Introduzione
Il bacino del fiume Po è una delle regioni a più forte sviluppo agricolo e industriale, nonché una delle più densamente urbanizzate
d'Europa. In questa regione, città, industrie e agricoltura dipendono da particolari configurazioni geografiche e ambientali della circolazione
idrica. Flussi d'acqua danno energia a turbine idroelettriche, irrigano campi, trasportano residui industriali e corrono lungo condotte sotterranee e
attraverso palazzi e appartamenti. La natura di queste configurazioni implica forme di interdipendenza senza precedenti tra usi idrici agricoli,
industriali e urbani, su molteplici scale spaziali e temporali. L'interesse verso la produzione storica di queste forme di interdipendenza e le loro
implicazioni è alla base di una ricerca le cui grandi linee vengono presentate in queste brevi note 1. Questa ricerca mira in particolare ad analizzare in che modo l'attuale configurazione
della circolazione idrica nel bacino del Po sia stata prodotta attraverso l'interazione tra uomini e sistemi idrici nel corso della transizione da una
società prevalentemente agricola a una società compiutamente urbano-industriale.
Acqua e modernità
Una ricca letteratura internazionale in storia ambientale e in geografia storica ha messo a fuoco il ruolo dell'acqua nei processi di modernizzazione
agricola, di industrializzazione e di urbanizzazione2. Lungi dall'essere inquadrabili
esclusivamente come fenomeni di carattere prevalentemente economico-sociale, tali processi sono strettamente intrecciati con la trasformazione dei sistemi
idrici. Ciò è storicamente avvenuto in forme diverse: attraverso la costruzione di acquedotti e fognature per le nuove esigenze sanitarie di
città in trasformazione, attraverso la produzione di energia idraulica e poi idroelettrica per gli appetiti crescenti delle manifatture, ma anche
attraverso l'uso di corsi d'acqua come canali di scarico di prodotti di scarto delle lavorazioni o come collettori involontari dei residui della
concimazione artificiale dei campi. In Italia, una importante tradizione di studi storici si è concentrata su acqua e sistemi rurali, e in modo
particolare su irrigazione e bonifiche, mettendo in luce l'importanza delle modificazioni agricole dei circuiti idraulici in epoca moderna e contemporanea
e dimostrando come la riorganizzazione dei sistemi idrici sia andata di pari passo con profonde trasformazioni sociali 3. Più recentemente, è emerso anche in Italia un filone di studi che ha messo al
centro le trasformazioni dei circuiti idraulici prodotte dai processi di urbanizzazione e di industrializzazione e ha evidenziato i limiti e le conseguenze
di lungo periodo dell'approccio igienista di fine Ottocento e inizio Novecento e l'impatto ambientale sulle acque della produzione industriale 4.
A partire dagli anni 1990 e primi 2000 e soprattutto in ambito anglosassone, i fiumi stessi sono emersi come oggetto di storia a parte intera, con
monografie dedicate alle trasformazioni di interi bacini fluviali nel corso dell'età contemporanea 5. Questi studi hanno analizzato le conseguenze dei processi di industrializzazione su
alcuni importanti corsi d'acqua (soprattutto europei e nord-americani) tanto in termini di degrado ecologico - e successivi tentativi di bonifica - che di
sfruttamento agricolo o energetico, ma anche come angolo prospettico per esaminare la dimensione ecologico-politica della transizione al capitalismo. Tale
letteratura ha dimostrato l'utilità e l'importanza di un approccio centrato sui bacini idrografici, approccio che permette di cogliere meglio
l'interazione tra dimensioni sociali, politiche ed economiche degli usi delle acque e le dimensioni fisiche ed ecologiche dei sistemi idrici. Il presente
studio segue il sentiero tracciato da questa letteratura e adotta il bacino idrografico come unità di analisi, ma con una differenza importante. Esso
prova infatti ad accompagnare l'attenzione agli usi idrici e al fiume in quanto tale, tipica della letteratura su acque e modernizzazione, con l'analisi
della circolazione dei flussi idrici e delle sue differenti configurazioni.
