Il saggio introduttivo e la
corrispondenza che seguono sono stati recentemente pubblicati nel
volume Giorgio Nebbia, La terra brucia. Per una critica ecologica
al capitalismo, Milano, Jaca Book, 2020.
Dario Paccino è stato una delle figure
più visibili del primo ecologismo politico italiano, nella prima
metà degli anni Settanta. Il suo impegno maggiore fu in quegli anni
la cura della rivista “Natura e società”, organo della
Federazione Pro Natura, in collaborazione con il botanico Valerio
Giacomini
che di Pro Natura era il presidente, ma la memoria che si ha ancor
oggi di lui è legata principalmente al libro L’imbroglio
ecologico,
un impegnativo testo pubblicato da Einaudi nel 1972 che ebbe un
grande successo e avvicinò alle questioni ambientali un gran numero
di militanti di sinistra.
Paccino, nato ad Albenga nel 1918,
veniva da un’esperienza resistenziale nelle Brigate Matteotti e
proprio durante la Resistenza aveva iniziato a scrivere, collaborando
al quotidiano del Partito socialista “Avanti!” ancora
clandestino. Dopo la guerra aveva continuato a lavorare nel campo
dell’editoria come giornalista, addetto stampa, curatore di riviste
e scrittore. Pur collaborando al ramo editoriale di grandi enti come
il Touring Club e l’Automobile Club d’Italia, Paccino aveva
iniziato sin dagli anni Cinquanta a pubblicare libri propri attorno a
tematiche che lo interessavano particolarmente. Nel 1956 era stato il
turno di Arrivano i nostri
per le Edizioni Avanti, sul massacro degli indiani d’America, dieci
anni dopo aveva firmato con Mario Lodi un corso in tre volumi di
scienze naturali per le scuole medie.
L’impegno politico e l’interesse per temi di tipo ambientale
avevano quindi indotto Valerio Giacomini, chiamato nel 1969 alla
presidenza di Pro Natura, a chiedergli di collaborare per lanciare
una rivista dell’associazione, che uscì appunto nel 1970 con il
titolo “Natura e società”.
La gestione di Giacomini e di Paccino
tentò di dare un forte impulso a Pro Natura, sia per quel che
riguarda l’organizzazione interna sia per quanto riguarda la scelta
delle tematiche e il taglio politico.
La sfida era quella di tentare di trasformare una federazione di
piccoli gruppi locali, poco visibile e poco strutturata, in
un’associazione coesa, autorevole e influente a livello nazionale,
capace soprattutto di cogliere i rapidi cambiamenti che
attraversavano l’ambientalismo e la società italiana e di dar loro
una risposta adeguata. “Natura e società”, curata da Paccino, fu
uno dei pilastri di questo progetto.
Giorgio Nebbia, convertito
all’attivismo ambientalista dalla metà degli anni Sessanta, si
rese conto molto presto del significato del nuovo corso di Pro Natura
e - come aveva fatto già scrivendo nell’agosto 1968 a Fulco
Pratesi riguardo al Wwf
- si mise subito a disposizione presentandosi e chiedendo
informazioni sulle attività dell’associazione.
Questo avvenne nel luglio 1969 e a rispondergli fu proprio Paccino
chiedendogli peraltro della possibilità di fondare una sezione di
Pro Natura a Bari.
Iniziò così un lungo e fecondo
rapporto che nei primi due o tre anni incrociò diversi importanti
eventi della nascente l’ecologia politica italiana, il filone
dell’ambientalismo che fondeva tutela ambientale e questione
sociale.
Con la consueta generosità, Nebbia si
offrì anzitutto di promuovere Pro Natura a Bari, progetto che
dovette accantonare alla fine del 1970 quando si profilò il suo
grande impegno per la preparazione della partecipazione vaticana alla
conferenza Onu sull’ambiente che si sarebbe svolta a Stoccolma due
anni dopo.
