Appunti di ricerca, citazioni e frammenti di intervista, spunti dal
seminario "Dove va il biologico?" del 18 gennaio 2020 a Valli Unite.
Premessa
Alla base della scelta di fare un'agricoltura diversa da quella
convenzionale stava tra la fine degli anni '70 e i primi anni '80 una pluralità di motivazioni intrecciate in vari modi tra di loro
(politiche, ecologiche, religiose, salutistiche, sociali…) che
portavano i protagonisti di questa vicenda a cercare un altro modo di fare
agricoltura: antagonista all'agroindustria e contrario al mito del
progresso e della tecnica, orientato da un
pensiero alternativo ecologista e da una 'voglia di comunità',
(che sortiva da una lunga durata e che è riemerso alla fine dei
"trenta anni gloriosi").
Dalle interviste, svolte tra il 2017 e il 20191, emerge in particolare
che si faceva agricoltura contadina, biologica proprio perché si era
portatori di ideologie alternative ( resistenti e antagonisti ).
L'indagine che ha coinvolto una ventina di testimoni, richiamando anche
nostre interviste precedenti, ha cercato di raccogliere le motivazioni e i
principi ispiratori dei pionieri ( cosa li muoveva, le condizioni in cui si
sono trovati, le ambizioni e i limiti di quelle esperienze), e di
individuare, nel loro cammino, come si sono modificati nel tempo
riferimenti ideali, forme organizzative, rapporti col mercato, e nelle condizioni mutate dell'oggi, quale
discontinuità di pensiero, di visioni e quali scelte sono oggi
praticabili per soddisfare ragioni ecologiche e ragioni economiche, per
tenere insieme differenze e soluzioni plurali di una nuova agricoltura.
Temi e sfide dell'oggi
Sono accaduti, sul finire del '900, eventi di grande portata, le emergenze
ambientali, la crisi ecologica che richiede un cambiamento, il passaggio a
una civiltà post-fossile come impegno determinante di questo secolo,
soprattutto per le società industrializzate
(v. tra gli altri Rapporto IPBES, piattaforma intergovernativa sulla
biodiversità e sui servizi eco sistemici).
Oltre a riferimenti documentali e studi economici, sociali, ecologici ci
sono pensieri, parole che i nostri testimoni hanno presentato suggerendo
alcuni temi che ci paiono centrali.
Le agricolture in trasformazione e in contesa
E' evidente l'insostenibilità, la crisi dell'agricoltura
convenzionale; sono sempre più numerosi i tentativi di conversioni
verso il biologico industriale e di costruzione di catene commerciali (DMO)
che 'vendono' il biologico.
Siamo in una fase in cui il biologico è stato svuotato dei suoi
contenuti più complessi, è stato schiacciato su criteri di
regolamentazione; nel mercato del biologico stanno entrando operatori che non hanno una cultura bio e sono centrati sul fatto
economico.
Al contempo c'è la presenza di agricolture altre, una pluralità di organizzazioni e di forme associative e
soprattutto di una pluralità di forme di impresa, riconducibili
all'agroecologia, che sfidano i temi del presente e che scommettono sul
fatto che un'alternativa esiste.
Su queste piano si pone un conflitto, una diversa visione che riguarda i
modi del cambiamento: andare nella direzione di un altro mondo
è possibile o nella prospettiva di un altro modo è
possibile.
Di fronte all'avanzata del bio industriale si presenta la questione di
ri-stabilire come vada inteso il biologico; ne fanno fede le diverse
iniziative di andare oltre la certificazione standard (nuovi
marchi quali VinNatur, Garanzia Aiab, Rete Humus, marchio Federbio,
Polyculturae …) e di andare oltre il biologico, secondo varianti olistiche, antagoniste …
Il nodo di
mercato e solidale
E' il tempo della mutualità, della cooperazione? o della lotta di
classe ? o dei progetti di filiera, dei patti tra agricoltori e
consumatori?
Il fare da soli non è possibile. E sono evidenti le difficoltà
delle connessioni, della disposizione collaborativa. Quali steccati e quali
alleanze? E' un passaggio in mare aperto …
Sono veramente solo quelli piccoli, che fanno economia di
sussistenza, che rifiutano - non sempre - i canali commerciali tradizionali
(nicchia esclusiva ed escludentesi?), a muoversi in direzione di
un'agricoltura ecologica?.
Non è solo il contadino che può fare agricoltura
ecologica. Ci sono progetti di filiera e reti collaborative, ad esempio
Rete Humus o la Ries rete italiana dell'economia solidale, che si
propongono di misurarsi con il mercato, di superare la crisi di un
movimento come quello dei Gas e di promuovere la conversione ecologica.
Il mondo della cooperazione e quello del biologico possono essere un
"binomio virtuoso",
in grado di alimentare una crescita equa e sostenibile, di "moralizzare il mercato" e di garantire la continuità economica e la solidità delle aziende
nelle forme organizzative plurali, piccole, grandi, consortili ? Un'agricoltura "professionale" che si confronta con la sostenibilità economica dell'impresa
è alternativa alla "contadinità"?
Natura, tecnica e il problema del limite: urgenze e responsabilità
Andare oltre il biologico
: è un pensiero di lunga durata che si palesa con urgenza di fronte
alle emergenze ambientali non dissociate dai temi della giustizia sociale,
della democrazia, dello sviluppo tecnologico, della vita contadina, della
memoria storica.
Se richiamiamo le interviste a Walter Meles, Aina Pacifico e altri…
vediamo che sono i 'piccoli' agricoltori, i contadini che parlano della
terra, ciò che conta è la loro la prossimità alla bellezza,
alla durezza della montagna o delle baragge più che all'artificiale
ingombrante della pianura. Il loro punto di vista sulla natura, il
coltivato o la selvaggitudine, parte dalla cura, non immediatamente
finalizzata a un ritorno economico.
Si rivela in questo il legame problematico di natura e cultura in cui non
si corre il rischio di un'idea ingenua che la vegetazione lasciata a se
stessa si conservi ricca ed equilibrata, non si indulge nell'errore di una
visione idilliaca dell'ambiente.(v. anche scritto di Sandro Lagomarsini )
Di fonte alla crisi della logica del continuo accrescimento, del produrre
di più, consumare di più, dominare di più, Alex Langer nel
testo Il viaggiatore leggero, presenta la consapevolezza del limite come una rilevante virtù verde; il
carattere di virtù è quella dell'autolimitazione, della rinuncia
a tutto ciò che in qualche modo provoca conseguenze irreversibili
generali (le manipolazioni genetiche, i brevetti animali …)
Piero Bevilacqua in La mucca è savia scrive contro la furia
produttivistica un capitolo che ha per titolo 'Trionfo e declino
dell'agricoltura industriale' dove la parola d'ordine è 'Progettare il
limite' e dove gli OGM e l'assoggettamento della tecnica sulla natura
costituiscono un sogno impossibile e pericoloso.
Sulla questione della tecnica nei pionieri vi era un rifiuto: non risiedeva
nella tecnica la soluzione o la scelta di innovare; l'agroindustria
costituiva una linea di futuro non perseguibile ( v. Rachel Carson, e gli
ecologisti - v. Berton sull'ecologismo e le tecnologie del vivente; Poggio
sull'industrialismo - Pacchioni, L'ultimo sapiens ).
E vi era polemica con l'idea che la lotta più
efficace contro il capitalismo si dovesse esprimere ai livelli più
alti dello sviluppo tecnologico; una critica attuale rispetto a tutto un
mondo di trasformazioni sociali e sperimentazioni in atto nei paesi
più colpiti da disuguaglianze, violenze e crisi ecologiche.
Nelle nostre interviste il tema della tecnica risulta essere poco trattato
se non letto con un certo disagio, tra ipertecnologia e pre-modernità.
Di un certo interesse è misurarsi con alcune posizioni dalle complesse
implicazioni culturali e politiche, ad esempio i progetti di ricerca sui
semi della Fondazione Ecor (v. intervista a Fabio Brescacin), la
digitalizzazione nel Progetto Bio cereals 4.0 MIPAAF , il discorso dell'agricoltura di precisione in
Francesco Torriani di Conmarchebio.
Importante per il coinvolgimento e il confronto di soggetti ed esperienze
di nuova agricoltura è stato il Convegno Le 3 agricolture ( aprile 2015) promosso dalla Fondazione Micheletti e
Slow Food e la presentazione del Manifesto di Brescia sulla
pluralità delle agricolture e sul passaggio d'epoca che richiede di
riconsiderare radicalmente il rapporto dell'uomo con la natura e di mettere
al centro l'attenzione per i modi di produzione, trasformazione,
distribuzione delle risorse alimentari, del cibo in primo luogo.
Motivazioni e
principi ispiratori
dei pionieri
Abbiamo scelto di incontrare alcune persone che sono state protagoniste di
esperienze e di un pensiero che entravano in rotta di collisione con la
modernità e che cercavano vie di uscita collettive, di una nuova
alleanza di natura e specie umana.
Riportiamo, a partire dalle nostre interviste ai pionieri, alcune
dimensioni rilevanti.
La carica ideale, l'antagonismo e la voglia di comunità
a) Il ritorno alla terra come alternativa all'estremismo e ricerca di
un nuovo mondo
Ilaria Agostini in Il diritto alla campagna scrive: "Nel settembre
1984 si svolge in piazza il primo mercato italiano dell'agricoltura
naturale familiare, dove neorurali e figli degli ultimi contadini mostrano
il frutto dei poderi condotti secondo i principi dell'agricoltura
biologica".
E' la Fierucola del pane a Firenze nella Piazza Santissima Annunziata. In
piazza c'erano "i duri e puri, gli irriducibili", quelli che all'inizio
degli anni Ottanta interpretano il ritorno alla terra anche "come
un'alternativa all'estremismo"; il ritorno alla terra, non è solo il
rifiuto dell'agroindustria, "è qualcosa di più profondo che
riguarda un'ecologia del pensiero e un cambiamento nello stile di
vita… avviene in coerenza con l'adesione a una civiltà fatta di
memoria, lavoro, convivialità. … Non basta non concimare
chimicamente e non usare i diserbanti per riequilibrare i rapporti tra
umanità e natura".
"Io nel '63 avevo sei anni - ci dice Maurizio Gritta - andavo già a
mungere e avevo già il trattore, mi mettevano su un Landini. Con
l'arrivo di quel tipo di trattori, con l'eliminazione del vecchio
macchinario agricolo come le trebbiatrici di prima della guerra, è
iniziato un cambio di generazione e si è introdotto il concetto di
agricoltura industriale. … La generazione che comincia a non essere
più capace di fare il contadino e, nel caso di Cremona, svende i beni
è la mia".
