioni di alcuni, che la tecnologia
avrebbe risolto tutto. Io non ci credevo sostanzialmente. Vengo da una
formazione... All'inizio pensavo di fare il medico, poi mi sono messo a
fare il geografo perché mi piaceva di più, diciamo, il terreno su
cui la gente mette i piedi che il modo in cui la gente muove i piedi.
Quindi il problema era quello di mettere insieme tutti i parametri, e
questo è stato abbastanza difficile perché poi in pratica chi
pubblicava la rivista la pubblicava anche sperando di avere un contributo
pubblicitario, anche da chi produceva sistemi di trattamento di controllo
degli impianti. Questo è stato un grosso problema, è stata una
delle ragioni per cui "Ecologia" è decaduta come struttura,
perché con il tipo di ragionamento, il tipo di analisi che facevamo,
noi sicuramente non eravamo troppo graditi dagli industriali del settore
imprenditoriale che stava occupandosi dei problemi ambientali. Quindi ad un
certo punto la cosa si è chiusa passando ad un'altra rivista che
è stata "Acqua & Aria", che io ho diretto praticamente sino alla
prima metà degli anni Novanta, fino al '98-'99 [7]. […] Questo è
stato il proseguire di "Ecologia", come è nata, e in che direzione
è andata. Poi invece abbiamo avuto la nascita di "Nuova Ecologia", che
è stata presa in mano da alcuni ragazzi che io ho conosciuto proprio
alla fine degli anni Settanta andando a fare delle lezioni in un liceo di
Milano. Lì ho conosciuto appunto quello che è stato il direttore
di "Nuova Ecologia", che è Andrea Poggio, che ora è in
Legambiente, e credo che sia il presidente di Legambiente [8]. […] Lui poi è
vissuto sempre con lo stipendio di Legambiente, ed è stato uno di
quelli che ha fondato con me Legambiente. L'abbiamo fatta, io, lui e
Giorgio Nebbia... Poi dopo, rispetto a come loro si sono politicizzati a me
non piaceva molto, e quindi mi sono distaccato dal modo in cui Legambiente
ha mandato avanti certe cose. Perché poi io, stando dentro
un'università, il mio problema era quello di essere il più
possibile dentro una posizione di dissenso, ma non essere condizionati da
nessuna parte. Ci sono stati dei momenti in cui Legambiente ha sostenuto il
Partito Comunista, era praticamente la voce ambientale del Partito
Comunista, e non poteva criticare quelli che la finanziavano. Quindi
Legambiente da parte sua ha avuto anche un momento piuttosto grigio sotto
questo punto di vista, tanto è vero che io poi da Legambiente me ne
sono andato. Anche se poi quando sono stato eletto al Parlamento Europeo,
con i Verdi, per cinque anni ho dato il contributo sempre, tutti gli anni,
a Legambiente, tutti i mesi, attraverso i soldi che mi dava il Parlamento.
Io sono stato lì dall''89 al '94. E c'era oltre a lui, l'altra persona
che ha funzionato in questo senso sia per Legambiente che per la
pubblicazione di "Nuova Ecologia", è stata Ermete Relacci, che adesso
è parlamentare[9].
È stata un rilancio anche a livello politico, la "Nuova Ecologia", per
non parlare di Chicco Testa, che come presidente di Legambiente, poi è
diventato parlamentare anche lui, quando se ne è andato è
diventato presidente dell'Enel, e quando è diventato presidente
dell'Enel ha completamente perso la testa. Testa è diventato un
sostenitore del nucleare scatenato. Io nel mio libro Il nucleare
impossibile, faccio il discorso su Chicco Testa dicendo che non possiamo
[si alza, prende il libro dalla scrivania, e mi legge ad alta voce il passo
cui si riferisce] "uno dei promotori del referendum antinucleare in Italia,
colui che si attribuì il merito di aver spostato il comitato centrale
del PCI a favore del referendum antinucleare, ma che in seguito deve aver
subito una sorta di mutazione genetica … e non vorremmo polemizzare
contro chi per lungo tempo è stato un amico e un interlocutore
credibile, ma notare come senza nessuna documentazione di base Chicco Testa
affermi nel suo libro che le scorie nucleari sono un problema piccolo.