Ciononostante le occasioni di collaborazione e di incontro tra Nebbia
e Paccino si moltiplicarono, dal pionieristico convegno milanese
“L’uomo e l’ambiente” del 22 aprile 1970 - giorno del primo
Earth Day planetario - organizzato dalla Federazione delle
associazioni scientifiche-Fast
agli articoli scritti da Nebbia per “Il giorno” sulle attività
di Pro Natura, dal comune tentativo di coinvolgere i sindacati nella
battaglia ambientalista all’affidamento allo stesso Nebbia di una
delle cinque relazioni ufficiali del congresso dell’associazione
che si tenne nell’ottobre del 1970 a Bressanone.
Dal settembre del 1970 il rapporto
diventò più intimo e profondo: si passò al “tu” - cosa che
all’epoca aveva un significato e delle implicazioni molto più
impegnative di oggi - e a scambi di opinione più ampi, che finirono
col toccare aspetti nevralgici del lavoro di ciascuno.
Le lettere del periodo 12 ottobre
1971-25 luglio 1972
che qui presentiamo sono caratterizzate appunto da questo scambio di
opinioni aperto e franco e dal fatto che incrociano - come si è
detto - alcuni eventi capitali tanto nella biografia dei
corrispondenti quanto nel rapporto che si stava faticosamente
instaurando in quegli anni in Italia tra battaglia ambientalista e
lotta di classe.
Uno di questi eventi fu la
pubblicazione da parte di Laterza di Morte ecologica,
traduzione italiana di un fascicolo speciale del 1972 di “The
Ecologist” intitolato Blueprint for Survival.
L’opera, un vero manifesto per la ristrutturazione ecologica della
società, era stato concordato e firmato da buon numero di studiosi
ed ecologisti britannici, materialmente steso da Edward Goldsmith.
Avendo avuto un enorme successo nei paesi anglosassoni, non fu
difficile per Giorgio Nebbia convincere l’editore barese a
pubblicarlo tradotto da Gabriella Menozzi Nebbia e con una sua
introduzione.
Tra gli altri eventi, due furono di
particolare importanza e occuparono non casualmente buona parte della
discussione epistolare.
Il primo fu il convegno organizzato
dall’Istituto Gramsci sul tema Uomo natura società: ecologia e
rapporti sociali e tenuto nella scuola del Pci di Frattocchie il
5-7 novembre 1971.
Era la prima volta in Italia in cui un grande organismo della
sinistra di classe, anzi il più grande e influente, si chinava
organicamente ad analizzare e discutere la questione ambientale. Il
ritardo sia culturale che politico del Pci e della Cgil stava
diventando cronico rispetto a una tematica sempre più popolare e
bruciante e il convegno dell’Istituto Gramsci cercò di rispondere
in grande: tre giorni di lavori, una trentina di relazioni ufficiali,
un dibattito ampio e serrato e l’impegno a riportare i temi al
congresso nazionale del partito che si sarebbe tenuto di lì a poco.
Il tutto in tre dense sezioni tematiche: ecologia e teoria; ecologia,
scienze e tecnologia; ecologia, lotte, amministrazione, riforme. In
una situazione ancora poco strutturata, anche un personaggio non
organico al Pci ma in ogni caso autorevole come Paccino poté essere
chiamato a collaborare sia presentando una relazione sia coinvolgendo
altre figure. E Paccino coinvolse Nebbia, chiedendogli un intervento
tecnico qualificato ma facendolo anche partecipe delle sue critiche
all’impostazione “moderata e socialdemocratica” del Pci alla
questione ecologica.
Nella medesima lettera, la prima che
pubblichiamo, in cui Paccino invitava Nebbia a partecipare al
convegno del Gramsci compariva il primo accenno al “libro che
pubblicherà Einaudi”, cioè a L’imbroglio ecologico. E
attorno alla preparazione del libro, ai suoi contenuti, al suo taglio
e al suo successo i due tornarono poi spesso e talvolta
approfonditamente, in un dialogo affettuoso e costruttivo anche nel
parziale dissenso.