E che cosa muoveva a costruire un'agricoltura diversa? Franco Zecchinato
nel suo racconto richiama, quando era bambino, le mattinate al mercato, la
vivacità di relazioni e le vite pulsanti di contadini, commercianti.
"Nel nostro bel giro veneto, il nostro punto di vista era l'agricoltura,
quella che ci hanno strappato… La storia che vi raccontavo del
dialetto, che mi sono visto sparire, quando avevo 12, 13 anni, a un certo
punto mi sono girato e non c'erano più le vacche, in stalla non c'era
più il cavedo, la falce, i profumi del letame e del fieno
… e la lingua che parlavo da bambino […] Avevamo questa voglia
di dire: - c'è la speranza, c'è qualcuno che non è
contadino, che gli interessa quello che noi vogliamo fare, riprendere in
mano quella storia lì".
Una storia contrastata perché poi sono sopraggiunti "questi contadini
… avevano cavato, spianato con la ruspa, dato veleni alla terra".
Parole di rivolta contro un mondo perduto e squassato, ma anche la ricerca
di un passato che non fosse solo quello di andare a ' sboassare le vache …come diceva la madre'.
"Pensavamo che fosse una storia finita che non doveva più tornare;
invece eravamo molto affezionati a quella storia; e cosa abbiamo scoperto?
Che c'è un nativo indiano che ne parla in un libro ( Alce Nero parla suggerito da Gino Girolomoni), che ci sono
cittadini che si associano e si occupano di cibo e di agricoltura
biologica, che sono interessati a capire cosa noi vogliamo fare. E' stata
una meraviglia …"
b) La forma cooperativa come modello organizzativo prevalente e la
fondazione di nuove comunità
Bruno Sebastianelli ricorda: "Questo ritorno alla terra era connotato
politicamente come un gruppo di sinistra, estremisti. I componenti erano
delle prime comuni, le radici sono lì…
La spinta era basata sulla trasformazione della società; allora
c'erano da risolvere alcune contraddizioni della società. La prima,
attraverso la forma cooperativa si cercava di affrontare il conflitto
capitale lavoro e quindi di creare una struttura orizzontale in cui tutti
potevano co-decidere, una testa un voto, tutti i lavoratori soci … Il
secondo aspetto era quello ecologico, non inquinare con diserbanti e
concimi chimici".
"Perché fare cooperative agricole non era scontato; devi avere - ci ha
detto Zecchinato - l'idea di mettere in comune; all'epoca io avevo una
storia mia, avevo lavorato nella formazione professionale agricola, le mie
esperienze nell'ortofrutticolo sono state anche di forti traumi nei
confronti dei contadini, generalmente servi e furbi, ti inculano,
devi imparare, sapere con chi hai a che fare. La cooperativa nel mondo
agricolo non è facile, quella vera, invece quella che ti fa avere i
contributi è un'altra storia; quelle emiliane, trentine …
metà sono fallite, mangiati i soldi negli anni '90. La cooperazione è un modo per migliorare, tenere alto il livello
culturale e anche la capacità contrattuale. Se ti vuoi confrontare con
le filiere commerciali e cercare il riconoscimento del tuo impegno e del
tuo lavoro, devi avere queste capacità …"
Dallo Statuto della Fierucola, che nel 1985 si costituisce in associazione,
l'art.3 gli scopi dell'associazione recita: sono promosse 'le attività
di sussistenza nel rispetto della natura che tendono a rifiutare il
consumismo, il lavoro salariato… e che operano fuori dall'ottica del
profitto'. E all'art.1: le fiere sono ispirate 'a francescana
semplicità, evitando ogni facilitazione tecnologica e organizzativa
… fatte a misura di chi ha scelto una vita semplice'.
Nello Statuto viene rimarcato l'interesse nel promuovere e sostenere la
fondazione di nuove comunità, comunità autosufficienti, dai
connotati gandhiani, veicolo di cura del territorio e dei beni comuni
…
Degli Innocenti citato da Ilaria Agostini afferma che 'il mercato è al
tempo stesso un villaggio, non una serie di banchi'. L'idea di
comunità della Fierucola è un villaggio che tende all'alleanza
tra contadini e tra contadini e cittadini … è un 'podere
aperto', un mercato che supera la dimensione dello scambio economico, nel
segno del mutualismo, del travaso di saperi e della gratuità.
Nel paragrafo Comunità o mercato del testo di Agostini si
esplicita questo messaggio: "I criteri ecologici introdotti contrastano
l'idea di azienda e di crescita, criteri tesi ad escludere coloro che,
abbandonata la sussistenza, pur aspirando alla naturalità, compiono il
salto di scala per inserirsi nel mercato normale, ancorchè biologico.
Oltre la dimensione di sussistenza la produzione non garantirebbe i
requisiti di qualità del prodotto né di ecologia della vita".
c) L'humus culturale, spirituale e politico, e le discontinuità
intervenute
Abbiamo incontrato in questa ricerca, un humus culturale,
spirituale e politico,
con una forte influenza del cattolicesimo del Concilio Vaticano II.
Girolomoni e Pucci che fondano le loro azioni sulla sacralità della
terra e la critica del modernismo; Mariano e Mavi, cattolici del dissenso,
che indicano il biologico come sintesi di certi valori riguardanti i
rapporti con la natura e con gli altri: "non è mai stato un discorso
tecnico, era una questione di stile di vita".
Franco Zecchinato che ricorda: "a Padova eravamo una generazione,
pur di formazioni diverse, prevalentemente cattocomuniste, come provenienza
ed educazione legata alla città, in cui il movimento non violento, per
la pace, la finanza etica, le novità e le conquiste sociali hanno
avuto pieno titolo".
Fino ad arrivare alla Enciclica di Papa Francesco, la Laudato sì,
con l'appello alla giustizia sociale e il legame con la terra, la casa
comune …
" C'era una visione utopica dell'agricoltura bio - riconosce Sara, giovane
socia della Coop La terra e il cielo - che era mossa da principi
'individuali', da persone che credevano in questo metodo di coltivazione
che non era regolamentato".
Questi principi individuali, di piccola comunità, antagonisti e di
nicchia ( è il loro limes) sono sorpassati dalle regolamentazioni e
dall'orizzonte del mercato, oltre che da cambiamenti epocali. E' stata
un'utopia che, sembra, non essere più motivo di costruzione di
società. Resistono oggi, come dichiarato da diversi interventi - ad
es. le posizioni di Loris Asoli - "zone abbastanza ridotte di economia di sussistenza: cose che non si comprano e che non si
vendono, forme di mutualità, mutuo soccorso. Previlegiare la
sussistenza rispetto al mercato vuol dire opporsi e in qualche modo cercare
una riconversione rispetto alla tendenza del tutto mercificato".
Così anche in Renzo Garrone: " la logica dell'autosufficienza ritornando all'agricoltura e all'equilibrio del
podere, il podere diventa il centro di una vita recuperata. … eravamo utopisti e libertari. La cosa
interessante di cinque case coloniche dello stesso comprensorio era quello
di poter scambiare le energie … e l'importanza del lavoro artigiano , per sistemare l'abitazione, dotarsi di strumenti …"
Si mostravano allo stesso tempo la costruzione di riserve indiane e il
desiderio di cambiare il mondo. "Se parlo per me
credo tutte e due. Non ho mai avuto la passione del ghetto però
contemporaneamente ero molto utopista finchè la vita non ti fa vedere
che non è perseguibile. […] Il mondo non finisce nella riserva indiana di Montepeglia, ma al di là
dell'economia che riesci a creare, e delle tue occasioni, ci sono state
persone che in Toscana e in Veneto hanno scritto leggi sull'agricoltura
biologica, che hanno i negozi bio, che hanno i poderi; mi ricordo
'Terranuova', faceva tante cose, era lo snodo per incontri, noi ad esempio
facevamo le feste-incontro. Erano una cosa bellissima".
C'è stata discontinuità generazionale, ma nel mondo del biologico
si sono verificati, anche precocemente, slittamenti e tendenze a misurarsi
con il mercato, ci sono state prove per tenere insieme valori e interessi,
alla ricerca di equilibri instabili tra economia ed ecologia.
Sara: "Oggi, penso è un'utopia, nel senso che nel mondo de bio si sono
affacciate tante realtà che sono magari poco legate al territorio, ai
principi che hanno mosso i promotori e che cercano di fare business e
cavalcare l'onda lunga del mercato".
Giovanni Battista Girolomoni: "Prima eravamo solo agricoltori ma già
dal '89 diventiamo anche industriali: abbiamo un
pastificio che è un'attività industriale a tutti gli effetti.
Anche per il tipo di tecnologie che usiamo, macchine sperimentali…
Oggi abbiamo un pastificio modernissimo come tecnologie, efficiente,
funzionale".
E Giannozzo Pucci riconosce i compiti assunti dal suo amico Gino
Girolomoni: " Anche Girolomoni ha fatto il pastificio, come Maurizio Gritta
di Irisbio. E Gino Girolomoni, da uomo pratico, doveva dare lavoro a
più persone e doveva fare qualcosa nell'agricoltura bio che sfondasse.
E' stato contrastato in Italia e ha potuto reggersi perchè esportava
in Germania e Giappone. Prima di riuscire a poter vendere in Italia ha
accettato che quello dovesse essere, che doveva vendere nel mercato, con la
emme maiuscola. Quindi grandi quantità e messa in funzione di
un'impresa … Io avevo un altro compito, quello di aiutare i piccoli
agricoltori; lui faceva un discorso di agricoltura bio, i marchi e i
disciplinari, io invece cercavo di fare un discorso oltre l'agricoltura
bio, facilitare … i piccoli mercati e il locale".
Walter Meles, militante di Lega Ambiente e oggi gestore di un forno rurale
per la panificazione: " Il biologico si sta facendo espropriare del
linguaggio dalla GD e stiamo rispondendo tornando ai valori di tanti anni
fa, quelli che hanno dato la spinta ideologica ma che hanno mostrato di
essere a termine.
Negli anni 80 c'era una forte carica ideale (ieri, aspirazioni
collettive; oggi, aspirazioni individuali, depoliticizzate). Non serve
più; l'idea del contadino degli alberi degli zoccoli, … i
piccoli sono invisibili e nella logica della sussistenza l'etica sociale
è a rischio: fare il nero, non pagarti uno stipendio dignitoso, rovini
te stesso e anche altri … E non è la dimensione che squalifica.
I movimenti ambientalisti sono mancati perché il loro pensiero non si
è tramutato in progetto, non sono stati propositivi e sono mancate le
generazioni di ricambio. Il mio percorso è anomalo: ho scelto di mescolare i due mondi, il mondo imprenditoriale e il mio mondo
ambientalista".
