La rapida diffusione del virus Covid-19 e la sua trasformazione in crisi
pandemica ha drammaticamente riproposto la questione della globalizzazione
dei rischi, così come era già stata elaborata alla fine del
secolo scorso da Ulrich Beck (2000). Si tratta di un rischio sistemico, non
facilmente riconoscibile, che obbliga a porre in agenda le questioni legate
alla salute globale, per ridefinire i confini dell'azione politica. È
questo il presupposto da cui muove l'organizzazione del convegno di
metà mandato della sezione di sociologia politica dell'Associazione
Italiana di Sociologia (AIS), che si è svolto presso l'Università
di Messina, l'8 e il 9 ottobre 2020, dal titolo "Crisi della democrazia e
salute globale. Le trasformazioni della politica nell'epoca della
globalizzazione dei rischi".
Il coronavirus ha fatto emergere tutte le contraddizioni della società
contemporanea, imponendo una riflessione sulla salute globale, intesa non
solo come benessere fisico e psichico dei singoli individui e degli
aggregati sociali, ma anche e soprattutto nelle sue connotazioni politiche,
come rappresentazione delle interdipendenze dei processi globali. Il
populismo, la partecipazione, le diseguaglianze, le migrazioni, la
questione ambientale divengono categorie essenziali per analizzare la crisi
della democrazia. Un convegno, questo, che ha rappresentato un importante
momento di confronto su temi di grande rilevanza, nel quale una riflessione
strutturata sull'ecologia politica ha contribuito ad arricchire il
dibattito sulle urgenze analitiche rispetto alla comprensione delle nuove
traiettorie assunte dalla politica.
Questo filone di ricerche, il cui approccio è per sua natura
transdisciplinare, si occupa di analizzare le "intersezioni tra i fenomeni
politici, nell'accezione più ampia, i fattori economici e quelli
ambientali. Le interconnessioni tra le sfere politiche, economiche, sociali
e culturali determinano una influenza reciproca con le forze ecologiche e
ambientali: le istituzioni sociali penetrano nel mondo naturale e la natura
- soggetta alle modificazioni dell'attività umana - influenza la vita
e le istituzioni sociali, andando configurare una dinamica ha tutto a che
fare con la giustizia sociale globale (Minch, 2011). Lo statuto teorico, di
natura essenzialmente critica, dell'ecologia politica riguarda, come
sottolinea Pellizzoni in uno stimolante saggio, "i processi di
accumulazione capitalista, in quanto basati sul contemporaneo sfruttamento
del lavoro umano e non-umano; sfruttamento che è andato depauperando e
distruggendo l'uno e l'altra. L'idea portante dell'ecologia politica è
così che non vi possa essere transizione ecologica senza
trasformazione sociale, o viceversa" (2019).
In questo senso, all'interno del panel "Ecologia politica: attivismo,
politiche e saperi" coordinato da chi scrive insieme a Louisa Parks, si
è voluto raccogliere contributi che potessero evidenziare quanto
questo approccio possa essere utile alla sociologia politica, soprattutto
rispetto al mutamento politico che può derivare dalla necessita`
di far fronte all'emergenza climatica e dai discorsi e le pratiche
ambientali conseguenti: il ruolo dei movimenti agricoli transnazionali nei
cambiamenti politici ed ecologici a locale, nazionale e globale; il modo in
cui la gestione delle filiere agroalimentari modella il cambiamento
politico, anche in termini di riconoscimento dei diritti dei lavoratori
immigrati; l'impegno dei movimenti ecologisti nella trasformazione della governance ambientale globale; le politiche ambientali promosse
dall'UE, per esempio in tema di sicurezza alimentare e/o di transizione
energetica o dall'ONU e come queste possano contribuire alla formazione di
una democrazia ecologica; e, più in generale, su come la pandemia di
Covid-19 sta cambiando il ruolo del sapere scientifico e sulle sue
eventuali ricadute sugli altri tipi di conoscenza, legati ai saperi sociali
diffusi, anche in relazione alle politiche per l'ambiente.
L'esito ottenuto è stato sorprendentemente stimolante: al di là
delle specificità dei lavori proposti, il tratto comune che tiene
insieme tutte le ricerche presentate riguarda il ruolo dei movimenti che,
evidentemente, divengono una cartina di tornasole non solo della
vitalità e dell'effervescenza sociale che ruota intorno alle tematiche
ambientali, ma anche dell'urgenza, del bisogno di partecipazione intorno
alle questioni connesse alla crisi ecologica. Questo fermento per taluni,
come nel paper presentato da Nicita, Musolino e D'Aleo, si declina
principalmente su base locale, come accade con le sempre più diffuseRenewable Energy Communities e le Citizen Energy Communities, nelle quali, singoli cittadini,
imprese, enti locali, partecipano, su base volontaria e autonoma, alla
transizione energetica, generando, distribuendo e consumando energia,
attraverso pratiche comunitarie.
Nelle relazioni tra locale e globale si collocano le strategie di risposta
al mercato globale, da parte dei pastori sardi. Farinella e Simula e hanno
presentato due modelli a confronto: da una parte quello della produzione di
pecorino romano, destinato al mercato internazionale, in cui i pastori sono
costretti a una condizione di subalternità, e dall'altro il caso delle
aziende pastorali multifunzionali che danno vita alle filiere corte di
fiore sardo.
Per quel che riguarda il piano nazionale, invece, Benegiamo, Lo Schiavo e
Torre hanno presentato una suggestiva connessione che si è andata
strutturando tra la giustizia ambientale e le relazioni di
solidarietà, emersi in seno ai movimenti climatici italiani, durante
la pandemia.
Molte delle ricerche presentate hanno un taglio fortemente internazionale:
Giunta, per esempio, adottando l'approccio dell'agroecologia politica, ha
ripercorso la trasformazione dei conflitti per la terra e la difesa delle
agricolture contadine ed indigene in Ecuador, nel passaggio da un modello
tradizionale di lotte per la terra verso un'azione collettiva, all'insegna
della sovranità alimentare.
Mauro Conti ha proposto un'analisi dei Movimenti Agrari Transnazionali, dal
quale sembra emergere un rapporto assai articolato tra governi e
organizzazioni contadine.
Per chiudere, il paper di Elsa Tsioumani si è focalizzato l'ascesa dei
movimenti contadini nella governance globale, a partire da La Via
Campesina, che hanno permesso l'adozione della da parte dell'Assemblea
generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione sui diritti dei contadini,
che riconosce alle popolazioni rurali loro rapporto speciale con la terra,
l'acqua, i semi e le risorse naturali.
La rassegna dei casi di studio analizzati nell'ambito dell'ecologia
politica non solo ha dato vita a un vivace dibattito interno al panel, ma ha lasciato emergere la ricchezza dei contenuti e delle
riflessioni scaturite, enfatizzando la necessità della connessione tra
rigore scientifico e impegno politico.
Riferimenti bibliografici
Beck U. (2000), La società del rischio. Verso una seconda modernità,
Roma, Carocci, 2000.
Minch M. (2011), "Political Ecology", in Chatterjee D. K. (eds), Encyclopedia of Social Justice, New York, Springer.
Pellizzoni L. (2019), "Politica, ontologie, ecologia", in "Altronovecento",
n.20.