Proprio l’informalità e la totale
sincerità di questo scambio epistolare permettono di delineare le
analogie e le differenze di due figure centrali nell’incontro tra
ecologia e lotta di classe
della prima metà degli anni Settanta.
Dario Paccino è anzitutto - e rimarrà
fino alla morte nel 2005 - un militante votato alla causa degli
sfruttati e al ribaltamento radicale dei rapporti di classe. Armato
di un forte slancio morale e di una solida formazione teorica,
combatterà sempre le derive moderate e compromissorie - con gli anni
del resto sempre più forti - delle sinistre italiane e dei grandi
sindacati. La sua precisa consapevolezza del carattere devastante del
modo di produzione capitalista sull’ambiente rende in lui
inscindibile battaglia ecologista e lotta di classe, dove però la
seconda è prioritaria perché soltanto attraverso di essa si può
avviare ad esaurimento il capitalismo, prima e fondamentale causa
dell’ecocatastrofe planetaria. Forte di queste convinzioni ma anche
di una postura culturale all’epoca predominante nella sinistra
“eretica”, Paccino punta quindi a costruire, raccogliere e
organizzare sul fronte ecologista le forze più coerentemente e
affidabilmente anticapitaliste, senza concessioni a forme di
ecologismo “moderate”.
Al fondo Giorgio Nebbia concorda con
l’analisi teorica di Paccino, come farà poi sempre: è la rapacità
del profitto, cioè del meccanismo che guida in modo ferreo e cieco
la mega-macchina capitalista, la principale minaccia attuale
all’integrità della biosfera e alla sopravvivenza dell’umanità.
Non è la sola,
certo, ma allo stato attuale dello sviluppo delle tecnologie e
dei rapporti produttivi è senz’altro la principale, e in questo
concorda anche con il collega e amico Barry Commoner del quale
introdurrà versione italiana della seconda del Cerchio da
chiudere.
Ma Nebbia è figura più composita,
poliforme e in fondo più generosa e il suo apostolato ecologista è
sempre a 360 gradi, senza ingenuità ma anche senza pregiudizi e
preclusioni di sorta, intimamente convinto com’è che la priorità
va data alla salvezza del pianeta e a tutte le persone e a tutte le
forze che sinceramente si impegnano per essa. Questa maggiore
apertura di Nebbia emerge a tratti nelle lettere a Paccino, in quelle
qui incluse come in quelle dei due anni precedenti, ma si palesa in
particolare nella distanza tra la sua analisi e quella del resto
della sinistra italiana riguardo ai Limiti dello sviluppo e
all’opera di Aurelio Peccei e del Club di Roma.
Nebbia seppe infatti vedere sin dall’inizio, nonostante i suoi
tanti limiti, la sincerità, la correttezza e l’urgenza
dell’approccio di Peccei e lo sostenne senza riserve, garbatamente
ma fermamente, all’interno di una sinistra sistematicamente
diffidente e ostile, a partire proprio da Paccino.
A guardare queste lettere di quasi
mezzo secolo fa alla luce dell’evolvere inarrestabile della crisi
ambientale globale viene da pensare che tanto la nettezza teorica e
politica di Dario Paccino quanto la generosità e l’apertura
mentale di Giorgio Nebbia vadano recuperate come risorse
imprescindibili per continuare l’impegno per la salvezza del
pianeta e dell’umanità.
Dario Paccino a Giorgio
Nebbia, 12.10.1971
Carissimo Giorgio,
grazie della tua cortese, sollecita
risposta al mio invito al Gramsci.
Il convegno sarà tenuto alle
Frattocchie dal 5 al 7 novembre. Ti farò mandare l’invito.
