Nel marzo 2019 la Società Italiana di
Storia del Lavoro (SISLav) ha dato vita ad un gruppo dedicato ad
Ambiente, salute e lavoro
(https://www.storialavoro.it/gruppi/ambiente-salute-e-lavoro/).
Il terreno della salute dei lavoratori e dell’ambiente di lavoro,
negli ultimi anni, non è stato particolarmente battuto dagli storici
del lavoro italiani, piuttosto da alcuni valenti storici della
medicina come Franco Carnevale e Alberto Baldasseroni,
sensibili con continuità e costanza anche quando queste tematiche –
presenti in modo significativo nel dibattito storiografico fino agli
anni ’80 – sono poi declinate a causa della marginalizzazione del
lavoro manuale e industriale nel discorso pubblico. Eppure la cronaca
ci rimanda in continuazione la rilevanza e attualità del problema,
mentre la storiografia internazionale è molto meno disattenta di
quanto non lo sia quella italiana.
Il processo di costruzione del gruppo
di lavoro SISLav si è inserito all’interno di un movimento
molecolare di risveglio dell’interesse, negli ultimi anni, verso il
nesso fra ambiente, salute e lavoro, non solo industriale. Se la
storia ambientale – in piena autonomia – si è avvicinata alla
questione industriale e in genere produttiva dal punto di vista del
territorio, delle risorse limitate e dell’impatto sulle comunità,
la storia del lavoro ha cominciato a fare il percorso inverso, come
si sarebbe detto negli anni ’70, “dalla fabbrica al territorio”.
La costituzione del richiamato gruppo SISLav, negli ultimi anni, ha
incrociato alcune iniziative rilevanti per riprendere il filo di un
approccio che aveva avuto fino ad allora un andamento carsico: un
numero speciale del Giornale di storia contemporanea del 2016,
dedicato a lavoro, salute, ambiente di lavoro, prevenzione fra ‘800
e ‘900;
un numero speciale della rivista Venetica dedicato alla
medicina del lavoro nel Nordest del 2019;
un convegno di Clionet, sempre del 2019, dedicato a genere, salute e
lavoro dal fascismo alla Repubblica e i cui atti poi sono stati
pubblicati all’inizio del 2020 da BraDypUS.
Il gruppo SISLav, dopo una seminario di
riflessione interna a Firenze nel giugno 2019 e un seminario pubblico
presso l’Università della Campania a Santa Maria Capua a Vetere
nel novembre 2019
(https://www.letterebeniculturali.unicampania.it/dipartimento/avvisi/1350-seminario-ambiente-salute-e-lavoro),
nel 2020 avrebbe dovuto proseguire la sua attività, ma è stato
bloccato – come tutti – dalla pandemia da Covid-19 e dalla
sospensione di tutte le iniziative pubbliche. Però la pandemia ha
sollecitato diversi aspetti su cui il gruppo aveva iniziato a
riflettere: il tema delle zoonosi ci ha messi di fronte agli effetti
di una promiscuità socio-ambientale e senza diaframmi fra spazi
umani e non umani a causa dell’impatto della nostra invadenza e
aggressività produttiva e di consumo; il tema della prevenzione, del
limite e del principio di precauzione sono tornati prepotentemente
alla ribalta anche se nei termini di polizia sanitaria; la pandemia
ha evidenziato un problema di sanità pubblica che l’Occidente
pensava non avrebbe più dovuto affrontare, con il corollario di
tutte le diseguaglianze sociali, di genere e generazionali, di fronte
alle quali si è scoperto impreparato; è esplosa poi la fragilità
dei sistemi sanitari e dei loro modelli organizzativi, logorati da
decenni di crisi e disinvestimento dal Welfare; le politiche
di intervento e di chiusura in molti paesi hanno assunto, in forme
più o meno esplicite e forse inevitabilmente, un andamento direttivo
e prescrittivo senza concertazione con gli attori sociali (o con
forme opache di negoziazione separata); né pare vada meglio di
fronte alle nere prospettive di profonda crisi strutturale delle
economie globali e delle relazioni di interscambio.