Secondo questi, fino ad oggi, di scorie nucleari non è mai morto
nessuno". […] Questo poi per dire che attraverso "Nuova Ecologia" e
attraverso Legambiente - non si possono scindere le due cose - sono passate
delle persone che hanno fatto una carriera di tipo politico, o di tipo
amministrativo-funzionariale. Io dicevo sempre "Ragazzi, dovete avere un
lavoro". Io mi posso permettere di dire quello che penso perché sto
all'Università, che è il mio lavoro. Nel momento in cui tu hai un
dato scientifico devi iniziare a discuterlo e ridiscuterlo: secondo me
l'Università è il luogo del non consenso. Ogni cosa che io dico
in questo momento, tra trenta secondi devo iniziare a ripensarla per poi
magari contestarla a me stesso. Immaginiamoci poi se sono le cose su
"Science", su "Nature", che sono le riviste che io ricevo tutte le
settimane, che leggo, che valuto e sulle quali discuto. Anche lì, la
mia ipotesi era quella di fare una piccola "Science", piccola "Nature",
ambientale italiana. Non mi è riuscito per tutta questa serie di cose,
perché ciascuno, opportunisticamente è entrato a indirizzare i
propri desideri, la propria voglia di fare o non fare qualcosa.
Davigo: E quindi voi, vi eravate conosciuti... se non sbaglio molti di voi
facevano parte di Italia Nostra.
Bettini: No, non molti ... Del gruppo che poi ha fatto parte di "Nuova
Ecologia" ad esempio ... Se io penso ad un altro che grazie a questo è
entrato, che adesso è consigliere comunale di Milano, ha fatto quattro
mandati come consigliere regionale ... Adesso non mi viene in mente il nome [10] ... Se vai a guardare
il numero di consiglieri regionali Verdi, ha cominciato ... ed è
rimasto praticamente vita natural durante lì. Poi ha smesso, ha
rinunciato al quinto mandato, si è candidato in comune, e il nuovo
sindaco di Milano gli ha dato una responsabilità sulle questioni
ambientali, che lui segue da vicino in una certa maniera. Ed era uno dei
tre, assieme, era uno che lavorava con Andrea Poggio. Andrea Poggio e lui
avevano lavorato molto attivamente per "Nuova Ecologia". In questo contesto
posso dire che "Nuova Ecologia" è stata fondata, formata e mandata
avanti da studenti che ho conosciuto al liceo e che poi ho ritrovato
sostanzialmente all'università. Andrea Poggio studiava ingegneria,
invece l'altro, di cui non ricordo più il nome, mi pareva avesse fatto
chimica, ed era professore in un istituto tecnico.
Davigo: Ma quindi lei era il loro docente universitario?
Bettini: No, io ero docente universitario, ed ero già qui. Io sono
venuto qui all'Università di Venezia, il primo anno accademico è
stato 70/71, ed era esattamente quarant'anni fa. Io facevo geografia,
questi avevano bisogno nel nuovo corso di laurea di urbanistica di una
figura di questo genere, e il mio capo, che era Lucio Gambi, mi ha sbattuto
qua dicendomi "promoveatur ut amoveatur", esci e vai a rompere le palle a
qualcun altro. Questo è stato testualmente il modo con cui mi ha
mandato. [ride] E io sono stato benissimo qua a Venezia, non rimpiango
nulla di questo invio. E loro erano studenti del liceo che ho conosciuto
andando a fare conferenze nel liceo, poi sono diventati universitari, e ci
incontravamo appunto. Un altro era il figlio di Zambrini, il figlio del
professor Umberto Zambrini, lui è ancora in Legambiente, che fa, che
lavora in una certa struttura [11]. Lui era uno studente
di agraria. L'atteggiamento era quello di un gruppo di studenti
universitari che aveva un certo interesse, che aveva il desiderio di
impostare in un certo modo l'analisi ambientale, e che fece con me questa
esperienza di "Nuova Ecologia".
