La natura offre, con l’arancia, una
piccola miniera di cose utili. Un frutto innanzitutto gradevole da
mangiare come tale, ma anche in grado di essere trasformato in
prodotti che ne offrono i pregi per tutto l’anno, anche fuori
stagione.
A cominciare dal succo. Il succo
d’arancia è una importante voce del commercio internazionale e
viene fabbricato su larga scala dalla spremitura delle arance. Da un
chilo di arance si ottengono circa 400-500 grammi di succo (circa 90
grammi per ogni arancia) sotto forma di soluzione contenente circa il
12 % di sostanze solide costituite da zuccheri, vitamina C e altre
vitamine, acido citrico e aromi.
Il succo di arancia, dopo essere stato
filtrato dalla polpa sospesa e liberato dell’olio aromatico
sospeso, può essere messo in commercio come tale, oppure, per
comodità di trasporto, può essere sottoposto a evaporazione
dell’acqua, fino a una concentrazione di 65 grammi di sostanze
solide per 100 grammi.
La produzione mondiale di arance si
aggira intorno a 50 milioni di tonnellate all’anno (2017); il
maggior produttore mondiale di succo d’arancia è il Brasile,
seguito dagli Stati Uniti; la produzione mondiale ammonta a circa 2
milioni di tonnellate all’anno di succo d’arancia concentrato che
viene trasportato e commerciato principalmente come succo di arancia
concentrato congelato.
La produzione di arance in Italia nel
2017 è stata di cica 2 milioni di tonnellate, in parte avviate
all’industria di trasformazione. Il principale campo di
utilizzazione del succo di arancia è rappresentato dalla
fabbricazione delle aranciate; una legge del 1961 prescriveva che una
bevanda potesse essere venduta come “aranciata” se conteneva,
come minimo, il 12 % di succo d’arancia. Una quantità modesta
perché corrisponde ad appena circa un grammo e mezzo di sostanze
nutritive dell’arancia in 100 grammi di aranciata. Dal 6 marzo di
quest’anno la quantità minima di succo di arancia nelle aranciate
dovrà essere del 20 percento; un maggiore uso di succo d’arancia
nelle bevande farà aumentare, quasi raddoppiare, il valore nutritivo
delle aranciate, ma anche la quantità di arance vendute, una boccata
di ossigeno per l’agricoltura di regioni come Calabria e Sicilia.
La nuova norma aveva incontrato l’opposizione dei fabbricanti di
bevande gassate italiani e europei i quali sostenevano che essa
avrebbe fatto aumentare i costi di produzione delle loro bevande.
L’interesse dei consumatori è prevalso.
L’estrazione del succo è
accompagnata dalla formazione di grandi quantità di sottoprodotti.
Il principale è il pastazzo; rispetto ad una produzione italiana di
circa 400.000 t all’anno di succo, la produzione di pastazzo
risulta di circa 500.000 t all’anno. Il pastazzo contiene circa il
20 % di sostanza secca costituita da acidi, vitamine, sali
inorganici; una potenziale materia prima per nuovi prodotti.
Un altro sottoprodotto è l’olio
essenziale che si recupera in ragione dello 0,2-0,5 % delle arance
lavorate; contiene il 60-80 % di limonene e viene impiegato in
cosmesi e nell’industria alimentare.
Articolo
pubblicato per la prima volta in “Il Gambero verde”, 19.4.2018.