Non entro in merito circa
l’impostazione “moderata e socialdemocratica”. Che il PCI sia
moderato e socialdemocratico, non c’è dubbio. Che cosa non sia,
ecologicamente, moderato e socialdemocratico lo dico nel libro che
pubblicherà Einaudi.
Mi sarebbe gradito fartelo leggere
prima della pubblicazione, poiché devo attaccare quelle che tu
definisci posizioni radicali, e che per me fanno parte invece
dell’armamentario borghese. Mi spiace travolgerti indirettamente
nella mia critica, ma è per quel principio dell’importanza
dell’amicizia di Platone, ma della maggiore importanza
dell’amicizia della verità. E la verità, per me, è che senza un
ribaltamento dell’economia politica, tutte le posizioni
filosofiche, comprese quelle ecologiche, sono sovrastrutture
dell’economia borghese: economia che non si muove con le belle idee
ma con la lotta (contraddittoria fin che vuoi, ma lotta) del
proletariato.
Dette così le cose possono anche avere
l’aria di rigurgito ottocentesco. La realtà però ci mostra che
giornalmente crepano di fame (secondo le statistiche) diecimila
persone, per cui non dev’essere anacronistico impostare la
filosofia sulla lotta perché il prossimo non crepi più di fame.
Bando per ora al libro (lo leggerai, e
mi attaccherai a tua volta, e farai bene: l’importante è che sia
fatto con la pulizia che caratterizza i nostri rapporti).
Non parlare solo di difesa, parla anche
di razionale amministrazione (ma razionale per chi? per il padrone o
per gli amministrati, ché ho il dubbio che anche la razionalità ha
una divisa di classe).
Sindacati. Ti mando la copia della
lettera scritta ai sindacati. Pensa quindi quanto mi interessa la
cosa (anche se i sindacati sono ormai seduti). Se il convegno si
farà, dovresti farla da protagonista, se sei d’accordo.
Grazie per gli articoli. Li leggerò, e
ti farò sapere la mia opinione, oppure ti rimanderò al libro.
Vedi che ancora torna il libro! A
proposito: un punto che dovresti aiutarmi a chiarire è questo (se lo
farai, citerò la tua opinione, questa volta positivamente!):
prodotti di sintesi ed energia nucleare sono da mettere al bando
nonostante lo sconquasso economico che ne deriverebbe, oppure si
tratta di elementi che, se tolti dalle mani del padrone, potrebbero
essere utilizzati con cautela? Il che rientra nel più vasto
problema: fino a che punto l’industria (anche se sottratta al
padrone) può aiutarci ecologicamente, e dove invece dev’essere
limitata se si vuol evitare l’ecocatastrofe?
La Nuova, Italia di Firenze mi ha
proposto la stesura di un libretto di ecologia quale testo di lettura
per le prime tre medie. Lo farò appena ne avrò il tempo. Ho fatto
però presente che se tu avessi voglia, potresti scrivere eccellenti
cose sulla chimica e su tanti altri argomenti.
Questi libretti devono essere contenuti
nelle sessanta-sessantacinque cartelle dattiloscritte. Compenso:
duecentomila lire. Se la cosa ti interessa, dimmelo, che ti metterei
in contatto con il dirigente della Nuova Italia che si occupa
dell’iniziativa.
Caro Giorgio, ho scritto la presente di
corsa, facendo come al solito casino. Scusami, voglimi bene. Ti
ricordo con affetto. Ciao.
Dario
All.
1. Mozione approvata a Torino
All.
2. Lettera ai sindacati
All.
3- Lettera si sindaci.
Perché
non fai qualcosa per Natura-Società?
Giorgio Nebbia a Dario
Paccino, 15.10.1971
Carissimo Dario,
non ricevuto risposta alla mia lettera
del 4 ottobre; qualcuno però mi ha detto che il mio nome era
inserito fra quelli del convegno dell’Istituto Gramsci e quindi
credo che la mia lettera sia arrivata.