A prima vista la differenza tra un approccio basato sullo studio degli usi idrici e uno basato sui flussi idrici può apparire
minima, ma è in realtà di estrema importanza. Se in un caso si mette l'accento su una o più specifiche attività umane di incorporazione
delle acque, nell'altro caso si mettono a fuoco le acque stesse e la loro circolazione attraverso sistemi sociali ed ecosistemi diversi. L'analisi dei
flussi idrici permette di far luce su interazioni tra processi apparentemente indipendenti in ambito agricolo, urbano e industriale, dimostrandone l'intima
seppure spesso involontaria cooperazione nel riconfigurare l'idrologia del bacino fluviale. Allo stesso tempo essa enfatizza il ruolo attivo giocato
dall'acqua e dalle sue proprietà negli assemblaggi materiali che strutturano e rendono possibili questi stessi processi. Da questa prospettiva, si
tratta dunque di analizzare in che modo la circolazione delle acque all'interno di una unità idrografica sia stata riconfigurata, attraverso quali
processi e conflitti, e con quali conseguenze sociali e ambientali nel corso della transizione alla modernità urbano-industriale, ma anche quale ruolo
giochino i sistemi idrici e le acque nella transizione stessa.
I nodi di fondo su cui si è misurata la letteratura su acqua e modernità si ripropongono in forma più ampia nel dibattito sulla transizione
socio-ecologica. La letteratura in ecologia sociale sostiene apertamente che la transizione alla modernità vada interpretata prima e soprattutto come
una fondamentale trasformazione delle modalità di interazione tra società ed ecosistemi, le cui caratteristiche vengono analizzate attraverso
l'uso originale del concetto di metabolismo sociale6. Questi studi hanno evidenziato come la
transizione corrisponda a un cambiamento nelle modalità di approvvigionamento e di uso dell'energia, dall'uso delle biomasse a quello dei combustibili
fossili7. La questione storiografica della transizione socio-ecologica alla modernità
assume oggi una nuova importanza alla luce dell'Antropocene, la dibattuta nuova epoca della storia geologica che sarebbe caratterizzata dall'inedita
capacità umana di alterare il funzionamento dell'intero sistema-Terra8. Sebbene questo
dibattito abbia rivolta poca attenzione alla dimensione idrologica, lo studio di sistemi idrici e modernità può e deve misurarsi esplicitamente
con la transizione socio-ecologica alla modernità e l'Antropocene. Se si guarda alla storia dei flussi idrici e della loro configurazione, la
transizione socio-ecologica sembra corrispondere anche a una crescente interconnessione tra l'acqua e il funzionamento quotidiano delle società
moderne e a conseguenti nuove forme di interdipendenza. Queste forme di interdipendenza diventano peraltro ancor più significative nel contesto del
cambiamento climatico, che, nel caso della valle del Po così come in quello di molti altri bacini urbano-industriali, comporta una riduzione
impressionante delle riserve idriche9. La trasformazione a scala geologica dell'ambiente
globale, in altri termini, si intreccia in molti modi con la storia dei sistemi idrici e della società urbano-industriale.
Questioni di metodo
Per affrontare l'insieme di questi nodi storiografici nel quadro di un progetto unitario sulla circolazione delle acque nel bacino del Po è necessaria
una ricostruzione storica completa delle fasi, delle forze e degli attori della circolazione idrica nel bacino. L'analisi storica dei flussi idrici da una
prospettiva socio-ecologica pone però una serie di problemi metodologici. Salvo poche eccezioni, le fonti storiche sull'interazione tra processi
sociali e sistemi idrici attraverso la circolazione delle acque si basano su partizioni settoriali che corrispondono in gran parte alla molteplicità
di usi: agricoli, urbani, industriali10. Per mettere a fuoco la circolazione e le forme di
interazione che essa determina è dunque necessario abbracciare l'interezza di questi usi e delle fonti corrispondenti. Per non smarrirsi
nell'indistinto mare dei materiali e delle storie particolari ciò va fatto però nel quadro di una scala geografica precisa. Questa scala è
per l'appunto il bacino idrografico. Il bacino rappresenta infatti una coerente - ancorché mutevole - unità di circolazione idraulica, che
permette la sintesi analitica di processi altrimenti disomogenei, permettendo di risalire dagli usi ai flussi e alla loro modificazione.