Anche Zecchinato riconosce l'importanza alla dimensione del lavoro e
dell'economia …
noi, componente non schierata del movimento del sessantotto, abbiamo deciso
di riversare quella esperienza sporcandosi le mani, con la terra, con il
cibo, con le relazioni e con il commercio …
Il commercio si è sempre vissuto male e il mercato è stato
tradotto facilmente in speculazione, ma è un pregiudizio ricondurre
tutto al mercato finanziario; il mercato è anche servizio, sono
relazioni".
d) Le ferite all'ambiente e alla salute delle persone, la crisi ecologica
Nelle interviste a Pacifico Aina, Ottavio Rube, Enio
Ferretti, Marco Cuneo, Lia Brambilla, Maurizio Gritta, i fratelli Stocchi
della Garlanda la presa di coscienza dei problemi della salute e le
motivazioni verso il biologico avvengono agli inizi degli anni '80; sono i
più vecchi, ancora in campagna, che avvertono le ferite subite, la discontinuità … per i giovani era
importante produrre. Ci sono poi le iniziative di valutazione
epidemiologica, l'entrata in campo di associazioni medico scientifiche -
nel '69 era nata Suolo e Salute con
Garofalo e Pecchiai; successivamente Medicina Democratica e AAM Terranuova - che mettono in rilievo la relazione tra alimentazione
e salute e si porta in Italia l'idea che la salute del suolo, la salute
delle piante, la salute degli animali e quella degli uomini sono collegate.
Pacifico Aina: " Ricordo un contadino che stava formando
una miscela di diserbo per il mais e girava con la mano nel mastello: - ma
sei matto? Ma no, figurati … è vero che quando lo uso al
mattino, poi al pomeriggio mi viene tanto sonno, ma cosa vuoi che sia.
C'erano questi tecnici in giro a vendere; e un altro contadino mi ha
raccontato: - ho fatto il diserbo e sono diventato tutto blu.
E io che facevo le mele e dovevo bardarmi con occhiali e tuta: che senso ha
tutto ciò? Ho iniziato ad aderire alle misure comunitarie per la
riduzione dei fitofarmaci e poi nel 1990 escono ulteriori misure della CEE
che finanziano rimboschimenti, la creazione di filari e boschetti".
Enio Ferretti: "A casa ho la documentazione di un convegno pubblico dell'
'85 con Garofalo (Suolo e Salute) a Tortona, con Ottavio, Zecchinato,
Donhauser, un ricercatore che faceva statistiche che appariva allora in TV
e diceva che questa zona, a Cassano Spinola, era la zona con più
mortalità per tumore. Allora noi del biologico eravamo considerati
degli eretici. Noi volevamo tornare un po' come erano i nostri genitori, io
lavoravo questo campo con i buoi, con mio padre. Noi volevamo vivere
sì bene ma anche in un modo naturale. Forse il morire non entrava
ancora nella nostra ottica. All'età che avevamo non pensi a morire
pensi a vivere in un modo bello, naturale. Per me credo
che sia stato importante dire: rallentiamo un po' questo progresso che ci
sta arrivando, perché vedevo che il mio vicino di casa dava il
diserbante e poi mi diceva: " ma lo sai che c'è qualcosa che non
va…si sente un gusto…roba grama ". Perché poi
sono stati quelli più giovani, i miei coscritti, e non i vecchi che
sono entrati in questa logica produttivistica. I vecchi provavano e poi
dicevano che secondo loro c'era qualcosa che non andava, l'erba tutta
bruciata. Come mai? I giovani non si fanno più questa domanda …
per loro l'importante era produrre, fare i soldi, avere il trattore grosso.
Io, Ottavio e tanti altri siamo rimasti un po' conservatori. Vedi il male
senza neanche convincerci tanto di quello che poteva succedere alla salute,
avevi vent'anni…".
Marco Cuneo: " … a Lodi negli anni
'80 avevano fatto uno screening sulla salute degli
agricoltori e non solo; sono usciti dati molto significativi per quanto
riguarda l'impatto negativo sull'ambiente e sulla salute delle persone. E
questo Brambilla Giovanni della Cascina Tre cascine che era agronomo ma
anche un po' chimico ha deciso di seguire il più possibile un
approccio agro ecologico e di limitare il più possibile l'impatto
ambientale.…
Anch'io ricordo che durante un corso per l'esame del patentino del diserbo
c'era un dottore dell'Asl che rilevava che nelle zone risicole del
vercellese tra gli agricoltori che coltivavano riso c'era una percentuale
di tumore un po' alta; collegando le cose, anche mio padre ai tempi faceva
riso, andava con la pompetta in spalla senza mascherina senza niente; ho
domandato dei rischi ... e lì la cosa mi aveva scosso. […] Era
l'85 più o meno … era il giorno di carnevale. Mio padre viene
ricoverato d'urgenza per un tumore alle corde vocali e lì è
crollato un po' tutto. Io mi sono trovato da un giorno all'altro con mio
padre in ospedale, io qui da solo a portare avanti l'azienda".
Lia Brambilla, Tre Cascine: "L'azienda prima aveva una conduzione tipica
della pianura padana, zootecnica con vacche frisone da latte, campi divisi
esattamente a metà, prati stabili e produzione cerealicola che
all'epoca era foraggera.
A metà degli anni Ottanta è successo qualcosa… l'azienda
sanitaria locale di Lodi ha fatto uno screening sugli agricoltori per
ricercare le tracce di pesticidi presenti nel sangue; da questo screening
è risultato che non solo chi usava questi prodotti aveva tracce, anche
gli altri, anche quelli che lavoravano in stalla.
La cosa ovviamente ha messo in discussione in maniera forte la formazione e
le convinzioni di mio padre che aveva lavorato anche per l'industria
chimica; le molte domande e le conoscenze di altre persone e di altre
situazioni e storie hanno portato negli anni alla elaborazione di tutto
quello che è adesso il complesso agronomico e normativo del biologico
e mio padre ha contribuito, è anche merito suo che ha lavorato per
anni, ha lottato per ottenere la certificazione biologica, quella che
adesso è la nostra dannazione e il nostro vantaggio".
Ottavio Rube, Valli Unite: "Mi ricordo un mio zio che
andava a caccia e vedeva le nostre vigne, ci diceva: ma voi siete scemi!
Producevamo la metà e in certi casi abbiamo anche perso dei raccolti.
Non si parlava di guadagnare di più … la ragione profonda era
politica, perché non bisogna dimenticare che dipendevi dalle
multinazionali che ti vendevano questi concimi, questi veleni. Per cui
c'era la parte politica e la parte salutistica perché comunque queste
cose facevano male e si vedeva, raddoppiavano i tumori . Mi ricordo nello
stesso anno (anni '80) due zii, uno era quello di Enrico, che erano morti
tutti e due di tumore [..] di casi così ce n'erano molti […] la
Cooperativa nasce in quegli anni ma non c'era la parola biologico nell'atto
costitutivo … se ne parlava. Poi lo facciamo diventare una scelta
[…] In quegli anni, un giorno sono andato in comune dal sindaco, un
comune di 450 abitanti, che conosceva tutto e tutti, a cui ho detto che
volevo fare una ricerca su quanti casi di tumori c'erano stati. Lui non mi
ha appoggiato però alla fine ci siamo messi lì io e lui,
sarà stata anche una ricerca grossolana, ma veniva fuori che il 50% morivano di cancro, poi le statistiche
davano il 5% … Erano già anni che
c'era la chimica, che avevano cominciato a diserbare. Nelle nostre
motivazioni c'era il rispetto dell'ambiente e comunque avevamo fatto la
scelta di un'agricoltura naturale per cui l'uso dei prodotti chimici
sarebbe stato l'esatto contrario di quello volevamo fare. C'era già
consapevolezza ecologica, chi più, chi meno…".
Gritta ricorda "nell'anno in cui arrivammo a Calvatone e allora pensavamo
di essere osteggiati perché avevamo i capelli lunghi … invece
lui (il sindaco) ci disse che aveva la fila di agricoltori, quando riceveva
i cittadini, che gli dicevano: devi mandare via quelli lì perché
loro non usano i diserbi e ci rovinano l'agricoltura…".
Nel tempo l'asse si è spostato sulla consapevolezza della crisi
ecologica, sull'avvento di un regime ambientale e climatico che ha segnato
visibilmente vita e biodiversità del pianeta; e che ha modificato
parole e modelli di riferimento …
Sandro Lagomarsini, in Coltivare e custodire, ci offre un esempio
per interpretare come il clima stia cambiando, un esempio di ecologia
storica a partire dal fiorellino della Cymbalaria muralis che si trova su
molti muri in pietra di Genova tra i 20 e i 350 metri sul livello del mare.
Ebbene, nell'aprile 2017, giorno di Pasqua, la Cimbalaria è comparsa
su un muro di Càssego a 710 metri di altitudine.
Questa notizia ci dice che il clima sta veramente cambiando e ci parla
delle alluvioni di ottobre e novembre in Liguria del 2011 e dei disastri
avvenuti in Val di Vara e nelle Cinque Terre.
La questione ambientale nonostante da almeno trenta anni si sia imposta nei
fatti, sempre più evidenti, trova comunque aspetti rilevanti di
negazionismo e viene posta ancora secondo la contrapposizione di natura e
cultura, risolvibile solo dalla Tecnica; la preoccupazione di fondo è
non porre limiti al dominio della natura, alla manipolazione della vita,
alla artificializzazione del mondo. Mentre la contrapposizione tra natura e
cultura, tra umano e non-umano deve essere vista secondo un modello di
compenetrazione inestricabile, di simbiosi, di ritorno alla terra nella sua
complessità.
In questa nuova fase in cui ci troviamo a vivere, dice Berton, il problema
ecologico prioritario se non esclusivo è il climate change e il
contenuto di CO2 nell'aria … "L'agricoltura che oggi è
responsabile di una grossa quota delle emissioni richiederebbe di parlare
di agricoltura ecologica più che di agricoltura biologica. Come amava parlare Giorgio Nebbia di agricoltura
ecologica, proprio per smarcarsi dal contesto di mercato del biologico
… e per integrarsi nei processi naturali in maniera virtuosa.
Il biologico assume un altro valore …Perché un biologico che cresce senza ecologia non è un biologico,
così come se cresce senza cura, senza equità è difficile
considerarlo come biologico. Questo come contesto generale in una visione
che presenterà sempre delle contraddizioni, dei conflitti. Però
quello che è importante nel biologico è creare dei modelli che
funzionino anche economicamente oltre che da un punto di vista ecologico".
