Franco Marcoaldi e Tomaso Montanari,
Cento luoghi di-versi. Un viaggio in Italia, Treccani, Roma, 2020, pp. 235, euro 19,90.
Si dovrà fare un giorno o l'altro la rassegna dei libri nati sotto
l'infausto segno del Covid 19 che ha costretto tutti quanti a ripensarci
dentro lo spazio fisico e mentale in cui ci siamo volontariamente o
involontariamente costretti. Da questo punto di vista il libro di Franco
Marcoaldi e Tomaso Montanari rappresenta un diario di questa esperienza, un
recupero mentale visivo e auditivo di un paesaggio precluso: "Mai come
nella strana primavera del 2020 abbiamo sentito il bisogno di percorrere
l'Italia. Il confinamento imposto dalla pandemia ha aumentato il nostro
desiderio, la paura l'ha reso potente come una nostalgia". [1] Perché l'Italia,
come recita l'art. 9 della Costituzione, si fonda sul paesaggio e sul
patrimonio storico artistico, nella forma che i millenni hanno disegnato
nel rapporto uomo e natura; solo una politica fondata sulla licenza di
distruggere e un'economia fondata sull'insano sfruttamento e degradazione
del territorio sembra averlo dimenticato.
Quindi il libro si apre con un poemetto di Franco Marcoaldi che è un
vero commento in versi dell'art.9: "Come sta scritto nella nostra Carta/che
lega assieme la tutela/ di patrimonio artistico/ e paesaggio, due volti di
un unico/tesoro, da preservare nello stesso viaggio. // Albero o quadro,
bassorilievo/ o colle, torrente o capitello/ medesima la cura e la premura/
che dovremmo avere/ per custodire tutto il bello/che abbiamo ereditato. //
Ecco perché nel cafarnao/in cui siamo finiti, /almeno di una cosa sono
certo, /chi non sa apprezzare un albero/ non può apprezzare un quadro.
// perché comune a entrambi/ è la profonda vastità delle
radici/se non cogliamo quelle, /siamo soltanto dei penosi/ ladri di
immagini - /false, coatte, inutili, infelici".
Questa la premessa condivisa dai due autori - Franco Marcoaldi, poeta,
scrittore, giornalista e Tomaso Montanari storico dell'arte, docente a
Siena e presidente del Comitato tecnico-scientifico per le Belle arti del
ministero per i Beni Culturali - in questo itinerario tracciato lontano
dalle biblioteche causa Covid, si dice nell'avvertenza; si sono invece
affidati al libero flusso di memorie e predilezioni per ricostruire in un
viaggio ideale di cento tappe, cento luoghi di-versi: dove i versi
sono quelli dei poeti che accompagnano le immagini scelte e sono ciò
che dà loro nuova anima. E viceversa. Ogni coppia di testo/immagine
è accompagnata da una didascalia - una riga, due al massimo, dei due
autori. Le immagino sono riproduzioni di fotografie e di quadri, di
acquerelli o di sculture, dall'Antelami per la Parma di Attilio Bertolucci,
al Prigione Atlante che accompagna le rime di Michelangelo (unico
caso di endiadi lirico-espressiva).
Autori e artisti sono italiani e stranieri di ieri e di oggi: si comincia
infatti con un brano di Boris Pasternak, L'ospedale, cui si
affianca una intensa fotografia a colori di Mark Galimberti, Humanitas Research Hospital di Rozzano; siamo però nei
più bui giorni della pandemia, sanitari avvolti in plastica sono
immagine di sfinimento e sconforto; la didascalia recita: "Lombardia 2020:
il calore delle tue mani".
Le altre fotografie riprodotte sono per lo più in bianco e nero e sono
legate ad altri spazi/tempi drammatici per l'Italia (ma in totale
libertà di tempi cronologici nella successione): la Banca Nazionale
dell'Agricoltura devastata dalla bomba del 12 dicembre 1969 e la poesia di
Giovanni Raboni che attraversa piazza Fontana; Gemona straziata dal
terremoto e la lirica di Angelo Maria Ripellino a lei dedicata. E ci sta
bene anche il Ponte Morandi fotografato da Gianni Berengo Gardin con lo Stornello di Giorgio Caproni e l'arioso inizio: "Mia Genova difesa
e proprietaria./ Ardesia mia. Arenaria. // Le case così salde nei
colori…". E Genova nel libro è fortunata, ha Caproni e Fabrizio
De Andrè, i suoi poeti più importanti nel '900.
Non vi sono dunque limiti di spazio e tempo da una parte e dall'altra, da
Dante a Francesco Guccini, da Petrarca al polacco Czeslaw Milosz
di fronte a Campo de' Fiori, questo il titolo della lirica. E
numerosi sono i cantautori da Lucio Dalla a Pino Daniele, da Ivano Fossati
a Paolo Conte. E torna insistente la voce di Sandro Penna: a lato del cielo
giottesco della Cappella degli Scrovegni troviamo che: "Nella notte
profonda/ si consumano le stelle./ Un dolore m'inonda: / un amor di cose
belle".