Nel quadro geografico e idrografico del bacino - e in virtù delle connessioni stabilite dalla circolazione delle acque - possono emergere le
interazioni (spesso conflittuali) tra differenti modificazioni idrauliche: canalizzazioni irrigue e sviluppo idroelettrico, costruzione di acquedotti e
bonifiche idrauliche. Allo stesso tempo, è possibile comprendere in che modo la riconfigurazione dei flussi abbia contribuito anche alla ricostruzione
del bacino stesso come unità di circolazione in forme e con geografie nuove, e con importanti ricadute idrologiche, ecologiche e sociopolitiche.
La scala temporale della ricerca è altrettanto importante della scala spaziale. Dalla prospettiva di questo inizio del XXI secolo, appare ormai
chiaramente come le modificazioni idriche prodotte da modernizzazione agricola, urbanizzazione e industrializzazione abbiano avuto una portata epocale. In
particolare, alla luce del cambiamento climatico e della conseguente riduzione della dotazione idrica del bacino, le nuove forme e scale di interdipendenza
generate dall'interazione di questi processi con il sistema idrografico del bacino del Po sono divenute pienamente visibili. Ciò emerge in particolar
modo nei ricorrenti conflitti tra utenze diverse a monte e a valle nei ricorrenti episodi di siccità, come quelli del 2006, 2012 e 2015 11. I processi storici che hanno prodotto questi esiti, tuttavia, risalgono al XIX secolo.
È nel corso dell'Ottocento, infatti, che presero il via in quella regione le trasformazioni agricole, industriali e urbane che sono alla radice dei
conflitti odierni: le grandi canalizzazioni irrigue, lo sfruttamento energetico delle acque per l'industria, la trasformazione del ciclo idraulico urbano,
le bonifiche meccaniche. Per cogliere appieno il gioco delle interazioni tra processi storici che hanno generato gli esiti odierni è quindi
indispensabile l'adozione di una prospettiva di lunga durata, che inquadri il contesto presente in una scala plurisecolare. Il periodo coperto dallo studio
comincia perciò nel XIX e si chiude alla fine del XX secolo. Solo su questa scala temporale, corrispondente alla transizione storica all'epoca
urbano-industriale nella regione padana, è possibile ricostruire efficacemente la produzione storica delle attuali forme di interconnessione e di
interdipendenza.
Per analizzare queste forme di interazione a scala di bacino e sul lungo periodo, occorre combinare diversi metodi di ricerca empirica, come la ricerca
d'archivio, l'uso di sistemi di informazione geografica storica e l'analisi idrologica ed ecologica.
Un primo e fondamentale livello dello studio consiste nella ricostruzione storico-geografica delle modificazioni dei flussi idrici. Ciò può
avvenire attraverso la raccolta sistematica di dati storici riguardanti le manipolazioni idrauliche sull'intera superficie del bacino, come acquedotti e
fognature, opere di bonifica idraulica, canali irrigui, impianti idroelettrici e infrastruttura di navigazione e protezione dalle inondazioni. Esistono
numerose fonti istituzionali (e non) che permettono di ottenere questi dati. Generalmente si tratta di fonti diverse tra loro - rapporti, elenchi, mappe -
e spesso piuttosto povere di dettagli12. Per ottenere il massimo di informazione da queste
fonti e allo stesso tempo consentire il loro trattamento integrato a dispetto della diversità tipologica, esse possono essere digitalizzate,
geo-localizzate e analizzate con l'aiuto di un software GIS13. Tutte le informazioni e i
dati sugli usi idrici vengono in questo modo situati nello spazio e nel tempo e diventa possibile verificarne la diffusione e importanza in differenti aree
e differenti epoche, la loro interazione con il bacino fluviale, ma anche la loro interazione reciproca attraverso la circolazione delle acque. Questo
metodo permette così di produrre una ricostruzione originale dei cambiamenti di forma, localizzazione e usi dei flussi d'acqua.