Gli storici futuri porranno all'attenzione a questo ventesimo secolo,
più precisamente al decennio che è appena cominciato, così
ha scritto Primo Levi nel risvolto di copertina del Il vizio di forma ( 1971). " Nel giro di pochi anni, quasi da un
giorno all'altro, ci simo accorti che qualcosa di definitivo è
successo, o sta per succedere … Non c'è indice che non si sia
impennato: la popolazione mondiale, il DDT nel grasso dei pinguini,
l'anidride carbonica nell'atmosfera, il piombo nelle nostre vene. Mentre
metà del mondo attende ancora i benefici della tecnica, l'altra
metà ha toccato il suolo lunare, ed è intossicata dai rifiuti
accumulati in pochi lustri: ma non c'è scelta, all'Arcadia non si
ritorna, ancora dalla tecnica potrà venire l'emendamento del "vizio di
forma' ".
Sono parole che tengono aperto il discorso e che assegnano alla
responsabilità delle persone e delle società una prospettiva di
ricerca e di cambiamento tra scelte differenti .
Dove va il biologico?
A - Elementi di scenario
Rappresentazioni del movimento del biologico
Rispetto a una lettura di prospettiva, di un certo interesse è il
documento di Ifoam, Biologico 3.0, in cui viene indicata la terza fase del movimento del biologico. Il biologico
deve essere molto di più della "semplice etichetta
biologica di certificazione. L'obiettivo è di far uscire il biologico
dalla nicchia e di farlo diventare popolare".
L'obiettivo globale del Biologico 3.0 (
http://www.ifoam.bio/en/organic-landmarks/principles-organic-agriculture)
è di consentire un'adozione diffusa di sistemi agricoli e mercati
realmente sostenibili, basati sui principi dell'agricoltura biologica e
permeati da una cultura dell'innovazione, del progressivo miglioramento
verso pratiche migliori, dell'integrità e trasparenza, della
collaborazione inclusiva, dei sistemi olistici e della determinazione dei
prezzi basata su costi reali.
Mentre il Biologico 2.0 si è focalizzato sulla definizione di
requisiti minimi e riferimenti al metodo biologico di coltivazione sui
prodotti,
il Biologico 3.0 mette in primo piano l'impatto del sistema agricolo.
Gli approcci e i risultati del Biologico 1.0 e del Biologico 2.0 non sono
abbandonati; sono invece integrati da nuovi aspetti inseriti nel paradigma
e nel riposizionamento del movimento del biologico.
Nel 2019 al SANA di Bologna 2019 - Un'agricoltura attiva per affrontare le sfide ambientali - gli "Stati Generali del bio" -
l'evento dedicato interamente al biologico italiano, tra sfide presenti e
opportunità future, promosso da BolognaFiere in collaborazione con
FederBio e AssoBio - hanno portato alla presentazione del " Manifesto Bio 2030", frutto del confronto delle istituzioni e
associazioni coinvolte. Tra i promotori ci sono: Alleanza Cooperative
Italiane - Agroalimentare; ASSOBIO; Associazione per l'Agricoltura
Biodinamica; CIA - Agricoltori Italiani; COLDIRETTI; FEDERBIO; WWF Italia;
Aboca; Conad; Coop Italia; Fondazione Fico; Ifoam Europa; Ismea;
Naturasì; Pro-Bio …
Nei suoi 10 punti si rintracciano le prospettive delineate dal biologico
3.0 caratterizzando la valenza delle implicazioni del modello agro ecologico, e di un approccio sistemico e "locale/solidale", e
auspicando la necessità di innovare e sperimentare l' agricoltura di precisione, con i big data, i droni, i plantoidi,
la genetica delle sementi, come aspetti di una tecnica in grado di
risolvere i problemi dell'agricoltura convenzionale, il consumo di acqua,
la produttività, ecc. E' un documento di intenti che va preso
seriamente e rispetto al quale, probabilmente, è aperta una contesa
tra diversi attori che potranno prendere diverse direzioni di marcia e con
i quali verificare possibili alleanze.
E' una sfida che viene posta dall'agricoltura di precisione e dalle
innovazioni della GDO e delle piattaforme digitali; siamo di fronte, in
questi anni, a una divaricazione di visioni e di prospettive2 tra quella tecnologica, ipertecnologica ( dall'agricoltura di Precisione all'agricoltura
4.0: dall'introduzione di sensori,Internet of things, droni,
strumenti che permettono la mappatura di campo, allo sviluppo dell'Internet
of Farming con l'integrazione dell'intera filiera grazie alla
possibilità di raccogliere dati e di scambiarli con tutti gli attori
della produzione e con la possibilità di introdurre nuove forme di
controllo e di monitoraggio, ai selfdriving tractor, o per certi aspetti ai
bio
robot
come il Plantoide), in grado, si sostiene, di risolvere il
passaggio epocale della crisi attraverso soluzioni di efficienza, di nuovi
modelli di business e quella "agroecologica" basata su salute,
ecologia, giustizia e cura del mondo.
L'agro-ecologia in Italia è strettamente connessa allo sviluppo
dell'agricoltura biologica e richiede, implica un approccio integrato,
basato sullo sviluppo locale 3 e sul
coinvolgimento dei diversi attori verso obiettivi comuni: migliorare la
qualità di vita e di lavoro della popolazione locale, incrementare la
qualità delle produzioni agroalimentari e zootecniche locali tipiche,
garantire ai consumatori sicurezza, tracciabilità e salute degli
alimenti, salvaguardare e valorizzare la biodiversità, il paesaggio e
le risorse naturali.
Una delle poste in gioco nelle agricolture agro-ecologiche è la ricostruzione dei beni comuni, riportando in
primo piano la natura e l'empowerment delle comunità locali, la collaborazione / cooperazione 4.
Il movimento eco solidale: le direzioni di nuove economie alternative
Quali sono le tendenze nel movimento eco solidale, quali visioni e
prospettive stanno modificando le pratiche sociali?
La ricerca nazionale sui Gas, Gruppi di acquisto solidali, delineava il
soggetto costitutivo: i cittadini critici, costruttori di spazi
partecipativi; la forma organizzativa: i laboratori auto-educanti di cittadinanza attiva, alternativi a un sistema economico percepito come non sostenibile;
indicava l'indirizzo generale: promuovere reti territoriali, e una
nuova classe di costruttori, per lo sviluppo locale e nuovi sistemi di
mutualismo capaci di bilanciare pratiche di autogestione sociale e pratiche
di lotta rivendicative 5.
In questi ultimi anni sono emerse valutazioni critiche e si è
registrata una caduta di vitalità del movimento: "I gas hanno esaurito
la loro spinta propulsiva, non si sono evoluti da una logica di acquisto a
una logica di trasformazione sociale; c'è un arretramento …
Stanno diventando degli acquistifici. Erano un grande fenomeno di
partecipazione…" 6.
E in un dibattito che ha coinvolto diverse persone e responsabili delle RES7
sulla centralità di creare istituzioni di altra economia: "Dopo oltre vent'anni, per
lo più spesi per sviluppare nei diversi territori tante e diverse
buone pratiche di economia solidale, abbiamo sviluppato la consapevolezza
che questo variegato arcipelago di iniziative potrà dar vita ad un
sistema socioeconomico diverso solo se saprà creare comunità. […] prefigurare la
costituzione di nuove imprese sociali di filiera, che
vedano compresenti i consumatori, i produttori e i fornitori di servizi che
hanno partecipato al percorso di garanzie condivise".
Sottotraccia, nel movimento ecosol e nelle esperienze di costruzione di
reti collaborative e di forme di comunità, si possono individuare sia
la ricerca di un maggior "ethos cooperativo" sia tentazioni di chiusura di
DES e GAS all'interno delle proprie "rocca-forti/deboli".
Quando ci si muove in direzione di nuove economie alternative un punto del
contendere è lo stare nella dimensione e nelle forme conflittuali, il
combattere il mercato, ovvero muoversi per trasformare, "moralizzare" il
mercato.
In questo ultimo caso la dimensione della cooperazione va ricercata nell' economia civile, laddove "l'economia
è vita civile … l'economia e la vita sociale sono intrecciate
profondamente tra di loro". Anziché antagonismo e polarità di
civismo da una parte e mercato dall'altra, l'economia civile mette in campo
un percorso di riavvicinamento e integrazione e passa attraverso
la costruzione di un'impresa a movente ideale allargata e attiva
all'interno di reti locali, volte a coinvolgere progressivamente una
pluralità di attori e interlocutori e a ridisegnare il modo in cui
dare risposte ai bisogni delle comunità locali 8.
Raccogliamo come importanti prospettive di lavoro e per cambiare
l'immaginario le recenti iniziative di costituzione della RIES e l'incontro
del 9 novembre 2019 a Roma in cui si sono ritrovate oltre 100 realtà
per preparare la partecipazione italiana al Forum Mondiale delle Economie Trasformative9 di Barcellona
del prossimo giugno con l'obiettivo centrale di costruire insieme una
"Agenda 2030" di azioni e politiche per cambiare l'economia, per
"contrastare il paradigma 'estrattivo' dell'economia, ricollocando al
centro le comunità, i territori, i diritti e i desideri del fare e del
condividere quotidiano"10.
B - Idee e percorsi in campo …
Gli esempi che abbiamo ripreso dalle interviste e gli interventi di molti
protagonisti nel corso del seminario Dove va il biologico? del 18
gennaio 2020 a Valli Unite li abbiamo qui raccolti per evidenziare, nel
percorso storico del biologico italiano, alcuni elementi cruciali, scelte
che poggiano su cambi di paradigma, visioni che spostano le priorità e
le strategie dei "pionieri".
In particolare vogliamo sottolineare due temi che sono stati messi
all'attenzione del confronto.
1. Il tema della certificazione
come scelta di distinzione e di comunicazione
Sono emerse posizioni assai variegate, legate anche alle diverse
caratteristiche delle produzioni di riferimento. Per alcuni bisogna andare
oltre la certificazione e magari se ne potrebbe anche fare a meno. Secondo
altri la certificazione è un punto fermo che va difeso anche se va
spiegato e sviluppato. C'è chi ritiene che vi sia ancora molto da fare
anche solo per rispettare le regole della certificazione in particolare per
quanto riguarda i semi e, più in generale, le deroghe.
Alessandro Poretti di Valli Unite racconta delle difficoltà della
certificazione del vino; dei tentativi di affiancare ai criteri tecnici dei
criteri etici e dell'approdo di VinNature a un disciplinare tecnico,
secondo un discorso di distinzione sul piano commerciale.