Davigo: Ho capito. E mi chiedevo se l'antinucleare, questione che comunque
è scoppiata in quegli anni, avesse avuto un ruolo, nella coesione tra
di voi.
Bettini: Non lo so se ha avuto un ruolo. Indubbiamente c'è stata una
ragione. Io ho scritto il primo testo edito da Feltrinelli nel 1977, che si
chiamava
Contro il nucleare [12]
. Non so se sia qui, sono molto poche le copie esistenti. […] Poi
dopo nel 1980 ho scritto
Siti impossibili [13]
che testimoniava il fatto di non avere siti adeguati per quello che
riguardava la considerazione dell'impatto ambientale. Dei siti individuali
non ce n'era uno che facendo una valutazione dell'impatto ambientale seria,
diceva, questo è possibile. Poi ho scritto Scorie[14] nel 2006 e ilNucleare impossibile [15] nel 2009. Ma lì,
la questione antinucleare tra di noi raccoglieva abbastanza adesioni,
almeno tra i ragazzi che lavoravano in "Nuova Ecologia", però non era
l'elemento cementante. L'elemento cementante era l'impegno che aveva
ciascuno di loro all'interno della pratica che voleva fare nell'indirizzo.
Il chimico perché voleva occuparsi di questa materia, l'agronomo, il
figlio di Zambrini, e quello che studiava ingegneria. Erano ben tre che
studiavano ingegneria, poi è rimasto solo lui, Poggio. Diciamo che il
nucleare ci ha ulteriormente aggregato, come gruppo, non è stata la
ragione, il motivo. […]
Davigo: E a un certo punto nella rivista si è costituito un comitato
scientifico, ricordo che ne facevano parte Laura Conti, Nebbia...
Bettini: Sì è vero, c'era il comitato scientifico in cui c'era
Laura Conti e c'era anche Nebbia. Erano i nostri garanti dal punto di vista
dell'operatività ... Tanto è vero che molte riunioni le facevamo
anche a casa di Laura Conti, quando lei era consigliere regionale per il
Partito Comunista[16].
Davigo: E quindi il suo ruolo era prevalentemente consultivo?
Bettini: Consultivo e devo dire di indirizzo politico. Anche Giorgio Nebbia
è diventato senatore eletto indipendente nelle liste del PCI. Come del
resto Antonio Cederna ... Antonio Cederna prima di morire, nell''87, è
stato eletto al Senato, ma è stato eletto come indipendente nella
lista comunista, così come ha fatto Nebbia. Io mi ricordo ci vedevamo
a Roma, io Cederna e Nebbia ci trovavamo sempre.
Davigo: Ora vorrei cambiare un po' discorso e farle qualche domanda
più riguardo l'aspetto contenutistico. Ci sono costanti riferimenti
all'interno della rivista, al lavoro e all'idea di Commoner, che se non
sbaglio proprio lei ha tradotto in Italiano...
Bettini: Ecco di Commoner io ho tradotto, insieme al testo principale, che
era il testo originale che era ...
Davigo : Il cerchio da chiudere …
Bettini: Sì, The Closing circle[17]... E poi anche questoFar pace col pianeta [18]. Giorgio Nebbia ha
fatto l'introduzione e poi io ho fatto l'appendice in fondo, l'ultimo
capitolo. […]. Quindi, non solo The closing circle ... Il cerchio da chiudere lo abbiamo tradotto prima per Garzanti,
è stato nel 1971. Non so se qua ho anche Il cerchio da chiudere, ho l'impressione di averlo imprestato a
uno studente.