Avrei avuto piacere di conoscere il
programma dettagliato e gli altri relatori: puoi farmi scrivere?
Ti mando il testo provvisorio del mio
intervento. Se sarà riprodotto ti prego di farmene riservare alcune
copie in più; se sarà fatto un fascicolo dovrò rivedere e
aggiornare il testo.
Grazie, se puoi fammi sapere qualcosa e
gradisci intanto molti affettuosi saluti anche dai miei e per i tuoi.
Giorgio
Dario Paccino a Giorgio
Nebbia, 29.10.1971
Caro Giorgio,
ti mando qui unita la copia di una
scaletta di relazione per il convegno del 6-8 novembre prossimo sul
tema “uomo, natura, società”. Come vedi, è previsto un gruppo
di esperti. Per l’acqua, si è pensato a te, autorevolissimo in
materia, ma non so se la cosa possa interessarti, sia per
l’impostazione della relazione (anche se è evidente che gli
studiosi non hanno in merito alcuna responsabilità, essendo il loro
un contributo tecnico), sia per i molti impegni che hai, di ben più
grave momento. Comunque, qualora ne abbia voglia, e non ti manchi il
tempo, dovresti mandarmi 5-6 cartelle entro il 10 ottobre. Ti sarei
grato se in ogni caso vorrai scrivermi se posso o no contare sulla
tua collaborazione. (Gli altri studiosi sarebbero, sempre che
accettino: Giacomini e Bettini.
C’è inoltre il problema del geologo, che non abbiamo ancora
designato, non sapendo a chi affidarci per informazioni sicure circa
la conservazione del suolo nei rapporti con l’assetto del
territorio).
Ti giungano i miei più cordiali
saluti. Arrivederci,
Dario
PS - Oltre che il mio testo, includo
anche il promemoria dell’arch. Sebasti,
molto più tecnico, e che perciò dà già un’idea di ciò che
dovrà essere lo sviluppo dei concetti per la parte urbanistica.
Giorgio Nebbia a Dario
Paccino, 4.11.1971
Carissimo Dario,
solo stamattina ricevo la tua gentile
lettera del 29 ottobre. Ti ringrazio e certamente aderisco al tuo
invito a partecipare al convegno indetto per il 6-8 novembre prossimo
dall’Istituto Gramsci.
Perché non dovrebbe interessarmi la
cosa, per la sua impostazione moderata e socialdemocratica? Pazienza,
bisogna fare anche questo. Comunque cercherò di essere più
provocatorio che posso e mi preparerò bene.
A me va bene l’argomento della
“difesa delle risorse idriche e assetto del territorio”, ma, se
sei d’accordo con me, vorrei parlare non solo di “difesa”, il
che fa pensare agli inquinamenti, ma piuttosto della razionale
amministrazione delle risorse idriche e dell’influenza che tale
amministrazione può avere sull’utilizzazione del territorio.
Se credi, perciò, al posto di “difesa”
forse si potrebbe mettere “utilizzazione” comprendendo sia una
nuova politica dell’uso delle risorse che una politica di lotta al
deterioramento e agli inquinamenti.
La possibilità di incontrare Giacomini
e Bettini mi va benissimo; non so suggerire nessun geologo; quei
pochi che conosco sono legati ad interessi settoriali di enti o
privati.
A me interessa in particolare la
discussione che spero sia possibile sul primo punto, quello della
mistificazione dell’ecologia. Vorrei comunque chiarire che non
tutti, fra noi, nel dibattito ecologico “volutamente” non
sfiorano gli aspetti concreti. Ho meditato a lungo su questo e spero
che il dibattito contribuisca a chiarire le idee.
Adesso altre due brevi cose.
Nell’ultimo numero di “Natura/Società” l’articolo di
Peyronel
prospettava la necessità di incontrare i lavoratori, un discorso che
del resto avevamo da tempo fatto anche noi due. Dopo il
contro-comizio in occasione delle elezioni, adesso questo incontro
l’abbiamo fatto coi lavoratori dell’ENEL. È poco, ma è un
inizio. Ti mando una breve nota distribuita dagli organizzatori.
