Giorgio Nebbia aveva una
particolare curiosità per le passate esperienze autarchiche, che riteneva
interessanti perché in qualche modo avevano affrontato il tema dei limiti
biofisici della crescita economica, anticipando problematiche tornate oggi di
attualità. Me ne aveva parlato in diverse occasioni sollecitandomi ad esplorare
quel territorio. Ma Giorgio non si
limitò solo a stimolarmi. Annunciatogli il proposito di mettermi al lavoro,
immediatamente mi indicò utilissime tracce di ricerca, dove reperire la
documentazione e una preziosa bibliografia al riguardo. Senza il suo supporto,
i suoi consigli e incoraggiamenti, quella ricerca, come tante altre, non
l’avrei portata a termine. Poi mi ha regalato la prefazione alla mia ricerca e
una bella recensione sulla sua amata “Gazzetta del Mezzogiorno”.
18 ottobre 2008
Carissimo Marino,
grazie per la bella notizia che
mi dai dell’intenzione di affrontare il problema dell’autarchia.
Ti espongo pochi sparsi pensieri.
Immagino che tu voglia
affrontare il problema dell’autarchia in Italia, diciamo dal 1920 al 1945. La
stessa “filosofia”, anche se non si chiamava autarchia, permeava l’Unione
Sovietica, la Germania, gli Stati Uniti nell’età di Roosevelt, molti paesi dell’America
Latina, l’India di Gandhi, e poi tutti i paesi nelle guerre dal 1935 al 1945.
Un primo problema consiste
nella divisione sia temporale, sia merceologica, perché l’autarchia era
autarchia di materie prime e di merci.
Dal punto di vista temporale
credo che si possano distinguere almeno quattro periodi:
(a) prima della grande crisi,
che in Italia è arrivata intorno al 1932;
(b) quello degli anni
1932-1939;
(c) quello della guerra dal
1940 fino all’8 settembre;
(d) quello della repubblica di
Salò nelle terre occupate dai tedeschi, principalmente nel Nord Italia.
L’altra divisione riguarda le
materie prime, le merci e la tecnica.
A sua volta qui si possono
considerare:
(a) minerali e materie prime
(b) fonti di energia (carbone del Sulcis, petroli
e bitumi albanesi, alcol carburante, motori a carbonella)
(c) alimenti (surrogati del caffè e della
cioccolata, dei grassi, banane somale)
(d) fibre tessili (canapa, ginestra, orbace)
(e) altri
L’autarchia è stata un periodo
di grandi frodi e corruzioni, specialmente nelle forniture governative. Tu
stesso scrivesti un articolo sulle baionette difettose. Le frodi erano
facilitate dall’ignoranza dei gerarchi e dei burocrati.
Io avevo intenzione di scrivere
un libretto intitolato “Furbizie e stupidisie dell’autarchia” cominciando
con la barzelletta, quanto mai
illuminante.
Due inventori si presentano a
un gerarca e chiedono finanziamenti per un processo capace di trasformare la
merda in burro. Il gerarca tutto entusiasta va da Mussolini che, entusiasta anche
lui, assicura i finanziamenti. Passa del tempo e gli inventori non si fanno più
vivi. Mussolini si arrabbia col gerarca che si arrabbia con gli inventori che
assicurano che gli studi procedono bene ma occorrono altri soldi. Dopo altro
silenzio Mussolini si arrabbia col gerarca che telefona arrabbiato agli
inventori che rispondono: “Eccellenza, stiamo facendo grandi progressi; quanto
alla spalmabilità sul pane i risultati sono ottimi; quanto a odore e sapore
dobbiamo fare altre ricerche”.
Alcune soluzioni erano
stupidisie, come la raccolta con la calamita della polvere di minerali di ferro
dalle sabbie di Ostia o la raccolta dei foglietti di alluminio dei
cioccolatini.
Altre non erano stupidisie,
come l’estrazione di alluminio e potassio dalle leuciti dell’Italia
settentrionale (scrissi un articolo tanti anni fa), abbandonata in seguito alla
disponibilità di bauxite australiana e americana.
Altre erano anticipazioni di
problemi che si ripresentano oggi, come biocarburanti, merci dalla biomassa,
riciclo dei materiali, fibre tessili, coltivazione della gomma guayule in
Puglia, eccetera.
Alcune soluzioni erano furti
(nel nome della patria e del profitto) di brevetti stranieri, come quello del
piombo tetraetile da parte di Randaccio della SLOI.
Quanto alle fonti certamente
fondamentale è la collezione e di “La Chimica e l’Industria”.
Fondamentalissimo è il
Parravano, “La chimica in Italia”.
Fondamentali pure i volumi di
“Prospettive economiche” di Giorgio Mortara, diciotto volumi dal 1920 al 1938,
quando Mortara dovette abbandonare l’Italia perché ebreo.
Molte notizie anche in rete
nella varie “storie” della chimica.
Molte cose si possono trovare
nel libro di Anton Zischka, “La scienza contro i monopoli”, anche se centrato
sull’autarchia tedesca anche prima del nazismo.
Molte notizie sulla stampa
popolare come La Domenica del Corriere, le riviste femminili.
Certo molte notizie ci sono
anche nelle riviste di categoria, come quelle delle aziende elettriche,
metallurgiche, tessili, cartaria, ma qui conosco meno.
Utile da consultare la
collezione di “Sapere” di Hoepli.
Ti riporto i nomi di alcune
riviste dell’epoca:
Autarchia, 1927-30
Autarchia: rivista mensile di
studi economici, 1939-1944
Autarchia, supplemento a
L’Illustrazione Italiana, 17 aprile 1938
L’autarchia alimentare, 1938-39
(pubblicato dall’Azienda autonoma Banane)
L’industria nazionale, rivista
mensile dell’autarchia1938-1941
Rassegna d’oltremare:
prospettive dell’autarchia e dell’espansione, 1936-1943
Molti articoli sono nel mio
archivio, non catalogati, estratti di articoli di persone che sono vissute nel
tempo fascista.
Se posso esserti utile sarò ben
lieto. In definitiva ho cominciato la mia carriera di chimico nel 1946 e i miei
professori avevano vissuto proprio da assistenti o docenti il periodo dell’autarchia
e conoscevano molte cose e molte persone che erano state coinvolte. Inoltre le
biblioteche universitarie avevano molti libri sull’autarchia. Sentivo
raccontare varie storie, come la saccarificazione del legno per produrre alcol
carburante in Africa orientale (anche questo torna di moda adesso).
Ormai non sono più in tempo a
scrivere un libro sull’argomento e spero che lo faccia tu.
Forse si potrebbe cominciare
con una bibliografia a puntate di scritti sull’autarchia. Potresti pubblicarla
nel tuo sito ?
Ti incollo qui di seguito un
articolo scritto tempo fa [v. saggio successivo, NdR Altronovecento].
Cari saluti,
Giorgio