Davigo: Questo perché, nella bibliografia esistente, di Commoner si
parla nei termini di un biologo marxista...
Bettini: Sì, è stato un biologo marxista molto convinto.
Però sostanzialmente io Commoner lo avevo conosciuto quando lui faceva
il professore all'Università di St. Louis, nel Missouri, lui era
professore e insegnava già queste cose dal punto di vista molto duro
... dal punto di vista ambientale. Io ho sentito una sua lezione quando ho
fatto il dottorato negli Stati Uniti a Stanford e a Berkeley, poi non l'ho
mai finito perché mi sono sposato, e non sono mai più tornato a
discutere la tesi ... Però lì ho sentito lezioni di Eugene Odum,
quello che ha scritto i testi di ecologia fondamentale, la lezione di Barry
Commoner, e insomma, c'è stata tutta una grossa forza di presenza, che
io ho individuato a suo tempo nella figura di Barry, perché affrontava
i temi dal punto di vista ambientale in maniera seria, in maniera sociale,
ponendo le problematiche di carattere politico sociale all'interno delle
formulazioni di carattere ambientale. Non tenendo scostate o distanziate le
due cose. Soprattutto lui dava degli indirizzi molto specifici per quanto
riguardava la comprensione dei sistemi occupati dall'uomo, che prima erano
problemi naturali. Qual era la complessità del sistema naturale
rispetto al sistema antropico, e metteva insieme le due cose, dicendo che
l'unica soluzione era un intervento sociale molto forte, per risolvere
determinati problemi. Barry Commoner è ancora vivo, è del 1915,
ormai ha quasi cento anni ... aveva l'età di mio padre, che è
morto nel '91, aveva solo 76 anni. Ma Commoner ne ha 96 adesso, ed è
lì ancora solido[19].
Ha fatto lezione alla New York University sino all'anno scorso. Una figura
fondamentale. È venuto molte volte in Italia, ha iniziato a venire
dalla pubblicazione, con Garzanti, del Cerchio da chiudere, che ha
vinto il premio, il premio cui in seguito Legambiente è diventata
molto legata, il premio Cervia Ambiente ... Questo nel '71 o nel '72, non
ricordo più quale fosse stato dei due anni, credo fosse il '71. E poi
dopo, Commoner ha avuto un grande ruolo soprattutto nella conferenza di
Stoccolma, del 1972, sulla questione ambientale. Lì, chiaramente, io e
lui ci siamo trovati molto spesso insieme, avevamo fatto dei dibattiti
insieme. Io ero lì, come inviato di "Avvenire" che facevo il resoconto
di tutti i giorni, ma partecipavo anche. Anche Nebbia, Nebbia era nella
commissione, nel gruppo della delegazione italiana, perché era stato
messo dentro appunto dalla sinistra, della delegazione italiana [20]. Che era lì a
discutere della situazione ambientale, in quel contesto. Commoner è
stato proprio la cultura cui noi abbiamo attinto, è stata proprio la
cultura Commoneriana, soprattutto quello che è contenuta nel Cerchio da chiudere. The closing circle è stato
praticamente il riferimento che aveva indirizzato anche l'impostazione
della stessa rivista, e molte volte Commoner scriveva per noi, ci sono
parecchie volte che abbiamo pubblicato anche degli articoli suoi.
Davigo: Infatti è proprio questa l'idea, che gli articoli della
rivista cerchino sempre di ribadire la necessità di un impegno
sociale. Molti sono gli articoli sulla condizione di vita degli operai,
sulla questione delle fabbriche.