"Dopo la grande delusione della prima certificazione del vino nel 2012 la
tendenza è di peggiorala ancora, si va in direzione opposta a quella
che è la nostra concezione del biologico nella vinificazione. Con Vin
Nature siamo arrivati a formulare un disciplinare che tratta solo gli
aspetti tecnici. Si tratta di un discorso puramente commerciale per
differenziarsi attraverso un marchio dal produttore anche biologico. Nel
biologico è difficile trovare una certificazione che vada bene per
tutti i territori/climi. L'attuale certificazione crea malcontento e si
cerca quindi di differenziarsi con ulteriori marchi come Vin Nature che
sono fatti per il mercato.
Critical Wine voleva essere qualcosa di diverso ma è crollata con
la morte dei fondatori. Agli inizi del 2000 prima della certificazione si era cercato tra
produttori di affiancare ai criteri tecnici dei criteri etici come
il numero di ettari, il numero di persone che lavorano in vigna e in
cantina, i prodotti acquistati come rame, zolfo,ecc. attraverso una carta
di intenti che raggruppava un piccolo gruppo di produttori vignaiuoli eretici ma non siamo riusciti a rimanere coesi".
Per Giovanni Girolomoni "La certificazione è un prerequisito. Il
nostro slogan è oltre il biologico".
E' una posizione molto articolata che riconduce alla centralità della
costruzione di filiere e di patti per lo sviluppo locale. Costruire
connessioni tra i soggetti di filiera e fare comunicazione sono le
priorità.
"Non abbiamo mai voluto parlare di vero bio, falso bio o più bio meno
bio perché è molto pericoloso. La certificazione ha i suoi limiti
ma sappiamo cosa voleva dire quando non c'era e ci sequestravano i
prodotti. Per noi andare oltre vuol dire tenere quei valori di cui il bio
delle origini era portatore; i rapporti equo solidali nelle filiere sono
fondamentali. Non basta fare filiera, è fondamentale il tema del
prezzo così come quello dell'ecologia.
Non si tratta di fare certificazioni più avanzate perché
verrebbero svuotate dei contenuti che non si possono formalizzare
. Bisogna evitare che la comunicazione del biologico venga monopolizzata da
chi fa quattro spot in televisione".
Walter Meles è molto critico sui disciplinari (e le pratiche
burocratiche) e, soprattutto, sui risultati intrinseci alla certificazione:
"La fogliolina non mi ha cambiato niente, continuo a vendere tanto quanto
prima. Abbiamo considerato la certificazione come meta e non come
conseguenza di quello che facciamo. Le aziende biologiche possono essere un
deserto ambientale… Andiamo a vedere cosa il bio pesa in termini
ambientali e non accontentiamoci di quanto raggiunto. Cosa possiamo fare
per ridurre il nostro impatto. Recuperiamo il nostro ruolo di custodi del
territorio! Così avremo qualcosa di più da raccontare … Io
vorrei dare più contenuti alla fogliolina. Qualcuno diceva che senza
la fogliolina arrivano i barbari, ma i barbari sono già arrivati anche
con la fogliolina. Noi dobbiamo inserire tanti di quegli elementi di
complicazione ambientale per cui chi fa le grandi produzioni non ci riesce.
Dobbiamo dare loro dei problemi che siano a favore dell'ambiente. Se invece
noi ci accontentiamo di appiccicare la fogliolina verde - io l'ho fatto
solo perché me l'ha chiesto Bio c' Bon che pure non ce l'aveva - l'ho
fatto ma mi sono comportato nello stesso modo in cui mi comportavo prima,
anzi mi ha aumentato il carico burocratico perché ho una persona
dedicata solo a questo. Ribadisco, dobbiamo aggiungere elementi di
complicazione ambientale ed etica alla GD. Altrimenti se ci accodiamo ci
limitiamo a sopravvivere".
Su questa linea di attenzione all'ambiente, di centralità del climate
change e della sostenibilità ambientale, Lorenzo Peris di IFOAM
Flo-Cert sottolinea che "bisogna trovare degli elementi di distinzione in
questo senso che riguardino l'agricoltura bio e che possano passare
ovunque. E' fondamentale l'impronta carbonio e che nel PSR ci sia la
misurazione della sequestrazione del carbonio e il suo riconoscimento.
Dobbiamo cominciare a farlo noi del biologico e si possono dare dei premi a
chi dà un contributo in questo senso. Una volta stabilito un punto di
partenza che è necessariamente diverso per i diversi territori si
può misurare in che direzione ci si muove. Bisogna partire dai dei
miglioramenti misurabili su delle filiere controllate".
Emanuele Mussa dell'azienda risicola la Garlanda: " Siamo un'azienda medio-piccola di circa 120 ha
e una volta messo a punto il nostro metodo di coltivazione negli ultimi
anni abbiamo lavorato tantissimo nella rinaturalizzazione. Per chiudere la
filiera abbiamo fatto una piccola riseria (10 q.li/ora) e dal seme al
confezionamento facciamo tutto all'interno. Per il seme abbiamo costituito
una piccola azienda sementiera che commercializza varietà di riso
antiche; otto sono registrate e certificate biologiche. Siamo gli unici
sementieri di riso bio, tutti gli altri coltivatori vanno in deroga. Gli
agricoltori debbono tornare ad essere proprietari dei semi e a
autoriprodurli come si è sempre fatto mettendo da parte il seme e
magari selezionandolo. Quando gli altri agricoltori hanno visto che il
nostro metodo funziona hanno cominciato a chiederci e a visitarci per
capire cosa stessimo facendo. Adesso nel nostro paese ci sono 800 ha
coltivati come i nostri.
Il problema è che gli altri agricoltori ci hanno seguiti nella
sola tecnica produttiva e non nella ricostruzione dell'ambiente.
Da qui è nata l'idea di creare Polyculturae che ci consentisse di
incidere anche su questi aspetti. L'associazione riunisce tutti quelli che
già fanno agricoltura biodinamica, rigenerativa, biologica e che
vogliono incrementare la loro agrobiodiversità.
Con il marchio Biodiversitas, gratuito e senza royalty, spendibile
commercialmente, valutiamo non il prodotto ma l'azienda nella sua
interezza. Ci sono otto indicatori da misurare per la certificazione, uno
riguarda l'aspetto 'fitobiologico' messo a punto dal prof. Taffetani;
questo è quello che ha il maggior peso, poi ce ne sono altri sette che
riguardano aspetti come la presenza di varietà antiche. Sono d'accordo con Fattori della Coop Montebello - prosegue Mussa, le
aziende devono professionalizzarsi in tutti i sensi. Non basta più
produrre bene bisogna anche essere capaci di dare dei servizi ecosistemici.
Le aziende devono essere capaci di promuovere anche il proprio ambiente e
tutto questo è traducibile in termini economici".
2. Il secondo tema, che sta nella cornice del biologico delle origini,
quindi si presenta in termini di continuità, è la questione delle motivazioni, delle alleanze e della disposizione collaborativa 11.
E' il riportarsi alla cultura, alla dimensione 'morale' che tiene dentro, anche più di prima,
aspetti di giustizia sociale e di salvaguardia della casa comune, di
ricerca di collaborazioni e di strade per la sostenibilità economica.
Sulla visione, l'orizzonte 'morale'
entro il quale muoversi, ci sembrano importanti gli interventi di Franco
Zecchinato e di Armando Mariano, primo presidente di Aiab e oggi lucido
novantenne.
Zecchinato sostiene una tesi che possiamo così formulare:
tenere insieme, conciliare, mettere in tensione sostenibilità
economica, tecnica e riferimento ai valori culturali,
ossia quel biologico legato ai valori del Movimento: l'ecologia, l'etica,
la salute.
Ne riportiamo alcune frasi.
" Alle origini del movimento biologico ci si ritrovava spesso non come
adesso. Erano anni di grandi ideali, allora abbiamo espresso la voglia di
cambiare in agricoltura, negli stili di vita. E' fin troppo facile oggi
arrivare a dire che bisogna recuperare quel complesso valoriale e di
metterli in pista in un contesto che è cambiato. La riflessione che
sono stato costretto a fare nel corso dell'intervista che Ceriani e Canale
mi hanno fatto è stata molto utile. Io come altri ho attraversato
queste vicende tenendo i piedi in due staffe. Uno era l'aspetto politico
culturale. L'altro era la voglia di realizzare concretamente queste cose
anche in termini economici, della sostenibilità dei processi e delle
filiere per dimostrare che non si trattava solo di ideologia ma si stavano
anche realizzando dei modelli.
E' stato un percorso di grandi positività, di grandi entusiasmi, di
grandi avventure che non va archiviato come un fatto nostalgico ma che
invece dovrebbe aiutarci a superare questi anni di incertezza.
Noi dobbiamo riorientare il nostro lavoro verso altre strade. Però
vedo che negli operatori nuovi, qualunque essi siano, il fatto di non aver
accesso ai valori culturali che sono alla base del movimento
biologico, fa la differenza".
Anche Mariano riflette sulla stessa lunghezza d'onda: "Ai miei tempi
consideravamo il biologico un metodo di coltivazione. Però insieme a
questa parte tecnica
c'era tutta un'anima del biologico che si accompagnava a questa tecnica
diversa di coltivare.
Erano i valori che stavano sotto il biologico e cioè un discorso che
si allargava anche alla politica.
Erano due aspetti collegati, oggi mi sembra che ci sia stata una
divaricazione. Bisognerebbe cercare di riunire di nuovo queste due cose o
meglio informare di più quelli che entrano nel mondo biologico e
renderli più responsabili su questi temi".
Questa continuità si manifesta nel percorso irto di contraddizioni
e di difficoltà del tema del comunitario e nello stesso tempo
della disposizione collaborativa, della ricerca delle connessioni
( v. economia civile - Thompson e Sennett ) anche evitando che diventino mitologie
comunitarie …
"Il tema di cui parliamo - ci dice Giovanni Girolomoni - è quello della cooperazione e della costruzione delle filiere. Il tema
della costruzione delle filiere che era rimasto un po' in ombra nella
logica della certificazione è tornato ad essere centrale per noi. Il
pericolo è che diventi solo un termine di marketing; non c'è un solo produttore industriale che
non usi la parola filiera. Rischia di diventare solo un'espressione
strumentale. Per fare filiere vere gli agricoltori debbono avere un ruolo
centrale.