Ti mando anche un saggio che “Il
Popolo” ha pubblicato a puntate nelle scorse settimane e che forse
ti interesserà.
Molti cari saluti a te e ai tuoi anche
a nome dei miei. Affettuosamente
Giorgio
Dario Paccino a Giorgio
Nebbia, 14.11.1971
Caro Giorgio,
ti mando la relazione del Gramsci, come
d’accordo. Unisco pure un corsivo, che ho scritto per il prossimo
numero 41 N-S, e che penso ti interesserà in modo particolare.
Ciao. Arrivederci a Milano.
Dario
Tutela dell’ambiente e
assetto del territorio ce li manderebbe in galera il Pci gli
inquinatori? [allegato alla lettera di Dario Paccino a Giorgio Nebbia
del 14.11.1971]
L’Istituto Gramsci ha organizzato
alle Frattocchie (Roma) un convegno sul tema svoltosi dal 5 al 7
novembre scorso. Una manifestazione interessante anche perché
dimostra che ne è passata dell’acqua sotto i ponti da quando
Fortebraccio, dopo la conferenza di Strasburgo, scrisse sull’Unità
che la natura non gli interessava, non essendo interessati ad essa i
metalmeccanici.
Sul piano teorico si è riconosciuto
che concepire la natura come puro antefatto, come ha fatto
Gramsci, è in definitiva idealismo. Come non c’è l’uomo
esclusivamente naturale, così non c’è l’uomo esclusivamente
sociale.
Questo in sostanza è stato detto, e
questo è molto positivo.
Altro aspetto positivo del convegno: il
proposito di investire il partito comunista della problematica
ecologica. Bisognerà vedere, naturalmente, come ne sarà
“investito”, e con quali finalità pratiche. Comunque è
interessante che il dibattito ecologico entri in un partito di massa
come il PCI.
Quel che non ci ha convinti è la
timidezza del Gramsci per qualsiasi sortita sul piano pratico. È
stata fatta la proposta da due relatori di votare una mozione che
sottolineasse la necessità, per la tutela ambientale, di un
assetto territoriale regolato da una legge urbanistica che
sancisca il controllo pubblico dell’uso del territorio: e la
proposta è stata elusa.
D’altra parte è stato sottolineato
dal segretario del Gramsci, Franco Ferri, il pericolo che la lotta
contro gli inquinatori privi del pane gli operai, specie se
dipendenti da piccole aziende. Pericolo riecheggiato anche nel
discorso conclusivo di Giovanni Berlinguer.
Che nella realtà tale pericolo
sussista è indubbio. Ma non può non sorprendere che un grande
partito come il PCI non abbia una sua proposta per contrastare chi,
piccolo o grande, fa valere il ricatto: “Se non mi lanciate
inquinare, chiudo la fabbrica.”
Giorgio Nebbia, che non è comunista,
parlando il 2 ottobre scorso al circolo ricreativo ENEL di Bari
sul tema l’ambiente e i sindacati ha detto: “La parte più
greggia dell’establishment economico o aspetta che la tempesta
(ecologica) passi, o ricorre al vecchio discorso ricattatorio,
inventato fin dagli inizi della rivoluzione industriale ad ogni
proposta di riforma: io, imprenditore, offro posti di lavoro: che
cosa sono queste storie dell’ambiente che mettono bastoni fra le
ruote, fanno aumentare i costi, non permettono di resistere alla
concorrenza? Se volete i depuratori, i cicli produttivi puliti, la
difesa dell’ambiente, non posso più produrre, chiudo la fabbrica,
licenzio gli operai. Ed ecco che i sindacati, il cui fine prioritario
è quello dell’occupazione, finiscono talvolta par fare il gioco
del più miope padronato che, in cambio di pochi posti di lavoro,
avvelena l’aria e le acque assicurandosi profitti in condizioni che
gli sarebbero negate nelle altre parti d’Europa, senza rendersi
conto che il deterioramento dell’ambiente ricade più pesantemente
proprio sui figli dei lavoratori e dei poveri.”