Bettini: Sì la questione della fabbrica è una di quelle che
abbiamo collegato insieme a "Sapere" - perché anche "Sapere" è
un'altra rivista che scientificamente si occupava molto della questione del
sociale, e soprattutto le questioni della tossicità all'interno delle
fabbriche stesse, quale era il livello di contaminazione, per quanto
riguardava come gli operai erano contaminati dal PCB, come gli operai erano
contaminati dal mercurio, e avanti di questo passo. Tanto è vero che
quando dopo nel '76 ci fu il disastro dell'Icmesa, Barry Commoner è
venuto in Italia e abbiamo fatto un giro di conferenze, e mi ricordo una
discussione con lui, ho ancora la foto, con la popolazione di Seveso [21]. Quindi in effetti
è sempre stato molto vicino al tipo di impostazione che davamo noi
alle analisi, alle valutazioni ambientali. Soprattutto io, insegnando
allora ecologia in una facoltà di pianificazione che si chiamava
"Facoltà di urbanistica" che era stata fondata da Giovanni Astengo.
Lui era un grande urbanista italiano e noi avevamo la nostra facoltà
che stava fuori in una villa del '700. Eravamo là isolati, ma stavamo
molto bene. In pratica negli anni in cui io avevo iniziato a fare lezione,
dal '72 fino al '76, avevo imposto la lettura del Cerchio da chiudere come elemento di partenza, e lo consiglio
ancora adesso. […]
Davigo: l'idea che mi sono fatta leggendo alcuni articoli di "Nuova
Ecologia", è che ci fosse un sentimento contrario all'idea di un
partito verde. Questo devo dire soprattutto all'interno degli articoli di
Poggio.
Bettini: Sì, Poggio è sempre stato contrario al partito verde,
infatti non è mai entrato. Anche se poi quando i Verdi sono nati un
certo contributo l'hanno dato. Io poi con i Verdi ho fatto una scissione
... Io sono stato eletto con i Verdi Arcobaleno, perché ritenevamo che
i Verdi avessero poca attenzione alle tematiche sociali di tipo
commoneriano. Tanto è vero che poi sono nati i Verdi Arcobaleno [22], che erano una sintesi
tra i Radicali, una parte di Democrazia Proletaria, e poi c'eravamo noi
Verdi in scissione. C'eravamo: io per i Verdi che si erano staccati, Edo
Ronchi per Democrazia Proletaria, e poi avevamo "il Piacione" [23] per quanto riguarda i
Radicali.
Davigo: E mi ricordo, di Poggio, alcuni editoriali - e l'editoriale
contribuisce in maniera abbastanza netta alla linea del giornale.
Bettini: Sì ma in effetti il direttore poi si può dire che era
lui, il direttore della "Nuova Ecologia". E lui come direttore di "Nuova
Ecologia" è entrato in Legambiente, tra quelli assoldati da
Legambiente.
Davigo: In un editoriale lui parlava addirittura di porre i presupposti per
una ricerca teorica nuova all'interno del marxismo. Contro l'idea di un
ecologismo che andasse a svilupparsi in maniera trasversale rispetto alla
destra e alla sinistra.
Bettini: In effetti è vero, c'era questo ideale di sinistra ribadito,
ma c'era l'idea di non entrare all'interno delle strutture politiche
già esistenti, cioè vedere se a un certo punto si poteva
individuare qualcosa di diverso. Allora ci sono stati chiaramente i
socialisti si son guardati bene dall'interessarsi al nostro tipo di
indirizzo, mentre la parte dei cosiddetti gruppi extraparlamentari e dei
comunisti un interesse c'è sempre stato. Era il tentativo di dare un
indirizzo politico completamente diverso che poi dopo non siamo riusciti a
formulare, in pratica. Perché poi io ho accettato la soluzione della
proposta dei Verdi, ho visto però che erano molto conservatori
rispetto a una determinata formula, che non prendevano posizione politica,
allora io ho pensato che fosse utile fare un indirizzo. Poi c'è stato
un indirizzo che ha portato alcuni miei soci, come Edo Ronchi e come il
caso del Piacione, Rutelli, e come abbiamo avuto queste posizioni a livello
parlamentare europeo, hanno voluto la riconciliazione con i Verdi per poter
diventare operatori in quella direzione. Tanto è vero che poi dopo
Rutelli è diventato sindaco di Roma, ed Edo Ronchi è diventato
ministro. Quindi anche qui c'è stato un utilizzo a fine politico, a
proprio conto, degli ideali complessivi e generali, devo dire che
effettivamente ho avuto alcuni problemi con Edo Ronchi quando era ministro,
dalla TAV fino ad arrivare al Ponte di Messina. Mi sarei aspettato da parte
sua delle posizioni molto più precise, invece lui tardava a prenderle
e tardava a prenderle con decisione. Nel complesso devo dire, anche la
"Nuova Ecologia", anche l'indirizzo politico, è stato utilizzato da
molti per rafforzare e chiarire in maniera precisa l'indirizzo politico a
cui erano arrivati. E la collocazione che loro politicamente volevano.