Biologico e filiera devono andare di pari passo. Gli agricoltori devono
essere protagonisti nella filiera ma per fare questo devono aumentare di
peso attraverso la cooperazione ma anche le OP. Per certi prodotti come il
grano anche il bio è diventato una commodity trattata nelle borse
merci dove il peso degli agricoltori è sempre più marginale se
non si associano in filiere. Ma fare rete e cooperare è solo una
precondizione per aumentare il peso contrattuale. Quando i numeri sono
grandi, come i nostri 20.000 ha, bisogna
professionalizzare, programmare, fornire servizi, supporti, sementi,
assistenza tecnica, formazione, sperimentazione…
Stanno entrando produttori convenzionali, anche molto bravi che vivono di
agricoltura, per cui il bio è l'ultima spiaggia.
Il loro è solo un approccio economico, manca l'aspetto culturale,
allora è necessario fare formazione, cultura
. Piccolo non è sempre bello va commisurato al contesto produttivo e
al settore. bisogna capire il contesto, è necessario mettersi insieme
per evitare la frammentazione. Bisogna costruire dal basso filiere
dove gli agricoltori siano protagonisti" 12.
La costruzione di filiere e di iniziative di questo tipo hanno a che fare
con la capacità delle comunità di favorire "ecosistemi sociali ed
economici" favorevoli alla nascita e promozione di attività in grado
di ricombinare risorse differenti, incrociare bisogni e desideri
emergenti, fare alleanze. Le condizioni basilari riguardano la definizione
di elementi di policies che stimolino ecosistemi favorevoli
all'innovazione e inclusivi e la necessità di ripensare l'uso delle
tecnologie e del digitale in maniera funzionale alle aziende e al contesto
locale e non solo per aumentare il potenziale mercato.
Sono questioni complicate che implicano da una parte la capacità di
rappresentare in maniera complessa il territorio definendone la vocazione,
la forza di rilanciare dispositivi di mediazione sociale che metabolizzino
i flussi lunghi (informativi, economici, umani) che attraversano i luoghi e
dall'altra la gestione dell'innovazione tecnologica, il guardare in faccia
le tecnologie e la digitalizzazione. 13
Nei contesti di innovazione civica che operano secondo pratiche
collaborative, di ricerca di nuove modalità di intermediazione - dopo
qualche decennio di lodi alla disintermediazione - in un'inedita ottica di
produzione di valore condiviso con la propria comunità e che rendono i
luoghi capaci di realizzare sperimentazioni evolutive
si devono affrontare contemporaneamente scelte di innovazione
tecnologica e di superamento del difficile rapporto tra ecologia e
tecnica come si è manifestato nel Novecento e come si presenta
oggi nelle sue più dure implicazioni …
Potremmo riferirci ad esperienze che attraverso la costruzione di filiere
locali, l'innovazione tecnologia e l'uso della comunicazione digitale hanno
affrontato e rilanciato le tematiche dello sviluppo locale, il lavoro e
l'impresa, come vengono riportate nel testo
Ecosistemi digitali. Trasformazioni sociali e rivoluzione tecnologica,
a cura di Andrea Califano.
Nel nostro caso - la ricerca e il seminario a Valli Unite - il tema è
stato sfiorato; merita certamente riportare, qui di seguito, le
sperimentazioni e alcune scelte del Consorzio Conmarchebio, nell'attesa di
mettere all'ordine del giorno in un prossimo seminario il tema del rapporto
con l'innovazione e la tecnica.
Allegati
(riportiamo la scelta di alcune esperienze citando parti dei siti e
frammenti di intervista)
Consorzio ConMarcheBio : contratti di filiera, sviluppo rurale e
digitalizzazione…
In un convegno organizzato dal comune di Senigallia in collaborazione con
il Consorzio marche biologiche, realtà consortile che raggruppa i
produttori biologici marchigiani, sono emerse tutte le potenzialità di
questo settore, che in Italia ha registrato in un solo anno un più 20%
di operatori dedicati e di superficie coltivata.
L'agricoltura biologica ha potenzialmente ampi margini per crescere, ma
occorre un supporto politico, organizzativo e culturale per arrivare a un
suo pieno sviluppo. E' questo, in estrema sintesi, quanto è emerso nel
corso del convegno "Il biologico nelle Marche e le grandi sfide del
mercato", che si è tenuto il 22 dicembre al Palazzetto Baviera di
Senigallia (AN).
L'incontro è stato funzionale sia a ripercorrere le grandi tappe dello
sviluppo del bio in Italia, sia a precorrere alcuni possibili scenari
futuri.
Quella che oggi si sta attraversando è la fase "3.0", caratterizzata
dalla necessità di integrare la sostenibilità ambientale (agro -
ecologia e non solo) con quella economica. In gioco non c'è solo il
futuro dell'agricoltura biologica, ma quello stesso dell'agricoltura. E
qual è la tendenza che bisogna attendersi per un futuro ormai molto
prossimo? La fase "4.0" implementerà il concetto, per alcuni versi
già presente, di "digitalizzazione dell'agricoltura", per una "nuova
conversione" culturale e colturale. Il digitale, dunque, non sarà uno
strumento da accettare o, peggio, da "sopportare", né sarà una
bacchetta magica che permetterà di coniugare la sostenibilità
ambientale con quella economica. Tuttavia, sarà (e in alcune
realtà già lo è) la nuova condizione della persona, prima
che dell'imprenditore, quindi imprescindibile per innovare, organizzare e
professionalizzare il settore primario. Con la digitalizzazione
dell'agricoltura biologica, in altri termini, si ha realmente
l'opportunità di realizzare ambiziosi obiettivi, ovvero "connettere
tutti gli attori della filiera" e rendere fattibile la gestione dell'enorme
flusso di informazioni legate al processo produttivo, come la
programmazione, la certificazione, il monitoraggio, la tracciabilità,
la trasparenza, fino ad arrivare al consumatore finale.
Nel dialogo che abbiamo avuto con Giovanni Girolomoni e Francesco Torriani
abbiamo colto alcune dinamiche di cambiamento e certe scelte di
innovazione…
Giovanni Girolomoni:
Prima eravamo solo agricoltori ma già dal '89 diventiamo anche
industriali:
facciamo un pastificio che è un'attività industriale a tutti gli
effetti. Anche per il tipo di tecnologie che abbiamo usato, macchine
sperimentali… Oggi noi abbiamo un pastificio modernissimo come
tecnologie, efficiente, funzionale.
Dov'è la differenza rispetto ad altri pastifici? Magari che eravamo
completamente dedicati al bio, che non è una cosa da poco. Magari che
siamo concentrati su certe tematiche come la lenta essicazione, che abbiamo
adottato certe tecnologie in modo che ci rispettassero dei principi di
precauzione nutrizionali e quindi una attenzione sulla qualità del
prodotto. Però è una scelta che fondamentalmente può fare
qualsiasi industriale. La prima differenza è che comunque, nonostante
tutto, continuiamo ad essere un pastificio agricolo.
Nel 2008 abbiamo creato la cooperativa Montebello con l'obiettivo
di farla diventare il soggetto agricolo che si occupasse del reperimento
delle materie prime per la cooperativa Girolomoni - trasformazione e
commercializzazione. Siamo partiti da 10 soci fondatori
agricoltori-conferitori e oggi saremo a breve 250. Con una grossa spinta
negli ultimi due, tre anni soprattutto con l'investimento che stiamo
facendo che è quello del mulino.
Se una buona parte del territorio si è convertita al biologico è
sia perché siamo un soggetto serio che pagava, dava delle risposte.
Sia perché dal punto di vista culturale abbiamo fatto un lavoro attivo
con le istituzioni, con le persone... Però poi i soggetti nuovi che
diventano soci della cooperativa Montebello: chi sono? Che storia hanno?
Non sono i fondatori del biologico, sono imprenditori agricoli bravissimi
che hanno anche molte più competenze.
Cosa rimane dell'impegno e dell'idea del fare impresa cooperativa che aveva
tuo padre e cosa invece è cambiato (oltre al cambio di scala, alla
focalizzazione produttiva e la strutturazione della filiera ) rispetto ai
tempi dei pionieri come lui?
Se alla fine facciamo una fotografia di tutta quella che era la
progettualità di nostro padre com'era prima che venisse a mancare,
possiamo dire che stiamo portando avanti tutte le attività; non ne
abbiamo lasciato indietro una. Né la Fondazione culturale, nè la
rivista quadrimestrale Mediterraneo che è l'impegno più
importante ha anzi raggiunto dei numeri maggiori. Sulla parte culturale
continuiamo a investire, perché è prioritaria rispetto alla parte
produttiva dal punto di vista valoriale. Anche con la Fondazione Langer
continuiamo a fare degli scambi culturali.
Con qualche fatica continuiamo a portare avanti tutta l'attività di
accoglienza: il ristorante, l'agriturismo. Con l'idea di legame, di
accoglienza col territorio, vogliamo far conoscere questo territorio. Il
legame col territorio rimane fortissimo e se andiamo a vedere anche dal
punto di vista della filiera certi obiettivi di connessione e di
opportunità per il mondo agricolo sono più forti oggi che ieri
Vogliamo dare delle risposte molto concrete al territorio, non solo
ideologiche, perché il rischio è sempre stato quello di dare
delle risposte ideologiche
Il futuro dell'azienda? Sicuramente in un mondo in cui il concetto di bio
è annacquato, il concetto di oltre il biologico
è importante. Dobbiamo vincere la sfida dal punto di vista della
comunicazione.
Il mulino l'abbiamo fatto soprattutto per avere un controllo completo della
filiera con un feedback continuo tra mulino e pastificio che permette di
migliorare la qualità da ogni punto di vista, sia tecnologico, sia del
controllo della filiera e del processo
Alla fine l'obiettivo qual è? Quel valore aggiunto che andiamo a
prendere sul mercato…
Devi continuare a crescere finchè uno vuole crescere, dipende da dove
si vuole arrivare
… il futuro del biologico in Italia? Si rischia di pensare alla
distribuzione del biologico, che è un problema perché c'è
l'annacquamento di quei valori ma, contemporaneamente, c'è un problema
distributivo in generale che non riguarda solo l'agricoltura bio; riguarda
tutta la distribuzione. Dobbiamo capire, non abbiamo una strategia da
questo punto di vista anche perché sono questioni più grandi di
noi. Il mondo della distribuzione sta andando verso la disintermediazione,
non abbiamo una strategia. Non abbiamo una strategia e-commerce e non
abbiamo e-commerce. Ci sono i consulenti che dicono che l' e-commerce
è già finito, per come l'abbiamo conosciuto fino ad oggi.
Noi nella certificazione ci crediamo e non la mettiamo in discussione. E'
il punto di partenza. Quindi oltre il biologico vuol dire fare della
certificazione il punto di partenza per arrivare dove? Per noi è per
ricostruire il mondo rurale.