Fin qui Nebbia, ma non sono gli stessi
sindacati a portare avanti la giusta richiesta dei lavoratori di
smetterla con la “monetizzazione” della salute, che in parole
povere significa per l’appunto farla finita col ricatto
“inquinamento o fame”? Perché dunque tanta timidezza nel
Gramsci?
Giorgio Nebbia a Dario
Paccino, 19.11.1971
Carissimo Dario,
prima di tutto grazie per la compagnia
e scusa se sono un po’ lavativo. Grazie per l’invito a Milano; è
confermato che terrò la relazione, di circa 30 minuti, su “Energia
e conservazione”, la mattinata del 1° dicembre alle 9. Penso che
arriverò la sera prima.
Ti ringrazio anche per l’invio del
corsivo di “Natura/Società” e per la citazione delle mie parole.
Ti ringrazio anche per la relazione Paccino/Sebasti. Ho visto Sebasti
ieri sera a una riunione dell’ISPE.
Arrivederci presto, attendo notizie del
tuo libro in cui mi distruggi ... Mercoledi prossimo la libreria
Laterza, nel ciclo incontri con l’autore, mi ha invitato a parlare
sulla “società dei rifiuti”, il titolo di un libro che sto
preparando come paperback per loro e che apparirà nei prossimi mesi.
Cose care alla Signora e al figliolo e
a te anche da parte dei miei che vi ricordano nella speranza di
prossimi pranzi luculliani offerti dalle regioni italiane (se mi fai
invitare ...).
Giorgio
Giorgio Nebbia a Dario
Paccino, 23.12.1971
Carissimo Dario,
da tempo non ho avuto tue notizie; non
ho saputo, per esempio, se la mia relazione su energia e
conservazione è stata letta alla Mostra di Milano, se è stata
presentata per gli atti, eccetera.
Di tutti gli altri progetti per il 1972
non ho ugualmente saputo niente. Dammi anche brevemente tue notizie,
anche del libro.
Intanto a te, alla Signora e a tuo
figlio, da tutti e tre i Nebbia, molti affettuosi auguri di ogni bene
per il prossimo anno e grazie per le vostre cortesie e per la vostra
amicizia.
Giorgio
Giorgio Nebbia a Dario
Paccino, 7.7.1972
Carissimo Dario,
grazie per avermi fatto inviare una
copia del tuo libro; non sono ancora riuscito a leggerlo tutto perché
va meditato e letto con grande attenzione, ma credo di poter dire che
si tratta veramente di una delle più attente e interessanti analisi
delle varie correnti culturali che girano, a dritto e a storto,
intorno a questo imbroglio ecologico.
Ti ringrazio per aver dato importanza
alle mie parole, anche se lo meritavano poco, e di averle analizzate
e criticate con grande franchezza e come speravo da un amico. Io
stesso sono stato e sono, come ben sai, turbato nella ricerca di
comprendere la verità e probabilmente ho detto e scritto cose
talvolta in contraddizione, ma solo nella ricerca di una via per
evitare che l’ecologia fruttasse ancora, come giustamente dici, “al
padrone” e fregasse ancora una volta i deboli, i poveri.
Mi propongo di leggere con maggiore
attenzione il libro e di scriverti e scriverne una recensione. Mi
auguro intanto di farti cosa gradita inviandoti qualche altro foglio
di carta stampata, nella speranza che voglia discuterla e criticarla
se occorre.