Com'è ovvio, questa ricostruzione non può essere di per sé sufficiente a cogliere le motivazioni degli attori storici, i conflitti e le
conseguenze idrologiche ed ecologiche delle manipolazioni idrauliche. A questo scopo è necessario ricorrere all'analisi delle fonti a stampa e
d'archivio prodotte da attori istituzionali ed economici coinvolti nella regolazione e modificazione dei circuiti idrici del bacino: i ministeri di
agricoltura e lavori pubblici, le compagnie elettriche, i consorzi di irrigazione e bonifica, e così via. Queste fonti, se combinate con la
ricostruzione sistematica di cui sopra, permettono di approfondire, attraverso casi di studio puntuali, questioni cruciali circa il governo e i conflitti
sulle acque, nonché di ottenere una più precisa cognizione delle motivazioni che sono state dietro a progetti e iniziative esemplari. Per
comprendere appieno le caratteristiche ambientali delle manipolazioni idrauliche e le loro conseguenze ecologiche è necessario infine integrare le
suddette fonti con l'analisi della letteratura scientifica storica sull'idrologia e l'ecologia del bacino fluviale. Queste ultime fonti, che includono
studi di idrologia fluviale, misurazioni idrografiche e più tardi anche rapporti e indagini sullo stato chimico e biologico delle acque e degli
ecosistemi fluviali14, consentono in particolar modo di raggiungere due distinti
obiettivi. Da una parte, in quanto raccolte di dati storici spesso unici, permettono di ricostruire le passate configurazioni idrologiche ed ecologiche
della circolazione nel bacino. D'altra parte, se analizzate da una prospettiva di storia culturale e di storia della scienza, permettono di capire i quadri
scientifici coevi alle varie fasi della trasformazione del bacino. Ciò permette di definire con maggiore precisione le motivazioni, gli angoli visuali
e le conoscenze tecnico scientifiche che sostenevano e giustificavano i diversi progetti.
Produzione di interdipendenza
I risultati di una ricerca in corso non possono che essere preliminari. La scala dello studio qui presentato, peraltro, non permette alcuna forma di
sintesi se non a patto di una riduzione della complessità della materia che per molti versi sarebbe inaccettabile. Alcune linee di fondo, tuttavia,
emergono piuttosto chiaramente anche a uno stadio così provvisorio. Innanzitutto, la storia della circolazione delle acque nel bacino del Po dal XIX
al XX secolo è senz'altro la storia di una epocale modificazione di scala. Il bacino Po è luogo di antiche infrastrutture
idrauliche: canali irrigui e di navigazione, bonifiche e argini, che risalgono all'alto medioevo o alla prima età moderna e in molti casi riprendono
opere la cui origine si perde nell'epoca della colonizzazione romana o addirittura precedente 15. Queste forme di manipolazione avevano in alcuni casi scale imponenti e davano luogo a
forme di interazione e interdipendenza la cui regolazione si è espressa in forme sociali complesse e in istituzioni sedimentatesi nei secoli. Nel
corso dell'Ottocento, tuttavia, la scala delle modificazioni dei flussi idrici cominciò ad estendersi visibilmente e repentinamente. Ciò avvenne
con i grandi canali irrigui come il Cavour e il Villoresi, la cui lunghezza e portata non ha precedenti nelle canalizzazioni del passato, ma anche con le
bonifiche meccaniche, che accelerarono in maniera esponenziale la modificazione della circolazione delle acque e ridefinirono l'idrologia e l'ecologica di
ampie zone. Lo sviluppo idroelettrico a partire dal tornante del ventesimo secolo portò a ulteriori modificazioni del ciclo delle acque, la cui scala
e il cui impatto anche in questo caso non hanno precedenti nella millenaria storia idraulica della Valle: si pensi ad esempio agli invasi montani o alla
regolazione dei grandi laghi alpini16. Anche la storia degli acquedotti urbani è una
storia di produzione di nuove scale spaziali e idrografiche, tanto con la costruzione acquedotti come quello del Monferrato che con il crescente
sfruttamento delle acque di falda nel corso del secondo dopoguerra. La costruzione del Canale Emiliano-Romagnolo nel secondo dopoguerra, infine, ha esteso
di fatto i confini del bacino, connettendo nuove aree al suo sistema di circolazione.