Torriani: sull'impegno nel Consorzio i produttori creano
delle associazioni ma anche delle cooperative. Il tema che adesso diventa
fondamentale è che tu alla fine devi comunque misurarti con il mercato, perché quello che produci lo devi
vendere. Ma ti devi misurare anche con i servizi che devi comunque
essere in grado di dare all'azienda agricola che si converte al metodo
biologico.
L'altro ruolo che ha il consorzio Con Marche bio è quello di fare
studi di fattibilità; può essere una struttura strategica nella
misura in cui accetti la sfida che l'agricoltura biologica
non è più una nicchia ma diventa un comparto ( servizi e
progetti pilota…)
Per noi filiera significa far ritornare al produttore una parte importante
della produzione. Molte delle filiere che si stanno affermando adesso
nascono a ritroso. Da noi è il produttore che si organizza in filiera
Mettere in filiera le aziende e programmare le semine, conoscere l'azienda,
capire anche se è una conversione dell'ultima ora o c'è un
imprenditore che ci dà affidamento, che comunque si mette in gioco.
Abbiamo capito che importante non è solo il prezzo finale della
materia prima ma sono i servizi
Secondo noi il futuro dell'agricoltura passa attraverso la coniugazione tra
la sostenibilità ambientale e quella economica. Per portare avanti la
sostenibilità ambientale senza quella economica devi ipotizzare un
reddito di cittadinanza, una sovvenzione agroecologica…
E' la cooperazione, che ti permette di operare in modo flessibile tra
produttori agricoli. E' la filiera che mi permette di mettere intorno a un
tavolo non solo il produttore agricolo ma anche chi trasforma e chi va sul
mercato col prodotto finito
L'altro aspetto è la promozione , sappiamo che saper raccontare quello che facciamo nel mondo agricolo è
strategico.
Noi diciamo che per i seminativi le aziende devono fare rete, fare sistema,
quell'agricoltore che seminava e decideva lui a chi vendere è finita.
L'azienda agricola quando semina deve già sapere a chi conferisce,
deve conoscere i contratti di filiera.
Dico che ci possono essere più agricolture… Noi
abbiamo raccolto la sfida di fare in modo che l'agricoltura biologica sia
il futuro dell'agricoltura delle Marche…
La digitalizzazione ci consente di descrivere il flusso della filiera in
modo dinamico. E tutte quelle informazioni che noi abbiamo possono essere
utili sia per fare assistenza tecnica all'azienda agricola, sia per
l'organismo di certificazione ma anche per il consumatore perché
riusciamo ad avere una tracciabilità fino al pacco di pasta. Fino ad
arrivare al punto che quando il camion arriva per prelevare le mietitrebbie
sono già connesse e man mano che trebbiano ti comunicano la
qualità del grano che stanno raccogliendo
Questo progetto di digitalizzazione lo facciamo direttamente come
Montebello cooperativa e si chiama Bio cereals 4.0 ed è
relativo alla Misura 16.1 ( Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e
forestali Linee guida per lo sviluppo dell'agricoltura di precisione in
italia).
Rete Humus : un'agricoltura che produce servizi, oggi necessari per
l'emergenza climatica, ambientale, e per dare risposte concrete che
arrivano al mercato.
Il tenere insieme mercato e società
L'agricoltura va pensata in un altro modo, non può essere una
produzione di derrate, di commodities, l'agricoltura è una
attività fondante di una comunità, di prodotti e di servizi.
Oggi l'agricoltura bio se è fatta come dio comanda, è
un'agricoltura che produce servizi, oggi necessari per l'emergenza
climatica, ambientale, che deve dare risposte concrete perché queste
risposte arrivano al mercato. (F.Zecchinato)
Bruno Sebastianelli: … da quattro anni abbiamo dato vita insieme ad
altri la Rete Humus, un regolamento, non ancora un nuovo marchio,
, formato da una rete di imprese a livello nazionale, El Tamiso, La Terra e
il cielo, ABC Calabria, Università di Bologna, i medici ISde, dovrebbe
entrare Valli Unite e altri … E' stato fatto un regolamento più
restrittivo di un bio a 360 gradi, garanzia sociale, giusto prezzo ,
ecologia integrata, collegata a Ifoam 3.0
Ma cosa differenzia rete Humus? È un altro modo di fare bio, è un
altro marchio?
Zecchinato: La normativa pubblica è talmente misera che la gente non
sa che (qualcuno) si occupa di fertilità del terreno, di
biodiversità, di giustizia sociale nel lavoro, di impatto ambientale.
La norma è fatta per le grandi imprese che vogliono stare sul mercato
del bio … si può usare questo e quello, non è scritto che
devi piantare alberi, che devi pagare il sindacato …
Rete Humus è uno strumento di rilancio comunicativo sulle cose che
state facendo …
Non dico di tornare alle origini, ma sottolineare gli elementi fondanti
dell'esperienza bio, se no diventa un qualcosa che come in tutte le offerte
della GDO, cresce, si stabilizza. matura e poi cala e ne trovano un'altra.
La pubblicità di Conad mi ha colpito: - cosa sta cercando , signora?
Sta cercando il bio? Noi abbiamo di più, abbiamo l'etica … siamo
oltre.
Bisogna divulgare, strutturare e connettere dei luoghi dove trovi i gangli
di questa rete … rivolgerti a un pubblico di un certo livello
culturale
Ma c'è un discorso di professionalità; mi fido di te, ma non
perché ci vediamo …
Il movimento per il nuovo bio ha bisogno di interlocutori preparati, e di
fiducia. Bisogna fare bene le cose. […] L'intento di fondo con
parecchi punti di domanda è allargare la partecipazione, far
partecipare a Humus soggetti che non sono agricoltori, avere un continuo
interscambio tra soggetti portatori di interessi diversi […]
L'agricoltura va pensata in un altro modo, non può essere una
produzione di derrate, di commodities, l'agricoltura è una
attività fondante di una comunità, di prodotti e di servizi. Oggi
l'agricoltura bio se è fatta come dio comanda, è un'agricoltura
che produce servizi, oggi necessari per l'emergenza climatica, ambientale,
che deve dare risposte concrete perché queste risposte arrivano al
mercato.
Come vedi il futuro di questo mondo del biologico che era nato sulla spinta
di motivazioni ideali che andavano ben oltre il bio?
Zecchinato: Vedo che l'agricoltura contadina intesa come la piccola impresa
sul territorio dovrebbe sposarsi, diventare, senza pretesa di essere il
mercato del biologico, una realtà che occupa uno spazio, che connette
… (che sperimenta) cooperative come la nostra …
Secondo me, e ho una figlia che lavora qui, hanno di fronte anni difficili,
ma dobbiamo aspettare proposte declinate diversamente senza vincolarsi a
vicende passate, che gestisci la distribuzione e le filiere se sai
comunicare il tuo valore aggiunto; il tuo prezzo lo fai perché sai
comunicare il tuo servizio. E' Rete Humus? Lo vedremo.
Il servizio è la capacità di essere tempestivi ( ? …),
è la qualità del cibo, la trasparenza nella filiera… il
servizio è un'ottima formazione degli addetti alla vendita
Avere competenze ma anche memoria di questa tradizione del bio che i
pionieri ci mostrano …
Non so se sarà un prodotto di largo successo, ma servirà a chi
avrà la buona volontà di conoscere, di valorizzare … è
uno spazio da coltivare nelle relazioni che poi diventano anche fatturato.
Le facce giovani come Greta, vanno intercettati, gli va dato qualcosa
… loro cercano coerenza.
Associazione Produttori Agricoli Polyculturae
La Certificazione dell'agro-biodiversità
( dal sito Polyculturae)
Tre aziende agricole risicole di medie dimensioni hanno deciso di dar vita
nel febbraio 2019 a "Polyculturae" una Associazione di Produttori Agricoli,
libera, democratica, senza finalità lucrative ed aperta all'adesione,
partecipazione e condivisione di tutti gli agricoltori che, pur nelle
diversità, condividono nella teoria e nella pratica il rispetto per
tutte le forme di vita naturali dei campi. Gli stessi fondatori vengono da
esperienze diverse, chi, seppur operi in regime di agricoltura biologica da
poco tempo, cerca di fare un passo ulteriore per la ricostruzione
dell'ambiente, chi quel passo da anni ha cercato di farlo ispirandosi a
sistemi di diversificazione colturale come la Policoltura MA-PI …
La scelta del nome, "Polyculturae" è solo in piccola parte un omaggio
alla consociazione e diversificazione delle coltivazioni, in realtà
vuole significare una apertura e l'impegno al confronto tra le varie
"Culture" ecologiste, agricole naturali, primitive o tradizionali di tutto
il Mondo, con le loro idee e soluzioni pratiche.
Gli obiettivi sono quelli di promuovere tra gli agricoltori, ma anche nella
Comunità Scientifica e nella popolazione, lo studio, la diffusione e
l'attuazione pratica del recupero, del rispetto e della tutela della
Biodiversità in generale e, in particolare, degli Agro-Ecosistemi. Una
realtà che nasce dagli agricoltori e, nel tempo, intende continuare ad
essere gestita dagli stessi, seppur le proprie attività saranno
contraddistinte dall'oggettività e dal rigore scientifico, assicurato
dall'autorevole terzietà della Commissione Scientifica e dalla
collaborazione con Università ed Enti di Ricerca Nazionali e
Internazionali.
Polyculturae, per il raggiungimento dei suoi obiettivi, ha intrapreso e
intraprenderà una serie di attività sociali e scientifiche:
Ideazione, istituzione e registrazione di Marchi collettivi finalizzati
alla tutela della agro-biodiversità e degli agro-ecosistemi, gestione
degli stessi, secondo apposito Regolamento, in forma diretta e autonoma o
delegata.
Esercizio delle attività controllo e certificazione in forma diretta e
autonoma o delegata relativamente all'utilizzo dei propri marchi
collettivi.
Organizzazione di studi, ricerche, iniziative scientifiche, azioni
didattiche e divulgative; promozione di convegni, seminari, mostre, eventi
e di altre iniziative culturali nonché dei prodotti a queste
collegate; erogazione di servizi, collaborazioni scientifiche, e
consulenze; realizzazione di attività di formazione professionale,
aggiornamento, perfezionamento e informazione.
L'Associazione Polyculturae è stata fondata dall'Azienda Agricola Una
Garlanda di Rovasenda (VC), dall'Azienda Agricola "Dulcamara" di Romentino
(NO) e dall'Azienda agricola "Priorato" di Trino Vercellese (VC).
La Commissione Scientifica e di Certificazione rappresenta l'organo organo
consultivo di approfondimento scientifico e tecnico sui temi
dell'agro-biodiversità e della biodiversità degli ecosistemi,
svolgendo altresì il ruolo di commissione di certificazione, con
compiti valutativi sugli elaborati ispettivi, che esprime parere vincolante
sulla conformità delle organizzazioni richiedenti ai requisiti
previsti dai documenti tecnici, secondo quanto disposto dai regolamenti
d'uso dei Marchi Collettivi dell'Associazione.