Ti ripeto comunque ancora il mio grazie
più vivo e la speranza che si presenti qualche occasione ancora per
riprendere il discorso. Molte care cose a tua moglie e a tuo figlio
anche dai miei e in particolare a te da
Giorgio
Dario Paccino a Giorgio
Nebbia, 25.7.1972
Caro Giorgio,
la tua lettera del 7 luglio scorso mi
ha fatto molto piacere: a) per i giudizi che esprimi, b) perché hai
compreso lo spirito con cui ho fatto il tuo nome, e) perché è una
lettera gentilissima, nonostante il fatto che io non ti abbia più
scritto da tanto tempo.
Ho avuto da fare da non vederci più;
inoltre mio figlio è stato dentro sotto l’accusa di averle date ai
fascisti (accusa purtroppo falsa), e siamo in attesa di
processo, tutto un insieme di cose. Ma non è vero che non abbia più
pensato a te, e infatti a Milano ho detto che avrei potuto proporti
una relazione di estremo interesse, e poiché erano ben lieti che ci
fossi anche tu, ti ho fatto subito telefonare da mia moglie, (Devo
anche ringraziarti per questo: per aver accettato di prendere parte
al congresso.) Quanto al mio libro, Einaudi ha stampato più di
22.000 copie, e pare stia andando molto bene (“Panorama” lo dà
fra i cinque libri di saggi più letti in questo momento). Ma se
anche fosse veramente riuscito, penso che il padrone se ne infischi
lo stesso. Gli unici difensori dell’ecologia, in questo momento,
sono i vietcong: il resto, come diceva Amleto, sono words, words,
words, comprese le filippiche di Paccino.
Se potrai fare una recensione sul
“Giorno”, mi farai piacere; se non potrai, pazienza. Comunque
potresti intervenire nel dibattito che apriremo col numero di
settembre ottobre su due libri che indicano soluzioni ecologiche sul
terreno pratico: La morte ecologica e L’imbroglio.
L’articolo sulla Morte lo scriverà il Peyronel, convinto
che si tratti del libretto di Mao dell’ecologia. Dell’Imbroglio
parlerà invece Giacomini, che ha espresso sul mio libro giudizi
positivi. Tanto meglio se anche tu dirai la tua. L’annuncio del
dibattito è nel numero testé uscito, che dovrebbe arrivarti da
un giorno all’altro (p.15).
Approfitto della presente per mandarti
il programma del congresso. I relatori potranno scrivere tutto ciò
che vorranno: pregheremo però tutti di parlare per non più di venti
minuti. Se avremo in tempo le relazioni (entro il 20 settembre) le
stamperemo, pubblicandole poi negli atti.
Ciao Giorgio. Grazie di tutto.
Dario
All. Programma di Milano
Dario Paccino a Giorgio
Nebbia, 31.8.1972
Caro Giorgio,
spero che abbia ricevuto la mia del 25
luglio scorso, e che la relazione che devi fare per noi (una della
più impegnative del congresso) non ti porti via troppo tempo. Ti
scrivo per questo. Poiché L’imbroglio sta andando molto
bene, e pare convinca anche chi non parte dalle mie premesse
filosofiche, vorrei cercare di profittare di questa occasione per
prendere contatti con un editore, e proporgli la trasformazione di
Natura Società in qualcosa di analogo a New Scientist.
Naturalmente della cosa si dovrebbe
parlare in Consiglio, e d’altra parte occorrerebbe un editore che,
pur senza andare contro i propri interessi, si faccia carico
dell’iniziativa, lasciandoci nello stesso tempo carta bianca, per
poter essere spregiudicati e cattivi quanto occorre. Tu avresti un
consiglio da dare?
Ho letto la tua presentazione della
Morte ecologica, che ho trovato (la presentazione)
impeccabile: la Morte invece mi pare il rifacimento in
sedicesimo della Repubblica di Platone, salvo che al posto dei
filosofi pullulano ecologi e capitalisti (naturalmente buoni e
comprensivi).
Ciao. Arrivederci, Affettuosi saluti.
Dario
Note