C’è un capitolo della scienza e
della storia dell’ambiente che sintetizza tutti i temi a cui si dedicano
“altronovecento”, la
Fondazioni Micheletti e il Museo dell’Industria e del Lavoro
MusIL di Brescia, di cui la rivista è emanazione: lavoro, tecnologia,
territorio, acqua, energia solare e, naturalmente, storia. Si tratta della
valorizzazione dell’energia ricavabile dal flusso delle acque attraverso le
valli e le pianure, tenuto in moto, appunto, dall’energia solare.
Non solo
l’energia idrica ha avuto un ruolo importante nell’industrializzazione in
Italia, l’“oro bianco”, come si chiamava in alternativa al carbone, ma
l’energia “contenuta” nel moto delle acque è stata alla base dalla società
tecnologica, di quella neotecnica di cui parla Mumford in Tecnica e cultura.
La
trasformazione del moto delle acque in movimento di macchine, in moto rotatorio
di ruote, è stata realizzata dalle società più antiche. Di certo ci sono
notizie che risalgono ad alcuni secoli prima di Cristo in tutte le parti del
mondo, in parte come risultato di scoperte autonome, in parte attraverso la
trasmissione di conoscenze attraverso i continenti. Se ne trovano
testimonianze, contemporanee e apparentemente indipendenti, prima dell’inizio
dell’era cristiana, in Cina, in India, nel mondo ellenistico e in quello
romano, in Mesopotamia, e poi nel mondo islamico e nell’Europa medievale e poi
in tutto il mondo, con continui perfezionamenti.
La soluzione
dei problemi del trasferimento del moto dell’acqua alle ruote orizzontali e
verticali e il trasferimento del moto rotatorio al moto lineare richiesto per
muovere macine di cereali o pompe o soffianti, si presenta con moltissime
varianti e ha richiesto continue innovazioni e anzi ha comportato la soluzione
di problemi con tecniche poi applicate quando “il movimento” è stato ottenuto
col calore.
Molte utili informazioni si possono trovare nelle
pubblicazioni di “molinologia” che appaiono in moltissimi paesi dove esistono
anche associazioni specializzate in questi campo, in Italia interessanti
contributi sono dovuti a Giuseppe Šebesta (1919-2005), autore fra l’altro del
volume La via dei mulini, Trento,
1976, 1997. Un utile e recente contributo di sintesi, ricco di tavole illustrative,
è dovuto a Giuseppe Guanci, “Acqua & energia. Dalla ruota idraulica alla
turbina”, Firenze 2012.
La forza del
moto delle acque che superano un dislivello prima di chiudere il ciclo tornando
al mare corrisponde ad una quantità di energia grandissima. Nel mondo circa
40.000 miliardi di metri cubi di acqua ogni anno scorrono dai continenti al
mare; tenuto conto dei dislivelli che tali acque superano, si può stimare che
il loro “contenuto energetico” corrisponda a circa 50.000 miliardi di
chilowattore all’anno, delle quali le centrali idroelettriche esistenti nel
mondo recuperano ogni anno soltanto circa 3.500 miliardi di chilowattora
(rispetto ad una produzione mondiale di energia elettrica di circa 18.000
miliardi di chilowattore all’anno)(cfr. Giorgio Nebbia, “Il lavoro umano e
l’ecosfera”, MusIL, Brescia, 2007, https://docs.google.com/file/d/0B6Lw1i0jrnFENV9zWjY2alVFNkU/edit).
Nella sola
Italia il flusso dell’acqua attraverso le valli e i fiumi corrisponde a circa
150 miliardi di metri cubi all’anno; considerati i dislivelli che l’acqua
supera nel suo moto, si può stimare che il “potenziale energetico” sia di circa
250 miliardi di chilowattore all’anno (“Indagine sulle risorse idroelettriche
italiane”, Istituto di Ricerca sulle Acque, Consiglio Nazionale delle Ricerche,
Quaderno 7, Roma, 1973). La produzione idroelettrica italiana ammonta peraltro
soltanto a circa 40-50 miliardi di chilowattore all’anno rispetto ad una richiesta
elettrica italiana di circa 300 miliardi di chilowattora all’anno.
Dai dati
ricavabili dagli studi di Stefania Barca (Il
capitalismo nelle vallate, in P.P. Poggio e M. Ruzzenenti, Industria chimica e ambiente, Jaca Book-Fondazione
Luigi Micheletti, Milano 2012, p. 39-74) e di Paolo Malanima (http://www.paolomalanima.it/default_file/Italian%20Economy/Energy-Italy.pdf),
è possibile stimare che l’energia idrica utilizzata in Italia negli ultimi
decenni dell’Ottocento, cioè prima della diffusione delle centrali
idroelettriche, sia ammontata a circa 200 milioni di chilowattora all’anno.