Accanto a questa evidente modificazione di scala, e in parte anche a causa di questa, la storia della circolazione delle acque nel bacino del Po è
anche una storia di interazioni involontarie. La costruzione dei canali irrigui, ad esempio, ha prodotto una geografia della circolazione delle
acque che, sia pure involontariamente, ha finito per interagire con forme successive di manipolazione come lo sviluppo idroelettrico. Questa interazione
non sempre è avvenuta in forme conflittuali, ma in tutti i casi ha prodotto interdipendenze. Nel caso del canale Villoresi, ad esempio, la condizione
principe della concessione, ovvero un deflusso dell'Adda a valle del canale non inferiore a 120Mc3/s, si ripropose più di settant'anni dopo come
vincolo per la realizzazione delle opere di regolazione del Lago di Como volute dalle utenze idroelettriche a valle 17. Simili dinamiche sono riscontrabili in molteplici altri casi ma le forme di
manipolazione promosse dallo sviluppo agricolo, industriale, urbano furono raramente pianificate tenendo conto delle reciproche interazioni anche
perché spesso la distanza temporale tra alcune di esse non permetteva di farlo. Il sovrapporsi e l'insistere di più opere sullo stesso sistema di
circolazione delle acque hanno in ogni caso finito per interagire tra di loro nello spazio e nel tempo, producendo effetti imprevisti. La consapevolezza
crescente di queste interazioni è stato peraltro uno degli elementi centrali nelle modalità di studio e di conoscenza scientifica del bacino
succedutesi nel corso del tempo e soprattutto nella seconda metà del 1900, anche per quanto riguarda le forme di governo della sua complessità 18. Oggi è possibile leggere i conflitti che oppongono gli utilizzatori delle acque
del bacino in occasione di episodi di siccità come un risultato inatteso di queste interazioni. Solo guardando alla storia comune dello sviluppo
agricolo, urbano e industriale dal punto di vista della circolazione delle acque è possibile capire la natura e le origini di questi conflitti e delle
interdipendenze che li sottendono.
L'ultima linea interpretativa di fondo di questa storia sulla quale è possibile soffermarsi in questa sede concerne l'intreccio strutturale tra le
forme storiche dell'attività sociale e produttiva e il bacino idrografico. L'analisi dei processi di manipolazione dei circuiti idraulici restituisce
la profonda importanza rivestita dai flussi idrici nella storia della transizione della valle Padana all'era urbano-industriale. Il controllo e la
ridefinizione dei flussi hanno infatti partecipato e in alcuni casi reso possibile la rivoluzione produttiva e sociale che caratterizza questa transizione.
Ridisegnare i circuiti della circolazione delle acque ha significato infatti anche sradicare forme sociali millenarie radicate nei precedenti circuiti
idrici e ricostituirne di nuove, se possibile ancora più intrecciate di prima con le acque ma in forme diverse e più complesse. Si pensi per
esempio al ruolo dell'idroelettricità nel processo di urbanizzazione e industrializzazione della valle Padana: l'aggregazione di popolazione nelle
città della pianura e il declino di forme di vita montana e agricola sono legati a doppio filo con la produzione di energia idroelettrica. Le
implicazioni ultime di questo punto sono semplici quanto forse non sempre adeguatamente valutate nella loro portata.
La natura delle interdipendenze e degli intrecci tra circolazione delle acque e forme della vita sociale è oltretutto tale da impedire qualsiasi
ritorno a configurazioni idriche passate, se non a patto di disfare gli equilibri sociali che si sono costruiti attraverso le loro modificazioni. In
questo, forse, sta anche la sfida più temibile posta dal cambiamento climatico. La riduzione strutturale della dotazione idrica del bacino annuncia
infatti la necessità di rinegoziare gli equilibri sociali della regione padana che su quella dotazione si fondano. Il valore di questa ricerca, ci si
augura, potrebbe stare dunque anche nell'offrire una inedita genealogia del presente. Tale genealogia potrebbe consentire di affrontare con maggior
consapevolezza il necessario dibattito democratico sulle forme e i modi della inevitabile riconfigurazione delle risorse idriche nel futuro prossimo, e con
esse delle nostre vite e istituzioni.
giacomo.parrinello@yahoo.it
Institute of Social Ecology
Alpen-Adria University