Davigo: Ma quando lei dice "un indirizzo politico nuovo" ...
Bettini: Era quello di avere un indicatore per quanto riguarda la
sostenibilità ambientale di certi interventi. Iniziare a dire: si
indirizza politicamente, si fanno determinate cose, ma in rapporto alla
sostenibilità ambientale che queste cose hanno. Introducendo i
parametri di valutazione di carattere ambientale anche dal punto di vista
economico. Per esempio, una delle nostre teorie, delle cose che
sostenevamo, che poi abbiamo ribadito anche all'interno della valutazione
dell'impatto ambientale, perché poi sostanzialmente io per vent'anni
non ho fatto altro che scrivere di questo, era quello di fare una
valutazione di analisi costi-benefici su base ambientale. Cioè, la
CBA, noi la facevamo diventare l'ECBA... e invece è rimasto sempre
"Cost Benefit Analysis", il CBA. Noi volevamo l'ECBA... la "e" iniziale non
si è mai introdotta, è stato difficilissimo introdurla, siamo
stati incapaci di fare questo. Su questocontavamo, e non ce l'abbiamo
fatta. "Nuova Ecologia" era un giornale di élite, non è ma
riuscito ad arrivare veramente e seriamente alla classe operaia.
Davigo: Forse non era neanche quello che si presupponeva.
Bettini: Non era quello che si presupponeva. Però nel momento in cui
si è lanciata su alcune tematiche di ordine ambientale, molto
specifiche, molto precise, io mi sarei augurato che si arrivasse a quel
punto, ma poi sostanzialmente non si è arrivati a quel punto, anche
perché ci sono stati degli indirizzi, soprattutto con Rifondazione
comunista, soprattutto con l'atteggiamento di Bertinotti, che alla fine ha
introdotto alcune attenzioni alla questione ambientale, ma sempre in
funzione di una lotta di classe. Come dire "la lotta di classe la facciamo
anche per difendere l'ambiente, sostanzialmente l'ambiente diventa uno
degli elementi che giustifica la lotta di classe". A me interessava un
discorso un pochino diverso, diciamo che la difesa dell'ambiente ha un
carattere globale complessivo, non unilaterale, e soprattutto che non
indirizza soltanto nello spazio degli sfruttati, dei lavoratori dipendenti,
e così via. Ma doveva essere essere tenuto in conto complessivamente
come diceva Barry Commoner, nella dimensione commoneriana. Quindi a un
certo punto la cosa si è fermata anche per questo motivo.
Davigo: Si può dire in ogni caso che questa esperienza sia stata una
palestra per ognuno dei suoi partecipanti.
Bettini: Sì, è stata una palestra per ognuno dei suoi
partecipanti perché poi se si va a vedere i nomi di quelli che han
partecipato a "Nuova Ecologia", poi sostanzialmente in politica ci sono
stati, sono in politica, hanno un ruolo molto forte nella Legambiente.
Quindi sostanzialmente è stato un luogo su cui si sono potuti
rafforzare e prendere un certo tipo di indirizzo
Davigo: Se lei dovesse fare un bilancio di quest'esperienza...