Una parte di
questa energia, a partire dai primi anni del Novecento è stata utilizzata per
la produzione di elettricità in piccole centrali, spesso diffuse nel
territorio, talvolta con carattere di cooperative, destinate a rifornire
abitazioni e opifici a non grande distanza. Queste piccole iniziative sono
state poi assorbite dalle grandi società elettriche; le centrali più piccole
sono state spesso chiuse e sono stati creati grandi impianti dove esistevano
flussi di acqua e dislivelli abbastanza rilevanti, tali da giustificare la
costruzione di sbarramenti e macchinari. (Utili informazioni nei volumi a cura
di Luigi De Rosa e altri, Storia dell’industria
elettrica in Italia, Laterza, 1993 e segg.).
Il quadro sta
cambiando in seguito alla crescente attenzione per le fonti di energia
rinnovabili il cui uso, sotto forma di mini o micro-idrolettrico, è
incoraggiato da incentivi finanziari statali. Tale uso potrebbe aumentare
ulteriormente se si identificano la zone nelle quali in passato i salti di
acqua sono già stati utilizzati per azionare ruote ad acqua per mulini, magli, pompe,
soffianti metallurgiche, segherie.
A tal fine le
conoscenze sulla storia della diffusione di questi impianti viene a costituire
una importante pagine della storia della tecnica. Alcune interessanti informazioni
nel convegno sul tema: I mulini ad acqua:
risorsa di ieri e di domani, organizzato nel 2010 a Pereto (AQ)i dalla
Società Italiana di Geologia Ambientale: http://www.sigeaweb.it/documenti/gda-supplemento-convegno-mulini.pdf
Il MusIL è già
attivo nel campo della storia dell’energia idrica con il restauro delle
strutture della centrale idroelettrica di Cedegolo (Valle Camonica) e con il restauro della
ruota ad acqua che alimentava la ferriera di San Bartolomeo, alla periferia di
Brescia, sul corso del canale Bova del sistema idrografico Mella-Garza, a sua
volta parte del bacino idrografico dell’Oglio. Si veda, fra l’altro, il volume Museo del ferro, MusIL, Brescia 2001, www.musilbrescia.it.
Il MusIL ha
deciso di avviare un programma di ricerche per identificare dove si trovano i
“segni” di utilizzazione dell’energia idrica: ruderi, ruote idriche esistenti e
abbandonate, ruote idriche ancora funzionanti, con l’obiettivo di proporre la utilizzazione
di alcune di tali “ruote” mediante le attuali tecnologie per produrre
elettricità rinnovabile, trattandosi di strutture e interventi che non alterano
il territorio e consentono di fornire elettricità anche a relativamente piccole
utenze che diventerebbero così autonome.
È questa una
occasione anche per ricostruite la storia del territorio, dei bacini
idrografici, unità di base per l’uso delle acque e la difesa del suolo, e la
storia della stessa prima
industrializzazione italiana.
Il progetto
prevede la identificazione e la collaborazione di associazioni, gruppi e singoli
studiosi, fra cui quelle degli “amici del fiume”, degli “amici dei
mulini”, e simili, impegnati nella
ricostruzione della storia dell’uso dell’energia idrica nei rispettivi territori.
Utili collegamenti si possono avere con l’Associazione Italiana Amici dei
Mulini Storici, http://www.aiams.eu/index.php,
con sede a Revere (Mantova), fondata nel 2011, che pubblica in rete anche una
vasta bibliografia.
In particolare
MusIL ha avviato una indagine in questo
senso nella Valle Canonica, lungo l’alto corso del fiume Oglio dalle sorgenti
fino alla immissione nel Lago d’Iseo.
Il fiume Oglio
è uno dei più importanti affluenti del Po; nato dai ghiacciai dell’Adamello
scende veloce verso il lago d’Iseo nel quale si immette a Pisogne; con una
portata media di circa 50
metri cubi al secondo e un “contenuto” di energia
potenziale dell’intero corso a monte di circa 4 miliardi di chilowattore all’anno.
Dal Lago d’Iseo l’Oglio esce a Sarnico e, dopo aver percorso una parte della
pianura attraversando molti paesi e città, si getta nel Po a Ponte Oglio con
una portata media stimata di circa 140 metri cubi al
secondo. Alcune utili informazioni in: http://www.ilpaesaggiobresciano.it/documenti/elaborati/AcquaUnaMontagnaDiEnergia.pdf
La ricerca
avviata presenta interesse non solo dal punto di vista della storia della
tecnica e dell’industria, non solo perché si riferisce a risorse energetiche
rinnovabili e sostenibili, ma anche in relazione alla soluzione di problemi
energetici dei paesi emergenti. In molti di essi piccole comunità si trovano
sulle rive di fiumi, spesso di grandi fiumi dai quali, con tecnologie
intermedie, con materiali ottenibili sul posto, sarebbe possibile trarre
energia elettrica e meccanica nelle quantità sufficienti per un avvio del
processo di sviluppo umano.