Nel caso italiano, in una prima fase,
molti osservatori, non solo sindacali, sono stati colpiti
dall’incapacità e qualche volta dalla mancata volontà di
coinvolgere in maniera sistemica nel processo decisionale i
lavoratori non solo della sanità ma anche quelli legati alle altre
attività produttive e di servizio, con molte incertezze a più
livelli rispetto alla individuazione di quelle essenziali e
all’implementazione dei protocolli di protezione degli addetti. Gli
effetti si sono visti nelle ambiguità e nelle falle della
prevenzione dell’organizzazione del lavoro, a cominciare dalla
sanità. I sindacati hanno dovuto minacciare lo sciopero per farsi
prendere in considerazione e comunque con un evidente minor peso
rispetto ad altri portatori di interesse economico. La differenza fra
i settori produttivi, di dimensionamento di impresa e di modelli
organizzativi (si pensi alla logistica e al ruolo che ha svolto di
connettivo socio-economico ma anche di vettore del contagio), hanno
accentuato, magari ribaltandole momentaneamente, le differenze
territoriali del nostro paese. Analoghi problemi si sono poi
riproposti al momento di decidere la graduale riapertura, con
atteggiamenti a volte irrazionali dal punto di vista della
responsabilità sociale degli attori, soprattutto delle imprese
ripiegate nell’angosciosa (e in parte comprensibile) autarchica
difesa dei propri interessi primari. Produzione e ambiente sub
specie salute pubblica, nella pandemia, sono entrati per
l’ennesima volta in frizione: e il lavoro però si è trovato nel
mezzo, a garantire responsabilità sociale verso la collettività ma
senza vedersi garantite sempre adeguate misure di protezione e
prevenzione.
Se negli anni le crisi ambientali
avevano spesso visto confrontarsi da una parte le ragioni
dell’impresa e del lavoro e dall’altra quelle dell’ambiente, in
questo caso la pandemia ha reso palese quanto sia molto più
complessa la dinamica sociale del conflitto e quanto la debolezza del
lavoro e dei lavoratori non pesi soltanto su di loro ma anche
sull’ambiente e quindi sulla cittadinanza, se – come nei tempi
andati, fortunatamente con minore virulenza e violenza – l’ambiente
ci piomba addosso in forma primordiale e basica, mettendo a nudo la
nostra fragilità biologica in termini di salute individuale e
collettiva e evidenziando la persistente limitatezza di risorse e
strutture di cui disponiamo per la nostra sicurezza ambientale, per
quanto incomparabilmente superiori rispetto al passato. Il gruppo
SISLav ha pensato così di organizzare un seminario online,
rigorosamente a distanza, intitolato Servizio sanitario,
prevenzione sul lavoro, partecipazione democratica: sull'attualità
di Ivar Oddone, svoltosi il 22 maggio 2020.
Il seminario, introdotto dal
sottoscritto e da Gilda Zazzara (Università di Ca’ Foscari
Venezia), vedeva i contributi di Gianni Marchetto (pensionato, ex
delegato FIAT e funzionario FIOM torinese, presidente
dell’associazione Mappe Grezze), Franco Carnevale (medico del
lavoro e storico della salute dei lavoratori), Fabio Capacci
(responsabile del Servizio territoriale di prevenzione, igiene e
sicurezza nei luoghi di lavoro della ASL 10 Toscana Centro). Su
sollecitazione di Gianni Marchetto, riflettendo polemicamente sulle
defaillances del sistema sanitario regionale di fronte alla
pandemia e sulle scelte politiche effettuate negli ultimi decenni
dalle classi dirigenti, il punto di partenza era quello di
confrontarsi con la dimensione di partecipazione che negli anni ’70
accompagnò due movimenti: da una parte, il movimento dei delegati di
fabbrica (e poi, più limitatamente, di zona) per costruire un
sistema di prevenzione della salute e dell’ambiente di lavoro che
modificasse in profondità l’organizzazione del lavoro, con
ricadute anche esterne alla fabbrica (le prima forma di
“ambientalismo operaio”);
dall’altra, il movimento per la riforma sanitaria, la nascita di un
sistema nazionale articolato sulle Unità Sanitarie Locali e
costruite sulla logica della prevenzione di comunità e sulla
medicina territoriale di base, quella che – depotenziata negli
ultimi decenni – è andata in crisi con la pandemia. Il 2020 è
l’anno del cinquantennale dello Statuto dei diritti dei lavoratori
del 1970, che proprio attorno al diritto alla salute e all’integrità
psico-fisica dei lavoratori, ai diritti di formazione e informazione,
costruì le premesse giuridiche per cui quei due movimenti poterono
ottenere straordinari risultati. Gli anni ’70 furono gli anni in
cui si cercò provvisoriamente di superare lo scambio ineguale fra
lavoro e salute, fra lavoro e ambiente. Il seminario è stata anche
l’occasione per ricordare una figura determinante di quelle vicende
e dell’elaborazione di un modello sindacale della prevenzione, Ivar
Oddone (1923-2011),
medico e psicologo del lavoro, innovatore, grande organizzatore
scientifico e culturale,
e per capire quanto ancora di quegli anni può parlare all’oggi. In
questo gli interventi dei tre relatori e poi la discussione sono
stati molto utili e illuminanti.
E’ possibile rivedere la
registrazione di questo seminario alla pagina YouTube della SISLav:
https://www.youtube.com/watch?v=GptQM67UKlQ&t=8s
.
Note