Bettini: Noi non siamo riusciti ad avere la forza che per esempio hanno
avuto i francesi, che sono riusciti a strutturare un loro gruppo politico
come verdi, che ha avuto un certo risultato. Non per niente i Verdi
francesi oggi superano il 10%. noi come Verdi siamo scomparsi, c'è
qualche fantasia qua e là, ma in pratica dal parlamento sono scomparsi
... è una cosa piuttosto preoccupante. Bisognerebbe farsi un minimo di
analisi critica per capire come è stata gestita a livello politico, a
livello di intervento operativo, rispetto alla grande quantità di
materiale e soprattutto di cultura che c'era dietro, e come non si è
capito che esisteva un messaggio che doveva essere un messaggio
significativo e sensibile. Questo è un po' colpa di tutti, non è
solo colpa di quelli che sono rimasti in politica e che vanno avanti, Oggi
non si vede in nessuna maniera: qual'è l'intervento che hanno i
rappresentanti della sinistra ecologista che sono oggi in Parlamento?
Dov'è che si vedono, come si vedono? […] È assolutamente
marginale. Ma anche quando c'era il governo di sinistra, erano
impossibilitati a fare alcunchè, perché l'insieme della sinistra
li teneva a bada. Vorrei capire cosa ha fatto ... quando penso al ruolo che
ha potuto avere ad esempio Realacci all'interno di questo tipo di
attività. Oppure, adesso ce ne sono alcuni che sono andati nell'Italia
dei valori. C'è qui un ecologista della provincia di Treviso che
è andato a sostituire il sindaco di Napoli, perché ovviamente De
Magistris si è dimesso, ed è passato lui. Sono le solite cose di
intervento in aula, che facevo io, ma non si esce fuori a livello di
sensibilità maggiore. In tutta questa dinamica della crisi, del
problema del debito, le tematiche ambientali non entrano mai. Non so se si
è resa conto ... Assolutamente, qui come altrove, si continua a
ribadire il concetto della crescita, la crescita, la crescita ... ma tu non
puoi, non puoi soltanto sviluppare, non puoi crescere in continuità.
Il modello della crescita è legato a un certo periodo "x", poi smette,
quello che devi fare è lo sviluppo invece. Sviluppare vuol dire
capire, ammettere che esistono dei limiti. Per esempio, oggi la "Nuova
Ecologia" starebbe benissimo collegata al gruppo che parla di decrescita,
alla Latouche insomma. Sarebbe proprio proposto secondo il modello di
Latouche. Quando leggi Latouche e ci trovi alcuni messaggi che negli anni
Settanta erano di "Nuova Ecologia". Se oggi "Nuova Ecologia" non avesse
solo la funzione di portavoce di Legambiente si sposterebbe molto più
nella posizione latouchiana. Questo è il mio giudizio ultimo.
[1]
Elena Davigo,
Gli anni Ottanta oltre la crisi dei partiti: la nascita del
movimento ambientalista italiano,
Tesi triennale coordinata da Paolo Capuzzo, Alma Mater Studiorum di
Bologna, a.a. 2010-2011.
[2]
Tra i diversi riferimenti bibliografici possibili a questo
proposito, uno dei testi più interessanti è quello di
Alessandro Portelli, La città dell'acciaio: due secoli di storia operaia,
Roma, Donzelli, 2017.
[3]
Su questo aspetto di veda
Impegno e potere. Le professioni italiane dall'Ottocento a oggi
, a cura di Maria Malatesta, Bologna, Bononia University Press,
2011, e in particolare il saggio di Maria Malatesta: "Professioni e
impegno dagli anni Settanta agli anni Ottanta", pp. 73-108.