E' attualmente composta da: Prof. Fabio Taffetani - Ordinario di Botanica
sistematica - Direttore Orto Botanico "Selva di Gallignano" - Dipartimento
di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali - Università Politecnica
delle Marche; Prof.ssa Ilda Vagge - Associato di Ecologia del Paesaggio -
Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali: Produzione, Territorio,
Agroenergia - Università degli Studi di Milano
Il Marchio collettivo "BIODIVERSITAS" costituito e registrato
dall'Associazione "Polyculturae", è basato su una "certificazione di
sistema". Oggetto della certificazione saranno i risultati progressivamente
e dinamicamente raggiunti dall'azienda agricola in termini di
Agro-Biodiversità e Biodiversità dell'Agro-Ecosistema (non,
quindi, il tipo di gestione o di tecnica agronomica adottata). Per questo
"Polyculturae" ha un sogno che vuole concretizzare e condividere con quante
più persone e aziende possibili: recuperare, difendere e promuovere la
biodiversità di tutti gli agro-ecosistemi agricoli, a partire da
quelli delle nostre aziende.
Il marchio collettivo "Biodiversitas" certifica il lavoro delle aziende
impegnate nella conservazione della biodiversità, ma attraverso
indicatori "dinamici" consente di valutare l'evoluzione dei livelli di
agro-biodiversità aziendale, stimolando gli agricoltori ad un
miglioramento costante e continuo dell'ambiente e, indirettamente, della
qualità delle proprie produzioni.
I requisiti di certificazione sono basati sulla verifica e valutazione di
alcuni indicatori principali:
composizione, struttura, dinamismo e attivita' biologica delle cenosi
vegetali (verificato, monitorato e valutato con metodi di indagine
floristico-vegetazionali);
metodo di gestione e produzione agricolo (es. agricoltura biologica,
biodinamica, permacoltura, etc.) e presenza e gestione di siepi, arbusti,
frutteti, boschi, etc.;
diversificazione colturale utilizzo e gestione di cultivar e varieta' da
conservazione o antiche;
indice di utilizzazione del suolo (presenza di terreni incolti con buona
presenza di biodiversità) e altre azioni e strategie di incremento
della biodiversita' e presenza di specie protette;
partecipazione e promozione di attivita' di studio, ricerca e divulgative
sulla biodiversità
Bibliografia
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Gianfranco Bologna, I limiti della crescita ( file)
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Dossier Nuova agricoltura (file) - Ecologia e comunità ( file) -
VinNature (file)
Nuova legge agricoltura bio in Piemonte (file) - Indicatori agro ecologia (
file)
Testi e doc. statistici sul biologico: Ifoam 2016 - Neodemos 2018 - Rapporti Oxfam - Rapporto IPBES, piattaforma intergovernativa
sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici - Forum
Disuguaglianze Diversità,
Rapporto « 15 proposte per la giustizia sociale », 2019
Note
1
Testimoni intervistati
Massimo Angelini, storico del mondo contadino, Minceto di Ronco Scrivia - Walter
Meles, Cascina S. Alberto, Rozzano, Milano - Giannozzo Pucci,figura storica dell'ecologismo, Firenze - Renzo Garrone,viaggiatore, ricercatore, Genova - Ottavio Rube,Coop. Valli Unite - Enio Ferretti, Az. Agr. Biologica La Morella, Carezzano Sup. Alessandria -
Pacifico Aina, az. Agric. Cascina Dulcamara, Romentino, Novara -
Armando Mariano e Mavi (moglie), primo presidente di Aiab,Villafalletto, Cuneo - Franco Fischetti,coop Terra e Gente, Albugnano, Asti - Franco Zecchinato, Cooperativa El Tamiso, Padova -Bruno Sebastianelli, Sara e Loris
Asoli, Coop. La Terra e il Cielo, Piticchio di Arcevia,Pesaro e Urbino - Giovanni Girolomoni, coop. Girolomoni,Isola del Piano, Pesaro e Urbino e Francesco Torriani, ConsMarcheBio - Maurizio Gritta,Coop. Iris bio, Calvatone, Cremona - Antonio Corbari, az agric. Corbaribio, Cernusco sul Naviglio, Milano - Manuele
Mussa, Cascina Dell'Angelo, Rovasenda (VC) - Alberto Berton, ricercatore agricoltura biologica .
Riferimenti. di altre interviste in Contadini per scelta e Agricolture di pianura in trasformazione: Marco Cuneo, Lia
Brambilla, Pacifico Aina … e altri come Fabio Brescacin, Alberto
Veronesi, Pier Paolo Lanzarini.
2
Ipertecnologia e agroecologia si presentano come due mondi, due visioni
alternative. Nei processi di cambiamento, di lunga durata, si trovano
ibridazioni e forme tecno organizzative mutevoli, conflitti e alleanze che
portano a risultati imprevisti, discontinuità che accelerano o frenano
certe evoluzioni. Puntare su alcune condizioni, riconoscere il valore della storia,
scommettere su innovazioni sociali e tecniche…
3
P.P Poggio, La crisi ecologica, pg.130 134 - 136.
4
Elinor Ostrom, Governare i beni collettivi, Marsilio, 2006; Ricoveri, Beni comuni vs Merci, Milano, Jaca Book, 2010. Borzaga in
Le conseguenze del futuro. Comunità, Nuove società, nuove
economie
, Feltrinelli, 2019.
5
T
avolo Res, Un'economia nuova, dai Gas alla zeta, Altreconomia,
2013.
6
"E' un mercato diverso, è un Fuori Mercato". Gigi Malabarba (RiMaflow), Vincenzo Vasciaveo (Desr Parco
agricolo sud Milano), Trezzano sul Naviglio, 23 maggio 2017.
7
Tavolo RES
del 27 febbraio 2016 a Bergamo. V. anche il dibattito recente …
8
Luigino Bruni, Le prime radici. La via italiana alla cooperazione e al mercato,
Il Margine, 2012.
Vedi anche Di Iacovo, Fonte e Galasso, Agricoltura civica e filiera corta, paper 2014.
9
Per un'economia trasformativa
di Riccardo Troisi, aprile 2018. Il concetto ancora "aperto" di economia trasformativa: nella
concreta realizzazione di ogni esperienza e attività, indica una
strategia di transizione sistemica, per promuovere forme e strutture di
sviluppo locale, alternative alla struttura economica dominante e ben
diverse da essa. Questa prospettiva si può realizzare attraverso la
creazione o il potenziamento di reti o distretti che mettono in relazione
sinergica attività, imprese e iniziative (forme di economia sociale,
solidale, collaborativa, circolare, di transizione, ecc.), che operano in
ambito socioeconomico, sono essenziali per soddisfare le necessità
della vita quotidiana, ma che ormai profilano forme complesse e strutturate
di convivenza sociale. Per una lettura critica delle proposte di comunità, si veda, Frederic
Lordon, E la Zad salverà il mondo …. In Le Monde
diplomatique, Il Manifesto, ottobre 2019.
10
Si veda la ricerca "
Economia trasformativa: opportunità e sfide dell'economia sociale
e solidale in Europa e nel mondo
" nell'ambito del progetto "
Social & solidarity economy as development approach for
sustainability (Ssedas) in Eyd 2015 and beyond
", iniziativa sostenuta dall'Unione europea, coordinata in Italia dall'ong
Cospe in collaborazione con l'associazione Fairwatch.
11
Nota - Con il virus cosa sta cambiando?
-
Si ritornerà come prima ...
Il virus ha fatto riapparire in tutta l
a sua drammaticità proprio la condizione delle "vita nuda",
condizione che non riguarda più solo chi era stato messo ai
margini dalle accelerazioni della globalizzazione, ma riguarda tutti.
Ha "generato" una contraddizione estrema, perché comprime
drasticamente i legami di socialità ma porta a riscoprire il
valore del mettersi in comune, di
mettere al centro il tema della "comunità di destino", che significa
saper riconoscersi nello spaesamento e nella sofferenza dell'altro.
Il virus genererà apertura o rinserramento, produrrà
solidarietà o rabbia rancorosa, produrrà comunità o
solitudine, nuova energia o isolamento. O anche, dopo un po' di tempo,
si annebbieranno le tensioni del "cambiamento" e si ritornerà come
prima … Queste due righe per indicare lo scenario di qualche idea
e orizzonte che ci contiene e che può influenzare le pratiche di
cittadini, agricoltori, sommersi e salvati, di istituzioni.
-
Quali spazi per dispositivi di collaborazione
Basta la voglia di comunità? oltre al vaccino occorre produrre
anticorpi sociali che si mettono in mezzo producendo inclusione. Nuovi
dispositivi di collaborazione …
Di un certo interesse sono le proposte del "Pro memoria per il dopo" del
Forum disuguaglianze/diversità di Luciano Barca. Sono indicati alcuni ambiti
prioritari: … azioni di solidarietà all'interno
delle comunità territoriali e a livello nazionale; forme di
auto-organizzazione e mutualismo; visibilità pubblica dei lavoratori e
delle lavoratrici "essenziali"; emersione nelle nostre preferenze di
"ciò che davvero vogliamo"; impegno delle organizzazioni di
cittadinanza attiva per affiancare i più vulnerabili e propugnare
idee; creatività imprenditoriale.
12
Nel seminario del 18 gennaio 2020 sul tema Alberto Berton ha presentato
questa posizione: " Nel biologico si è
sempre cercato di costruire un altro mercato. La storia del
biologico è una storia della costruzione di altri mercati. Il piccolo
è bello ha funzionato per parecchi decenni, se adesso entrano in campo
i big è perché si è costruito dal piccolo qualcosa che ha
funzionato . Sia a livello produttivo che distributivo si è potuti
crescere attraverso un'aggregazione. Non è necessario che la singola
unità produttiva/distributiva diventi sempre più grande. Non si è cercato di uscire dal mercato, come
alcuni approcci anche recenti, ma si è cercato di costruire un altro mercato dove il
problema non è fare profitti sul capitale investito ma portare a casa
un reddito. Questa economia funziona più di quella 'grande'".
13
Come tutte le tecnologie, la digitalizzazione non è né buona
né cattiva. Dipende dall'uso che e ne fa. O più esattamente
dall'elaborazione culturale politica che di essa viene fatta.
Mauro Magatti In Fondazione Feltrinelli Ricerca, 10 idee per convivere con il lavoro che cambia, 2017 (p. 15 - 22).