[4]
Gli anni Ottanta in Europa. Interventi di Richard Vinen, Lutz
Raphael, Giovanni Gozzini, Marco Gervasoni
, in "Contemporanea" 4/2010, pp. 697-718, a cura di Paolo Capuzzo;
Marica Tolomelli,
L'Italia dei movimenti. Politica e società nella prima
repubblica
, Roma, Carocci, 2015, Michele Citoni, Catia Papa, Sinistra ed ecologia in Italia 1968-1974, in "I
quaderni di Altronovecento", 8 (2017).
[5]
Gilda Zazzara, "Deindustrializzazione e industrial heritage.
Approcci convergenti alla memoria del passato industriale", "Italia
contemporanea" 292 (2020), pp. 117-143.
[6]
Virginio Bettini, "La primavera dell'ecologia", in "La
Nuova Ecologia", aprile 1981, p. 5.
[7]
"Acqua & Aria. Rassegna di Ecologia" è pubblicato dal '68
al '74, mentre dal '75 la rivista prende il nome di "Ecologia Acqua
Aria Suolo".
[8]
Andrea Poggio è stato presidente di Legambiente Lombardia dal
1992 al 2007, fu tra i fondatori dell'associazione e ne è
tuttora membro.
[9]
Si fa riferimento alla XVI legislatura della Repubblica italiana
(20 aprile 2008 - 14 marzo 2013), Relacci fu eletto tra le fila del
Partito Democratico.
[10]
Si riferisce a Carlo Monguzzi, che è stato consigliere
regionale nel 1990, 1995, 2000, 2005.
[11]
Sta parlando di Mario Zambrini, tra i fondatori di Legambiente e
tuttora membro dell'associazione.
[12]
Virginio Bettini, Contro il nucleare: ecologia e centrali nucleari, Milano,
Feltrinelli, 1977.
[13]
Virginio Bettini, Siti impossibili: una geografia improbabile del nucleare,
Milano, Feltrinelli, 1977.
[14]
Virginio Bettini, Scorie: l'irrisolto nucleare, Utet,
Torino, 2006.
[15]
Il nucleare impossibile. Perché non conviene tornare al
nucleare,
a cura di Virginio Bettini, Utet, Torino, 2009.
[16]
Laura Conti è stata consigliera provinciale a Milano dal 1960
al 1970 e regionale dal 1970 al 1980. Per una sua biografia si veda
Barca, Stefania, "Lavoro, corpo, ambiente. Laura Conti e le origini
dell'ecologia politica in Italia", "Ricerche storiche", 3 (2011),
pp. 541-550.
[17]
The closing circle
è pubblicato originariamente nel 1971, la traduzione fu curata
da Bettini e pubblicata da Garzanti l'anno successivo. Di qualche
anno successivo è il volume curato a due mani da Virginio
Bettini e Barry Commoner,
Ecologia e lotte sociali. Ambiente, popolazione, inquinamento,
Milano, Feltrinelli, 1976.
[18]
Barry Commoner, Far pace col pianeta, Milano, Garzanti,
1990.
[19]
Commoner era ancora vivo nel momento in cui è stata svolta
l'intervista, è morto nel 2012.
[20]
Giorgio Nebbia faceva in realtà parte della delegazione della
Santa Sede.
[21]
La rivista "Sapere" fu diretta dall'epidemiologo Giulio A.
Maccacaro a partire dal 1974. Tale rivista, rispetto a "Nuova
Ecologia" era più direttamente incentrata sull'ambiente di
fabbrica e tesa a costituire un filo di continuità tra tutela
della salute degli operai e tutela dell'ambiente. In occasione del
disastro di Seveso "Sapere" dedicò un numero monografico
all'evento, intitolato Seveso, un crimine di pace,
"Sapere", 796, (1976).
[22]
I Verdi Arcobaleno nascono come lista elettorale nel maggio 1989
per presentarsi alle elezioni del Parlamento europeo lo stesso
anno. Si dissolvono l'anno successivo per entrare nella Federazione
dei Verdi. Tra gli eletti dei Verdi Arcobaleno quell'anno figura
Bettini stesso.
[23]
Si riferisce a Francesco Rutelli.